Vite in silenzio

Publish date 29-08-2012

by Andrea Gotico

La prima volta lo vidi in fila con gli altri, al fondo, con gli occhi che non ti guardavano per la timidezza. Un ragazzone nero, atletico, con la borsa a tracolla. A voce bassa, con un italiano stentato, mi chiese un posto per dormire, senza guardarmi. Gli dissi di aspettare, lui chinò la testa, emise un sospiro e mi richiese un posto.
Sahel parlava un po’ l’italiano, tra un sospiro e l’altro, ma non lo capiva. Ci parlavamo a gesti. Quando era in coda per entrare, tirava fuori dalla sua borsa consunta un grosso e spesso taccuino che leggeva con passione mentre, due passi alla volta, arrivava all’ingresso. Anche nella sala comune, dopo la cena, si immergeva nella lettura, insensibile a quello che gli girava intorno.

Un giorno sbirciai e vidi dei geroglifici stranissimi, sembrava una miniatura antica. Mi spiegò che era la bibbia etiope e che lui era cristiano. Grazie a un amico, a poco a poco uscì tutta la storia. Scappato da casa per non far la guerra, fu ferito mentre usciva dal suo Paese e rimase in coma molti giorni. Moglie e figli prima finirono in galera, poi in un campo profughi in Sudan. Il suo sogno era trovare il modo di farli venire in Italia.
Timido, due occhi nerissimi, uno sguardo esitante ma profondo, che ti scruta l’anima, Sahel non ti chiede mai niente, prende quello che gli dai.
Scomparve all’improvviso, senza avvisare, come un lampo nella notte. Ho ancora qui le poche cose che ha lasciato, mi aiutano a ricordarlo, con un sorriso.

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