Facciamo spazio a Dio

Publish date 14-08-2012

by Andrea Gotico

Simona Pagani – Stare con Gesù ci porta a dare la vita per gli altri non una volta per tutte, ma ogni giorno, come ha fatto lui sapendosi debitori di un amore immenso che siamo chiamati a non trattenere. Sono passati mesi, forse anni dalla prima chiamata dei discepoli. Un tempo vissuto attimo dopo attimo con il maestro che hanno visto insegnare, fare miracoli, ridere, mangiare, piangere. Hanno percorso con lui chilometri e chilometri. Ora si trovano in una regione dell’alta Galilea e d’un tratto Gesù chiede loro: “La gente chi dice che io sia?” (Mt 16,13-23).
Rispondono i discepoli: “Alcuni Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia, o uno dei profeti”. Bel bilancio di una vita, diremmo noi: trent’anni vissuti, condivisi, spesi, nella consapevolezza che chi hai intorno non ha ancora compreso nulla di te. Eppure la cecità e lo scetticismo della gente non lo avvelenano. Gesù va avanti. Non può fare altrimenti, come Geremia che non riesce a staccarsi dall'amore bruciante di Dio nonostante le tante delusioni che sta vivendo.
È la pienezza di comunione che diventa motore del suo andare avanti. A differenza di noi che, di fronte alla minima frustrazione o delusione, siamo portati a dire: chi me lo fa fare, tanto non capiscono! Noi che molliamo per un nulla o ci scoraggiamo quando la vita alza un po’ più la voce. Gesù mi insegna ad attingere alla giusta sorgente quella che non esaurirà mai il mio “andare” il mio vivere con pienezza nonostante tradimenti, fatiche, incomprensioni.

Gesù incalza, stringe l’ottica: “Per voi io chi sono io?”. E lo chiede ai suoi, a chi ha lasciato tutto per lui. Risponde Pietro: “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”. Gesù conosce Pietro, sa che quelle parole non sono farina del suo sacco, sa che è il Padre ad avergliele suggerite in cuore. Il merito di Pietro è aver lasciato spazio a Dio. È su questa apertura a Dio dell’uomo fragile che Gesù fonda la sua Chiesa. L’apertura non è una questione data per sempre. Lo dimostrano i versetti successivi in cui Pietro da primo della classe retrocede miserabilmente all’ultimo posto. Questo m’insegna che occorre curare il cuore giorno dopo giorno o meglio istante dopo istante. Mi dice che, per vivere il presente da Figlio di Dio e da fratello per chi incontro, devo curare il cuore e vegliare sull’apertura di cuore a Dio. La stessa domanda che ha posto ai suoi, Gesù la fa anche ad ognuno di noi oggi. Io per te chi sono?

Se come Pietro lasciamo che sia il Padre a rivelarcelo, la risposta a questa domanda per ognuno di noi non segna il traguardo della fede, ma l’inizio di una nuova creazione di cui diventiamo parte: “Tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la mia Chiesa”. “Ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che avrai legato sulla terra, sarà legato nei cieli, e tutto ciò che avrai sciolto sulla terra sarà sciolto nei cieli". Pietro sicuramente si è sentito lusingato da queste parole, portato in “alto” dal Signore Gesù: in un colpo solo, con una sola risposta, ha fatto un sacco di punti rispetto ai suoi amici. Ma cosa avrà capito Pietro delle parole di Gesù? Lui che come gli altri si era perso dietro il lievito dei farisei, cosa può aver compreso? Oggi, a distanza di duemila anni, i teologi che hanno una visione completa della vicenda di Gesù (nascita, morte e resurrezione) ancora dibattono sulle sue parole e si interrogano sull’interpretazione. Figuriamoci Pietro! Che cosa può aver capito sentendo parlare di chiavi del Regno, legare, sciogliere? Eppure quello che mi stupisce è che non pone nessuna domanda a Gesù. Non una parola, non una richiesta di spiegazione. Non un fremito di vertigine. Sono parole belle, importanti, impegnative: perché Pietro non chiede nulla? L’altro giorno guardavo il piccolo Leonardo, di pochi mesi, in braccio a sua madre. Leonardo vive immerso nella stesa realtà in cui viviamo noi, una realtà complessa, difficile. Leonardo ora non ha le categorie per comprendere la realtà ma ha quelle che gli dicono che per lui ora è fondamentale stare attaccato a sua madre. L’amore e la fiducia che nutrono questa rapporto lo faranno diventare un uomo capace di comprendere la realtà e di affrontarla da uomo. Ogni volta che Gesù parla, il grado di comprensibilità tra lui e i suoi amici è sempre molto esiguo. Così Pietro non può capire le parole di Gesù e lui lo sa, lo sta imparando. Eppure ha capito che quello che conta “ora” è stare attaccato a Gesù. Gesù è lì con lui e a lui basta perché sa che è quella presenza, non le sue parole, che gli spiega e gli spiegherà ogni cosa. Non c’è timore qui in Pietro, non c’è il desiderio di capire di più, proprio come per Leonardo. Anche Gesù sa che Pietro non può comprendere ora le sue parole, ma non importa, sa che le parole dette creano quello che dicono. Dio dice e la cosa è.

