L’OBBEDIENZA DELLA FEDE

Publish date 02-09-2013

by Franco Ardusso


Negli interventi precedenti ci siamo intrattenuti su religione, religiosità, fede, idolatria, ecc.,
e abbiamo espresso molte riserve sulla posizione di chi scorge, nell'attuale rinascita della religione, i segni della rinascita della fede.

 

 Che le cose non stiano così lo si può comprendere prestando attenzione all' esatto significato che ha per il cristianesimo la parola fede. Partiamo un po' dalla lontana, e precisamente dalle tre religioni monoteiste (Ebraismo, Cristianesimo e Islam). Tutte e tre fanno riferimento a un Dio che ha rivolto la sua attenzione e la sua "parola" agli uomini, distinguendosi in tal modo dagli idoli sordi e muti. Questo Dio, che liberamente e gratuitamente prende l'iniziativa di interpellare l'uomo, attende da quest'ultimo una risposta consistente nella fede che accoglie la parola e diventa operosa nella storia. È importante notare, perché questo è un tratto della loro originalità, che secondo tutti e tre i monoteismi il Dio creatore interpella l'uomo in vista della sua salvezza.
Ne deriva che i legami con Dio
non si basano più sulla sola esperienza e manifestazione del "sacro", percepito in vari fenomeni della natura e della storia come un evento ad un tempo tremendo e affascinante. Nelle religioni monoteiste la parola di un Altro, di Dio, instaura una relazione interpersonale che, tra l'altro, modifica anche il rapporto dell'uomo col tempo poiché ai miti ciclici (il periodico ritorno di ciò che è sempre uguale = l'eterno ritorno) si sostituisce una storia imprevedibile, una storia della libertà, aperta sul futuro.
Per le religioni monoteiste soprattutto sono decisivi i concetti di rivelazione di Dio e di fede. Restringo ora la mia attenzione al Cristianesimo. Per esso, la Rivelazione è la manifestazione e la comunicazione che Dio fa di se stesso e del suo progetto salvifico attraverso la storia dei suoi interventi che cominciano con la creazione, proseguono con l'elezione e l'alleanza con Israele, e trovano la massima intensità nella vita, nella morte e nella risurrezione di Gesù Cristo. Il Vaticano II ha preso le distanze da una relativamente recente e unilaterale concezione di Rivelazione, quasi che essa consistesse nello svelamento di un insieme di verità da parte di Dio. Por essendoci qualcosa di vero in questo, occorre tuttavia prendere le distanze da una concezione esclusivamente informativa, intellettualistica e dottrinale di rivelazione, che è stata fonte di non poche controversie dall'Illuminismo in poi. Rinnovando il modo di intendere la rivelazione, il Vaticano II ha rinnovato anche il modo di concepire la fede, descritta come "l'obbedienza della fede, con la quale l'uomo si affida a Dio tutt'intero liberamente…". Molto significativa è l'espressione "obbedienza della fede" che è presa da S. Paolo. "Obbedire" ha in sé la radice di "udire", "ascoltare". Credere allora significa sottomettersi e affidarsi a qualcuno che annuncia qualcosa. Molto giustamente S. Paolo dice che "la fede nasce dall'ascolto" (Rm 10,17).
Dunque non dal pensare, non dal provare più o meno forti emozioni religiose nasce la fede, ma dall'ascoltare qualcuno che mi dice: Gesù è il tuo Salvatore, Gesù è morto e risorto per te, Gesù è l'inviato di Dio degli ultimi tempi. A questo annuncio la fede risponde in primo luogo con un atto di fiducia e di affidamento, simile a quello dell'apostolo Tommaso che, deponendo la sua incredulità, si arrese davanti al Risorto dicendogli:
"Mio Signore e mio Dio" (Gv 20,28).
 
Franco Ardusso

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