Migranti: due storie che ci riguardano

Publish date 03-04-2016

by Redazione Sermig

carovanemigranti.orgDietro gli avvenimenti, ci sono sempre le persone con la loro storia. Il 2 aprile è partita da Torino la seconda edizione della Carovana dei Migranti, un cammino a tappe sul tema dell'immigrazione che toccherà diverse città italiane per arrivare a Palermo il 18 aprile. Non racconterà di teorie o di numeri, ma di storie concrete. Si dimentica spesso che dietro a fenomeni anche di livello mondiale ci sono volti, ci sono famiglie, ci sono quasi sempre sofferenze atroci. E la Carovana è un'esperienza particolare perché unisce veramente pezzi di mondo: le migrazioni sono un fenomeno ormai planetario che assume significati diversi a seconda delle parti del pianeta che consideriamo, ma alla fine l'umanità è la stessa.
La Carovana unisce in particolar modo il Messico, un Paese lontano dall'Italia ma al tempo stesso vicino, perché l'economia messicana é fortemente legata al fenomeno del narcotraffico, - che tra l'altro sfrutta anche la filiera dell'immigrazione - coinvolgendo anche il nostro territorio a causa del consumo di droga.

Il 29 marzo scorso l'Arsenale della Pace ha ospitato la Carovana per ascoltarne le testimonianze. La prima è quella di Omar Garcia, amico e compagno di 43 ragazzi, 43 studenti di una scuola rurale dello stato del Guerrero in Messico, uno dei più poveri, una scuola importante perché forma i ragazzi al lavoro, forma delle figure che saranno di riferimento per la comunità, poverissima.
La notte del 26 settembre del 2014 la polizia fermò un gruppo di questi studenti, alcuni morirono, altri rimasero feriti, e 43 sparirono. Molto probabilmente sono stati uccisi; é una vicenda molto controversa, una vicenda che vede la complicità di molte parti della società messicana, molto probabilmente il governo, l'esercito, i narcotrafficanti...

Omar Garcia scampò dal rapimento. Ecco il suo racconto.
"Ciò che abbiamo vissuto è stato ampiamente documentato da un gruppo di esperti designati dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani che hanno constatato i fatti. E' successo che la polizia messicana d'accordo con l'esercito ha rapito 43 studenti e ne ha ucciso 3. Non è stato un fatto isolato, purtroppo: in tutto il Messico questi rapimenti si sono susseguiti nel tempo e a tutt'ora si contano 26.000 persone sparite. Quella notte la polizia ha sparato contro di noi studenti sul pullman, disarmati. Nonostante fosse evidente che eravamo soltanto studenti, continuarono a sparare e ne uccisero tre. Poi fecero scendere le altre persone dal pullman, caricarono i 43 nostri compagni sulle pattuglie e da allora non ne abbiamo più notizia.

Da allora 48 famiglie sono alla ricerca di giustizia e verità. In Messico c'è di fatto un intreccio disastroso di narcotraffico e corruzione del governo. A molti chilometri di distanza non si può immaginare neanche lontanamente questa situazione, ma noi la viviamo tutti i giorni. Il problema centrale è l'impunità di cui gode chi commette questi delitti; noi abbiamo subito l'inganno, la burla, e la mancanza assoluta di volontà di indagare su questi delitti.

Noi ci confrontiamo con un governo che squalifica i risultati delle investigazioni presentati dalle Nazioni Unite, e che ha disinformato sui fatti realmente accaduti una commissione d'inchiesta inviata dal Parlamento Europeo.
Questo non lo sappiamo solo noi; lo stesso papa Francesco durante la sua visita in Messico ha ribadito che nel Paese c'è corruzione, c'è narcotraffico, c'è una situazione da questo punto di vista molto grave. Ma il governo non lo vuol riconoscere.
Ma noi non siamo pazzi, non siamo dei bugiardi: siamo persone che stanno cercando di affrontare un problema, e come accade quando si cerca di affrontare un problema di questo tipo, corriamo pericolo di vita...

