Come lavori con gli attori per riuscire a far arrivare il tuo messaggio allo spettatore? Fondamentalmente io mi definisco un regista di attori: credo che ciò che è alla base dell’esito di uno spettacolo, oltre alla costruzione dello stesso, è il lavoro forte e duro sulla recitazione che faccio con gli attori. Difficilmente gli attori possono cambiare la recitazione, perché cambiarla significherebbe uscire da una griglia che ho costruito e che farebbe apparire l’attore stesso scollato dallo spettacolo. Nel mondo teatrale italiano si fa poco lavoro sulla recitazione per cui, molto spesso, sono proprio gli attori i miei fans più calorosi. Tu sei anche Direttore della Scuola di Teatro del Teatro Stabile di Torino. Come scegli e come lavori con gli aspiranti attori? Il tentativo, mio e degli altri docenti, è spesso quello di capire quali sono le caratteristiche dei ragazzi, ma soprattutto cerchiamo di comprendere quanto questi giovani si aspettano dalla Scuola. Poiché la preparazione per la grande drammaturgia è lunga e dura, non si deve essere contaminati dall’idea di una Scuola alla Amici di Maria De Filippi; devo stare attento perché devo capire chi vuole veramente fare l’attore, chi desidera imparare quali sono gli strumenti appropriati. In tre anni di corso quello che si cerca di fare è di sviluppare il potenziale tecnico ed espressivo dei ragazzi, di far intraprendere un percorso di conoscenza che parta dal presupposto che essere altro da sé nell’interpretazione di un personaggio richiede una grande maturazione personale. Cerchiamo di far capire bene ai giovani quante e quali sono le difficoltà a essere interpreti, e che non ci sono scorciatoie: il mestiere dell’attore è un mestiere da maratoneta e non da centometrista! |