Barriere

Publish date 24-11-2011

by chiara

di Chiara M - Ciao, anch’io sono in carrozzina e come te, credo, sono alle prese con le barriere che “glimpiedi” per usare un tuo termine, spesso neppure vedono. Secondo te, cosa possiamo fare per educare la società a vedere meglio il mondo, anche dal nostro punto di vista? Grazie mille

 


 
Anche se all’apparenza la tua è una domanda semplice, di fatto, non credo in poche righe di riuscire a risponderti in modo esauriente. Proviamo a fare un elenco “minimo” di luoghi in cui noi possiamo trovarci per necessità o semplicemente perché scegliamo di andarci. Scuole, negozi, uffici, ospedali, stazioni, chiese, bar, librerie, musei, parcheggi, autogrill, attività ludiche diverse. Quante volte mi sono ritrovata in situazioni assurde che niente avevano a che vedere con la possibilità di sentirmi, se non uguale, almeno nelle condizioni di essere autonoma. La primissima cosa che può mancare è un semplice scivolo che in presenza di scalini mi permetta almeno di entrare in un locale; la seconda, ascensori con la larghezza necessaria per far entrare una carrozzina.
 
 Una volta sono dovuta entrare in ascensore in braccio ad una persona, mentre un’altra portava di peso la carrozzina salendo le scale in contemporanea. Se devo comprami qualcosa da vestire e devo misurarlo per essere sicura che vada bene, molto spesso le cabine prova, sono così piccole che non entra neppure la carrozzina e la tenda che dovrebbe proteggere dalla vista non ha questa funzione. Voglio fare un viaggio in treno? Pochissime sono le stazioni abilitate con il sollevatore per la carrozzina. Posso partire dalla mia città con questo tipo di servizio, ma la stazione di arrivo non sempre è attrezzata in questo modo oppure l’accesso ai vari binari è impossibile perché ci sono le scale e quindi devo rinunciare. Anche entrare in una chiesa o in un museo, non è scontato.
 
Mi rispondono, di solito, che non si può stravolgere l’architettura esistente e che la burocrazia, le belle arti ecc. sono, anziché “valori aggiunti” “ostacoli aggiunti”! Me ne rendo conto, anche se in alcuni casi, magari mettendosi d’impegno, una soluzione alternativa si potrebbe trovare senza danno per nessuno. Anche nel fare la spesa, non sempre riesco a vedere ad esempio ciò che contiene il banco dei surgelati o il banco vendita, perché troppo alto. Negli uffici mi può capitare di dover firmare un documento su un ripiano pensato per un “impiedi” costringendomi ad un’iperestensione delle braccia e della schiena (ottimo esercizio ginnico in condizioni diverse ) e ad una firma alla cieca. Non avendo ancora gli occhi estraibili opto per la firma con i documenti appoggiati sulle ginocchia. Stessa situazione per i bancomat molto spesso inaccessibili a chi sta ad un metro da terra.
 
Non parliamo poi dei parcheggi usati con prepotenza ed arroganza alle volte dagli “impiedi”. So che qualcuno si è organizzato mettendo sul parabrezza dell’occupante abusivo questo biglietto: “Vuoi il mio parcheggio? Allora prenditi anche il mio handicap”. Non so se funziona ma spero almeno che rubi un attimo per una riflessione… Negli autogrill, i bagni riservati a noi, possono essere allegramente predisposti ad altri usi tipo ripostiglio delle scope, spogliatoio del personale, alloggio del carrello per le pulizie, rifugio per ombrelloni da spiaggia durante i mesi invernali o altro. La fantasia in questo caso non manca. Bisogna aggiungere alla lista anche montascale non funzionanti e chiavi per aprire luoghi accessibili che non si trovano. E ci sono ostacoli apparentemente minori, come interruttori inarrivabili, rubinetti ostinatamente chiusi, maniglie da osservare solo dal… basso, fotocellule di luci che una volta entrati (di solito questo succede nei bagni), dopo pochi minuti, si spengono e tu rimani lì come un salame tentando di sbracciarti in tutte le direzioni, in un buio pesto incredibile, nella speranza di riattivare la preziosa luce. Porto sempre con me una piccola pila dopo quest’esperienza!
 
Potrei continuare all’infinito ma sono cose che sicuramente sarà capitato anche a te di sperimentare mille volte. Fortunatamente vivo in una città, in cui si è lavorato parecchio per l’accessibilità, anche se ancora molto resta da fare e quindi, come spesso ripeto, parlo per mia esperienza personale. Girando però in altri posti, mi sono accorta di quanta strada c’è ancora da percorrere, non solo per il discorso strettamente tecnico, ma soprattutto per le barriere “mentali” contro le quali spessissimo ci ritroviamo a combattere. Nonostante ciò, ci sono segnali positivi e diffusi, magari ancora piccoli, che qualcosa nella mentalità della gente sta cambiando.
 
 La disabilità stessa si inizia a considerare non più come qualcosa di cui vergognarsi, anche se, in un’epoca come la nostra in cui predomina l’individualismo, la ricerca della perfezione a tutti i costi, l’eliminazione di ciò che è diverso, di ciò che significa fatica, dolore, rinuncia, attesa, non è facile. Credo che prima o poi ci si renderà conto che avere “tutto”, non porta con matematica certezza alla felicità. Lo si sente tutti i giorni nei vari TG o sui giornali o alla radio: violenze d’ogni tipo, contro sé stessi o contro altri, degrado e tragedie che accadono anche in situazioni di apparente benessere. Un senso di disagio, di sconfitta, di disillusione, di amarezza, serpeggia nelle menti e nel cuore delle persone. Io vorrei dire basta a chi uccide la speranza. Basta a chi taglia le ali ai giovani, basta a chi non vuole permettere ai sogni più belli di ritornare a dare fiato alle nostre anime asfittiche. Sai, forse il segreto è nel ricominciare a vederci come persone.Tutti, indistintamente.
 
Ho la speranza, sostenuta dalla mia stessa esperienza, che sia proprio la “disabilità” a far riflettere, ad aprire gli occhi. E penso che non si tratti soltanto di risvegliare il senso di solidarietà o di compassione, quanto di scoprire un bene: l’umanità è una famiglia. E allora diventerà spontanea la voglia di venirsi incontro, di aiutare, di comunicare. Di inventarsi qualcosa per rendere più facile la vita a chi è nella difficoltà. In ogni difficoltà. Anche una carrozzina, può diventare un messaggio e, paradossalmente, ciò che sarebbe da scartare perché disarmonico, risulta elemento necessario e urgente per crescere come uomini e donne. Ciao!
Chiara M
 
 
 

This website uses cookies. By using our website you consent to all cookies in accordance with our Cookie Policy. Click here for more info

Ok