Con Francesco

Publish date 05-10-2013

by Redazione Sermig

Ernesto Olivero, fondatore del Sermig, racconta il suo primo incontro con papa Francesco. Al termine della veglia di Pentecoste in piazza san Pietro – gremita di fedeli provenienti da tutto il mondo – il Santo Padre si è intrattenuto con i fondatori e i rappresentanti di movimenti, comunità e aggregazioni ecclesiali che gli hanno testimoniato adesione, simpatia e impegno.

18 maggio 2013, Roma, piazza san Pietro. Sono a pochi metri dal Santo Padre. Torno con la memoria al giorno della sua elezione.

13 marzo 2013, ore 19. Il mio corpo è in fibrillazione. Siamo fatti di Spirito, anima e corpo: nell’attesa dell’habemus Papam il corpo mi avverte dell’entusiasmo dello Spirito, che si unisce alla trepidazione del cuore, dove Lui abita. Fisicamente sono in Terra Santa ma attraverso le immagini televisive sono in piazza san Pietro. Anzi, sono davanti alla Loggia dove comparirà il nuovo Papa.

Ecco finalmente il cardinale Tauran. Un uomo di Dio. L’annuncio sarà ancora più significativo pronunciato dalla sua voce di malato, che mi entra nel cuore. Nel campo di Dio non ci sono sani e malati, ci sono solo figli di Dio. Dice un nome: Francesco. Il mio corpo si distende, respira con lo Spirito, mi sembra di entrare in un’altra dimensione. Non conosco ancora il volto del nuovo Papa ma con quel nome già so che lo Spirito ci ha fatto un regalo. Eccolo. Il volto conferma l’emozione che ho dentro. Capisco che nel mondo si sta aprendo una nuova finestra per l’umanità. Da lì entrerà il vento dello Spirito, che porta la fede.

18 maggio 2013, ore 18. Vedo il Santo Padre, non è lontano da dove mi trovo. Mi tornano in mente alcune sue frasi di questi due mesi di pontificato. “Ah, come vorrei una Chiesa povera per i poveri!”. Somiglia ad una frase della nostra Regola: “Ogni giorno sperimentiamo che la Provvidenza risponde al nostro grido di aiuto per i mezzi materiali che non abbiamo, per l’aiuto ai poveri che si rivolgono a noi…”. E ancora il Papa: “Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio. Bisogna aver cura di ogni persona, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore”. “Non dobbiamo avere paura della bontà e neanche della tenerezza”. Penso alla scritta a lettere cubitali dipinta su un muro del nostro Arsenale della Pace a Torino: La bontà è disarmante… Mamma mia! Da che è stato eletto, papa Francesco ha fatto riscoprire al mondo la forza, l’attualità e la bellezza del Vangelo. Ce lo fa gustare non da lettore, ma da testimone. Le parole che dice arrivano diritte al cuore, come se parlasse a ciascuno personalmente.

18 maggio 2013, passate le 19. Ora ho il Santo Padre a portata di cuore. Sono con lui. Ma non io: io sono uno sparito, uno che porta il dolore di migliaia e migliaia di persone dei 140 Paesi del mondo che abbiamo aiutato. Porto con me i bambini-soldato. I bambini disabili musulmani e cristiani del nostro Arsenale in Giordania. Le migliaia di persone che vivono per strada e trovano rifugio e una nuova vita nei nostri Arsenali in Italia e Brasile. Il disagio, lo smarrimento, il vuoto dei tanti e tanti giovani che ci chiedono speranza. Le nostre Fraternità a Torino, San Paolo e Madaba. Non c’è Ernesto Olivero, lì, davanti al Papa. Ci sono tutti loro. Ci sono tutti i miei amici, gli ammalati che si rivolgono a noi per una preghiera, le persone che fanno fatica a vivere. Solo loro devono comparire. Solo il nostro amore a Gesù deve comparire.

