DIVIDE ET IMPERA
Publish date 17-11-2011
Talk show, varietà, dibattiti, tg e quotidianità: la conflittualità è entrata ovunque. La disgregazione sociale è il rischio maggiore che la nostra società sta correndo. Sempre più difficile andare in profondità, con il rischio di impantanarsi nella polemica di turno. E non conta molto se a bisticciare sono due politici, due avventori al bar o due concorrenti del Grande Fratello. Negli ultimi anni, l’immediatezza è diventata la caratteristica principale del racconto dei mezzi di comunicazione. E non solo. Lo scontro sembra essere diventato lo strumento preferito per rappresentare la realtà. Stando così le cose, è possibile tornare indietro?
Mi è rimasta nel cuore una frase di Lanza Del Vasto, maestro di non violenza: “Il male e l’errore sono in me come nel mio nemico… è ingiusto odiare un uomo perché si sbaglia”. Provo a ripetermelo quando mi imbatto in certi personaggi aggressivi, arroganti, l’identikit ideale per la parte di nemico. Tuttavia, questo tipo di operazione mentale non è così facile, per due ragioni: perché è naturale per l’essere umano andare alla ricerca fuori di sé di un capro espiatorio, ma soprattutto perché oggi la nostra società non ci aiuta ad essere miti, a perseguire la conciliazione e la convergenza; al contrario, a tutti i livelli respiriamo conflittualità, divisione, contrapposizione. |
I programmi tv – pubblica o privata che sia – sono una celebrazione di chi urla più forte, in veri e propri ring, elogio del turpiloquio e dell’insolenza. In politica, l’aggressione ed il rifiuto della posizione dell’avversario sono il punto di partenza di ogni discussione e la litigiosità diffusa rischia spesso di minare la dignità delle funzioni istituzionali. Quando qualcuno osa provare a dialogare con la parte opposta, a considerarne le argomentazioni, viene accusato di ordire inciuci. |
Dal punto di vista economico, l’Italia è da sempre il Paese delle mille città, fonte inesauribile di tesori scaturiti dalla valorizzazione delle specificità di ogni area; ma è anche il Paese che non sa fare sistema, che ha tante piccole e medie imprese e soffre per l’insufficienza della grande industria; è un Paese tagliato in due, tre, quattro macroregioni con uno sviluppo difforme. Un’Italia a molte velocità, insomma, che anche a causa dell’incapacità di fare sistema soccombe di fronte a realtà come quella cinese. Dividersi non conviene, anche economicamente. |
Un’Italia in cui chi guida la Chiesa, i partiti, i sindacati fomenta la contrapposizione tra schieramenti opposti, spesso costruiti artificialmente. Molte questioni di interesse pubblico, di matrice etica, religiosa o anche economica, sono strumentalizzate al fine di dividere la popolazione in fazioni: chi sta di qua e chi sta di là. Col risultato che non ci si parla più, non si approfondisce con spirito libero e disinteressato il merito dei temi in gioco e drammaticamente si rinviano le soluzioni. Ritengo che le franche prese di posizione siano salutari ed esprimano trasparenza ideologica ed onestà intellettuale, ma solo se tese a convincere, non a difendere un territorio, arroccarsi e denigrare l’altro. |
Tutto ciò a chi giova? Spero che l’esasperazione della conflittualità non sia un fine strumentale volto a disintegrare il corpo sociale e ad emarginarne alcune parti e non sia il frutto di consapevoli e mirate politiche culturali ed economiche. Monica Canalis |