Questo è lo scopo della Carovana dei Migranti: denunciare questa situazione
e spiegare il lavoro che facciamo con l'aiuto degli esperti della Commissione Interamericana dei Diritti Umani, tra i quali molti avvocati indipendenti. Non possiamo ricorrere a quelli governativi, perché non possiamo fidarci di loro. Il governo ci inganna. Un esempio: il 5 ottobre del 2014 hanno scoperto una fossa con 28 corpi dentro. Il governo ha dichiarato che erano dei nostri compagni. Se non avessimo avuto questi nostri avvocati ci avrebbero ingannato, ma essi chiesero la prova genetica. Abbiamo sollecitato la presenza di periti argentini, e questi hanno dimostrato che i corpi non erano dei nostri compagni.
Dopo un fatto come questo, come possiamo fidarci del nostro governo? Credevano che grazie al fatto che siamo poveri, che siamo contadini, ci potevano ingannare... Hanno anche tentato di farci credere che i nostri compagni erano stati bruciati in una discarica, ma i nostri esperti li hanno smentiti, dimostrando che in quella discarica non era stato bruciato nessuno...

E il governo non cerca di ingannare soltanto noi e le famiglie degli uccisi e degli scomparsi, ma tutto il Paese. Per questo è arrabbiato con noi e con i nostri collaboratori, perché non ci siamo arresi davanti alle sue menzogne e pretende anche che questi terminino il loro mandato il 30 aprile. Vogliono che se vadano e che lascino sole le famiglie.
Queste famiglie chiedono all'Italia, all'Europa, di aiutarle per fare in modo che gli esperti rimangano e portino a compimento il loro lavoro d'indagine; chiediamo ai mezzi di comunicazione di aiutarci nella denuncia di queste cose.

Mi chiedono qualche volta se esiste e in questo caso dov'è la speranza in Messico, dopo questi fatti. Rispondo di sì, la speranza c'è e sta nella società civile,nelle persone che hanno aperto gli occhi e che sanno che questa società va cambiata. Sappiamo che voi in Italia avete avuto successo contro la mafia e i governi corrotti, e speriamo di imparare qualcosa da voi. Grazie".

La seconda testimonianza è quella di Imed Soltani, tunisino, alla ricerca di suoi due nipoti scomparsi in Italia nel marzo 2011. Sono oltre 500 le famiglie tunisine che aspettano di sapere cosa è successo ai parenti giunti in Italia con le carrette del mare anni fa e spariti nel nulla.

"Sono contento di essere qui stasera a parlarvi, in questa chiesa, anche se sono musulmano, perché sono convinto che le religioni possono vivere insieme, lavorare insieme. Vi ringrazio di avermi dato questa opportunità. Faccio parte di un'associazione, "La terre pour tous" che rappresenta 540 famiglie di persone disperse dal 2011 sulla via dell'Italia. Tante di queste famiglie hanno visto e riconosciuto i famigliari scomparsi o sulle tv italiane o sui social network.

Vogliamo sottoporre al governo italiano la sorte di queste persone, vorremmo che ci aiutasse a ritrovarle, e a scoprire la verità su di loro, sapere se sono vive o morte. Da cinque anni il governo tunisino ha costituito una commissione d'inchiesta di cui fanno parte anche queste famiglie. Noi come associazione non vogliamo far parte di questa commissione ma seguire il suo lavoro dall'esterno. Stiamo anche collaborando con il Ministero dell'Interno italiano ma finora ha fatto poco; vorremmo dire a queste famiglie che si farà di più...
Sia alla commissione tunisina sia al governo italiano abbiamo consegnato un dossier con molte fotografie e molte testimonianze sulle persone scomparse perché possano aiutarci a ritrovarle, ma mentre all'inizio sembrava che tutto procedesse bene, ultimamente è tutto fermo. Da molto tempo non riceviamo risposte...

E' per questo che stiamo camminando con questa Carovana: per andare avanti almeno noi e continuare a cercare risposte. Cerchiamo la verità. Tutte queste famiglie non pretendono nulla, ma vorrebbero sapere la verità".

Due storie venute da lontano, due storie che ci interpellano, che interpellano le coscienze di ciascuno. Impossibile chiamarsi fuori, ribadisce papa Francesco: "Ogni giorno le storie drammatiche di milioni di uomini e donne interpellano la Comunità internazionale, di fronte all'insorgere di inaccettabili crisi umanitarie in molte zone del mondo. L’indifferenza e il silenzio aprono la strada alla complicità quando assistiamo come spettatori alle morti per soffocamento, stenti, violenze e naufragi. Di grandi o piccole dimensioni, sono sempre tragedie quando si perde anche una sola vita umana. I migranti sono nostri fratelli e sorelle che cercano una vita migliore lontano dalla povertà, dalla fame, dallo sfruttamento e dall'ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, che equamente dovrebbero essere divise tra tutti".





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