L'ora della verità

Publish date 11-08-2012

by Redazione Sermig

A cura della Fraternità del Sermig - Di fronte a Gesù stanno i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo di Israele, Giuda, Pilato. E Gesù attende da ciascuno una risposta, che può essere solo personale.
 
 
La prima parte del capitolo 27 del Vangelo di Matteo (Mt 27,1-26) ha diversi personaggi. Ognuno di loro ha qualcosa da dirci.

I capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo
Sono coloro che si rifiutano di fare verità. Questo rifiuto è espresso bene al v.1: "Tennero consiglio contro Gesù per farlo morire". La loro chiamata, in mezzo al popolo di Israele, non era questa. A loro era affidato il compito di essere custodi della promessa, di riconoscere i segni dei tempi preannunciati dalle Scritture. L'episodio dei magi (Mt 2) la dice lunga in proposito: consultati da Erode, i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo avevano individuato esattamente in Betlemme il luogo di adempimento della promessa. Ma non avevano saputo accogliere questa verità nella loro vita.

Sono passati 33 anni e loro non sono cambiati. Gesù non ha potuto toccare in alcun modo il loro cuore. È terribile quanto nella nostra vita possiamo chiudere fuori la verità. Possiamo camminare anni e anni senza accorgerci di chi siamo veramente... Possiamo occupare un posto di responsabilità nella società e mettere a tacere la verità. Possiamo credere che il nostro gruppo ha fatto grandi cose e non accorgerci che ne abbiamo trascurate di ben più importanti...

Abbiamo sentito nelle letture della scorsa settimana come si può mettere a tacere la verità
: in Gv 7,45 ss. le guardie mandate dai capi dei sacerdoti per arrestare Gesù tornano a mani vuote. "Perché non lo avete condotto qui?" chiedono i capi. "Mai un uomo ha parlato così!" rispondono le guardie. I farisei ne concludono solo che Gesù ha ingannato anche le guardie. Eppure, "Mai un uomo ha parlato così!" non è frase da poco in bocca a gente che fa un mestiere rude. È la stessa sensazione dei discepoli di Emmaus: mentre lo sconosciuto parlava, ardeva loro il cuore in petto. Prima o poi capita anche a noi di incontrare qualcuno che ci fa ardere il cuore in petto con le sue parole di verità. Non difendiamoci: dopo ci ritroveremo diversi. Le parole che vengono da Dio non sono mai inutili.

Ma chi teme la verità, la mette a tacere. Non frequenta più l'amico che gli ha parlato chiaro, alza la voce nelle conversazioni, racconta menzogne in giro per screditare chi è troppo onesto... È la conclusione del brano: "I capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù".

Giuda
È colui che si è fatto scivolare tra le mani Gesù. E insieme a Gesù, l'occasione della sua vita. C'è una frase, in questo brano, che mette una tristezza terribile: "Giuda, preso dal rimorso, riportò le trenta monete ai capi - dicendo - ho tradito sangue innocente". Ma i capi gli rispondono: è un problema tuo. È tardi, per il rimorso di Giuda. Come in certe occasioni è tardi per il nostro rimorso. Mi viene in mente il pianto di Gesù su Gerusalemme (Lc 19,41-44): "[Gerusalemme,] Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi... Non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata". È tardi, anche per Gerusalemme.

Eppure gli inviti di Gesù a tenersi pronti, a vigilare per non farsi sorprendere sono stati continui. Il Vangelo di Matteo ne è pieno, forse perché Matteo scrive per una comunità di cristiani giudei, che più di altre soffre per la cecità del popolo di Israele. Poco prima dell'inizio dei racconti della passione, (Mt 24,44) Gesù parlando proprio ai suoi discepoli dice: "Anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo". E poi si spiega meglio con la parabola del servo fidato e con quella delle dieci vergini. Il messaggio di Gesù è quasi una supplica: c'è un tempo preciso per convertirsi, c'è un tempo preciso per entrare nella vita piena, non fatevelo scappare! I greci lo chiamavano kairòs: è il momento favorevole, il momento in cui tutto congiura perché noi facciamo un passo decisivo. Sono i momenti in cui il Signore ci mette davanti con chiarezza ciò che vuole da noi e ci chiede semplicemente: "Accetti?".