Vorrei fare un regalo al Papa, ma tra le mani ho solo la Bibbia. Gli do il mio segnalibro, quello con il volto di dom Luciano Mendes de Almeida, il vescovo brasiliano che ha incrociato il nostro cammino. La sua interiorità e il suo esempio ci hanno accompagnato per quasi vent’anni. Un Francesco d’Assisi con la testa di Platone, tanto era grande il suo sapere e umile la sua vita. Lascio che al Papa mi presenti quel segnalibro, con il volto – per me – di un santo. Mancato il 27 agosto 2006, è in corso la causa di beatificazione. E anche il Papa prontamente sottolinea: “È un vescovo santo!”.

La familiarità di papa Francesco mi incoraggia, mi fa dire quello che ho nel cuore... solo un po’ di quello che ho nel cuore: tutto sarebbe troppo. Gli parlo della nostra Madonna che arriva dalla Russia, la Madonna delle tre mani, che chiamiamo Maria Madre dei giovani: perché li difenda, li protegga dal male, copra con il suo manto la santità, l’intraprendenza, il coraggio seminati in loro. Gli dico: “Santo Padre, l’icona di Maria Madre dei giovani presto raggiungerà il Brasile, per vegliare sui giovani durante la GMG. Sarà esposta dal 23 al 26 luglio nella Cappella Madre della Divina Provvidenza a Rio de Janeiro, dove la nostra Fraternità ed alcuni amici si alterneranno in una preghiera silenziosa ed ininterrotta”. “Maria Madre anche delle mamme, delle nonne, dei bambini”, mi risponde il Santo Padre… Mi esce dal cuore un “Padre Santo, le voglio bene!”. Gli parlo poi della Lettera alla coscienza che ho scritto, indirizzata a tutta l’umanità. Perché la coscienza è in tutti: la coscienza del bene che rifiuta il male, la coscienza di lavorare tutti di meno perché tutti possano lavorare, la coscienza che non ci fa mettere a tavola se c’è un affamato alla porta, che ci fa tornare al tempo che è di Dio e non degli affari miei, che ci toglie di bocca il mio e lo trasforma in nostro. Il Papa ascolta e fa sì con gli occhi. Gli dico il desiderio che sia lui il primo ad avere la Lettera alla coscienza: la daremo ai giovani, che siano i nostri corrieri per tutti i giovani del mondo. La daremo al presidente Napolitano, un giovane anziano.

Poi il saluto. Seguo il mio cuore: abbraccio e bacio il Santo Padre e anche lui mi abbraccia e mi bacia! Un uomo di Dio, che si sente davvero fratello e propone uno stile fraterno, che può contagiare con il suo stile il mondo intero e farlo diventare una vera comunità. Penso: che bello sarebbe se anche il Vaticano diventasse una comunità! Perché non sperarlo? Incrocio il suo sguardo, sento la sua pacatezza che trasmette un Vangelo vissuto nel profondo, che è lotta interiore, amore, misericordia. Da oggi pregherò di più perché tutti diventiamo degni delle parole che dice questo Papa buono: “Se Dio non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe”, “È importante costruire una casa, ma sono più importanti gli uomini che la costruiscono… Se muore un uomo, muore un pezzo di umanità, dobbiamo fare di tutto perché nessuno muoia di lavoro…”. Sono ancora parole sue. Parole del Vangelo che suonano nuove. Pregherò perché diventiamo tutti un suo tam tam. Perché questa nuova finestra aperta sul mondo non si richiuda.

18 maggio 2013, ore 21. Mi sento un po’ diverso. Mi è sembrato un attimo, ma non è stato un attimo quest’incontro con il Santo Padre. Mi farà compagnia. Mi farà avere nostalgia del prossimo incontro che verrà. La preghiera diventerà più accanita per meritarci questo Papa di nome Francesco che ci fa gustare il Vangelo. Che ci fa dire che è vero. Che ci fa dire che è possibile.



Arsenalive - rubrica di NP

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