Una schiera innumerevole

Publish date 31-08-2009

by Redazione Sermig


Quanti sono i testardi nel bene? “Kizito” Sesana ce ne ricorda alcuni nell’ultima lettera dal Kenya.


di "Kizito" Sesana




La chiesetta diroccata di Montesole, senza tetto, solo dei monconi di pareti.
Poche persone strette intorno all’altare. La mattina dello scorso 30 ottobre, ero con pochi amici in questa località dei monti Appennini dove centinaia di persone furono uccise in una rappresaglia nazista. Oggi, nascosti nei boschi, qui ci sono una Scuola di Pace e un piccolo monastero di contemplativi fondato da Don Giuseppe Dossetti. Pochi i visitatori, in raccolto silenzio, che dedicano un giorno alla memoria e alla preghiera. Nient’altro. A parte naturalmente la presenza, nella pace e nel silenzio, delle vittime. Vittime povere, gente di montagna che qui si guadagnava una vita stentata, e che si sono improvvisamente trovate di fronte al mostro della violenza e dell’odio.

Sono passati pochi giorni dalla celebrazione delle festa di Tutti i Santi e poi dalla memoria dei Defunti. In questi giorni leggeremo ancora una volta le Beatitudini. Non possono non tornare in mente anche i Nuba che ho conosciuto giovani, forti nel fisico e nell’animo, che non ci sono più, anche loro vittime di una violenza che invocava a giustificazione la religione e la razza. Noah, il catechista trentenne di Debi, maestro di lotta, che dopo una esibizione dei suoi ragazzi aveva tenuto a sottolinearmi “Sono bravi lottatori, ma sono ancora più bravi come uomini”. Tutti uccisi, Noah incluso, con tutte le loro famiglie, nell’offensiva governativa del luglio del ’96. E si fanno presenti tutti i poveri e tutti i giusti che con testardaggine e con amore continuano ad impegnarsi per crescere nella giustizia e nella condivisione, per aiutare gli altri. Sono loro che con l’esempio della loro vita e della loro morte danno respiro al nostro impegno.

É una schiera innumerevole, anche se non la si vede. I mass media in Europa ci parlano quasi solo di cantanti che divorziano, di comici che ignorano le ultime residue regole del buon gusto, di politici che litigano. Alla fine non facciamo più distinzione fra cantanti, comici, politici, tutti personaggi di un grande “reality show”, tutti capaci solo di usare lo stesso linguaggio volgare, sguaiato, vuoto di contenuti, che punta alla battuta efficace piuttosto che alla verità. Eppure riescono ad invadere la scena, a sgomitare con prepotenza per i primi piani, a condizionare la nostra vita.

Durante il Concilio Vaticano II, di cui tutti oggi si proclamano eredi e interpreti autentici, 400 vescovi si erano dichiarati solidali coi poveri e avevano costituito il movimento della “Chiesa dei Poveri”. Più tardi si parlava di “scelta preferenziale per i poveri”. Oggi i poveri non sono più di moda, anzi fanno paura, li respingiamo dalle nostre coste, li chiudiamo in gabbie umilianti. Solo alcuni idealisti si preoccupano ancora per loro.
Nel frattempo Halloween imperversa: il Mercato dopo averci rubato il Natale ci sta rubando i santi più simpatici, quelli che son vissuti nel nascondimento della vita di tutti i giorni, e i morti.

Cosa ci ruberanno ancora? I giovani? O ce li hanno già rubati? Che tristezza quando mi chiedono di parlare in una parrocchia e mi trovo davanti ad una comunità in cui nessuno ha meno di trent’anni. Mi vengono in mente gli incontri a Kivuli, a Tone la Maji, a Mthunzi, dove quelli che hanno più di trent’ anni si contano sulle dita di una mano, e i canti, le danze, il suono dei tamburi fanno tremare i muri.

Fortunatamente il bene che germoglia ovunque ci impedisce di diventare pessimisti e profeti di sventura. Siamo realisti. Non ci arrendiamo alle apparenze, ai fantasmi della televisione, alle seduzioni di un potere che non mantiene mai le promesse. Noi continuiamo a vivere e condividere con persone vere, in carne ed ossa, che hanno problemi veri e che cercano di risolverli con impegno, dedizione, amore. Vediamo il bene che c’é intorno a noi e il potenziale di bene che c’é in noi. Vediamo realisticamente i limiti e gli sbagli, ma non permettiamo che ci tolgano le forze.

In un libro recente ho trovato una citazione di don Luis Lintner, prete altoatesino ucciso nel 2002 a Salvador de Bahia dopo aver lavorato per una vita con i giovani più disperati della periferia di quella città. Aveva scritto: “Fare, senza lamentarsi che gli altri non fanno; andare avanti senza mollare solo perché il cammino procede troppo lentamente; ridere di se stessi (e non solo) invece di prendersela con gli altri; costruire ponti, invece di scavare fossati; cercare amici, invece di filosofeggiare sulla solitudine; credere che un Dio padre ci ama e che ama il suo e nostro mondo… Questo voglio fare.”
Grazie, don Lintner, prete già entrato a far parte della schiera innumerevole di tutti i santi. Grazie per averci suggerito la preghiera e la promessa che faremo al Bambino davanti al quale ci inginocchieremo fra qualche giorno.

di Renato Kizito Sesana
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