Anche la vita di Gesù ha conosciuto la trepidazione di questi momenti: a Cana, quando Lui tentennava e sua Madre ha insistito perché si manifestasse. Nell'orto degli ulivi, quando per un attimo ha chiesto al Padre se fosse proprio necessario andare fino in fondo. Gesù ha riconosciuto il suo momento. Giuda no. Noi possiamo imparare a riconoscerlo.

Pilato
Pilato è colui che di fronte ad una ingiustizia si difende dicendo: "Non è affar mio". Nel sistema instaurato dai romani sulla Palestina, spetta a Pilato confermare o meno una condanna a morte. Pilato capisce che la condanna di Gesù è ingiusta, ma non si avvale del suo potere per porvi rimedio. Delega la decisione ai giudei: "Che farò di Gesù chiamato Cristo?". Matteo scrive per una comunità cristiana scacciata dalle sinagoghe, che sta cercando di farsi accettare dal mondo romano. Perciò la sua ricostruzione attenua fin troppo la responsabilità di Pilato, evidenziando la responsabilità quasi esclusiva dei capi dei giudei. Nella realtà, Pilato era un uomo spietato, che avrebbe potuto salvare Gesù ma non ha voluto farlo.

Pilato è l'uomo congelato nel suo ruolo, attaccato alla sedia, che potrebbe essere minacciata da questo "re dei giudei". Le sedie non hanno un'anima, diciamo all'Arsenale. E anche noi mettiamo a repentaglio la nostra anima, quando difendiamo qualcosa di nostro allontanandoci dall'amore. Cosa sto difendendo io al posto dell'amore? Se lo scopro e mollo la presa, troverò la vera libertà. Pilato è il nostro vivere alla giornata, incapaci di gesti forti che cambino radicalmente qualcosa per noi e per gli altri. È la nostra pigrizia, che ci fa accontentare di svolgere il compito assegnato, o di quel po' di bene che pensiamo di fare, senza cercare il meglio.

Anche a Pilato, come a Giuda, Dio ha offerto il momento favorevole: il sogno della moglie, che lo invita a non macchiarsi del sangue di quel giusto. Quante volte noi vorremmo da Dio indicazioni chiare come questa! Ma capita che le indicazioni arrivino... e restino inascoltate.

Gesù
In mezzo a costoro, Gesù, semplicemente, "sta". È un tempo di apparente inutilità, questo, per Lui. Non guarisce più nessuno, non ammaestra, non salva neppure se stesso. Ma quel suo semplice stare è l'attesa di Dio verso l'uomo. Anche oggi Dio "sta" in mezzo a noi e attende. Ci sono momenti in cui sentiamo con intensità la sua presenza che ci indica una strada, la sua opera che ci accompagna e ci sostiene. In altri momenti sembra che Dio taccia. Sono i momenti in cui attende la nostra risposta, la nostra convinzione.

Non si vive solo di forti emozioni spirituali. Si vive di quotidianità fedele nella quale le nostre scelte, apparentemente insignificanti, crocifiggono o liberano Dio. C'è un tempo per l'opera di Dio e un tempo per la responsabilità dell'uomo. E su questo dovremmo interrogarci molto oggi, prima di lamentarci per il silenzio di Dio. Forse, oggi, Dio tace perché l'uomo tace. Dio, attraverso i secoli ma anche in questo secolo, ci ha parlato in tanti modi. Ora attende la parola dell'uomo, e che sia una parola di responsabilità.
A cura della Fraternità del Sermig
 

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