Gesù mi insegna che chi ama rilancia, sa indicare all’altro una pienezza senza strapparlo da dove è e sa accompagnarlo a raggiungerla. Dio è padre e rilancia continuamente. Pietro non capisce ma quelle parole sanno di buono Gesù è li con lui e lui non ha bisogno di altre spiegazioni. Però quando Gesù inizia a parlare di morte e sofferenza, l’atteggiamento di Pietro cambia. Prende Gesù in disparte, lo rimprovera. Da un lato c’è sicuramente in Pietro la delusione delle sue aspettative messianiche. Si aspetta un messia vincente e trionfante non uno che va a farsi ammazzare per amore. Ma dall’altro leggo anche in questo atteggiamento di Pietro la paura di un uomo che senza Gesù si sente perduto. Pietro per la prima volta si mette davanti alla prospettiva di rimanere senza Gesù, solo orfano. Senza Gesù Pietro non è più. Proprio come Leonardo senza sua madre. Nel Getsemani tirerà fuori la spada per non farsi portare via il suo Maestro. Ma quanta umanità ancora in questo amore che lo lega a Gesù! Gesù gli risponde duramente: “Mettiti dietro di me, Satana, non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini”.

La risposta è durissima, eppure Gesù non ritira la sua investitura, gli rinnova la chiamata: vieni dietro di me. È l’invito che continua a fare a me, a ognuno. Seguimi e ti renderò partecipe di un amore immenso che capirai è troppo grande da trattenere per te e basta. Seguimi e ti renderò partecipe di un amore che non si ferma davanti alla paura della sofferenza o della morte. Seguimi, lasciati amare e imparerai ad amare come amo io. Vieni dietro a me ma non portarti il taccuino per prendere appunti. Non ti serve, perché non ti interrogherò più sulle teorie ma sull’amore. Il mio non è un amore privato per pochi intimi che fa stare bene insieme. Non è un amore da “e vissero felici e contenti”, quieti e indisturbati. No: nessuna proprietà, né possesso, ma donazione completa ai buoni e ai cattivi, a chi capisce e a chi no, apertura totale a quell’umanità che ha bisogno di partecipare a questo amore che non capisce, che non conosce. Rinnega te stesso, non solo quella parte di te che mette il tuo io sempre al centro e che pensa diversamente da me, ma anche quella parte “santa” di te che - come Pietro e Giacomo e Giovanni - vorrebbe farti fermare al “è bello per noi stare qui Signore, facciamo tre tende”. No! Scendi a valle, immergiti in questa umanità per cui sono venuto, caricati tutto l’amore che ti ho fatto sperimentare e di cui ti ho reso partecipe e seguimi nella donazione completa di te: “questo è il mio corpo, questo il mio sangue”. Nella restituzione di questo amore agli altri è la tua pienezza, è la tua vita. Prendi la tua croce, ci dice Gesù. Dio non ama la sofferenza eppure l’amore di Dio ci crocifigge perché è un amore che ci spinge a restituire agli altri l’amore ricevuto e con la stessa misura con cui siamo stati amati, fino alla croce. “Chi vorrà salvare la propria vita la perderà ma chi la perderà per causa mia la troverà”. Pietro ancora una volta non comprende le parole di Gesù, ma Gesù non ha fretta. Pietro ne comprenderà un pezzo in più quando Gesù, risorto dopo che lui lo ha rinnegato, non gli chiederà spiegazioni ma solo: "Mi ami tu?".
Allora pasci le mie pecorelle. E comprenderà definitivamente queste parole quando sperimenterà che pascere significa dare se stesso completamente.

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