Turchia, nuovo corso

Publish date 27-09-2016

by Michelangelo Dotta

di Michelangelo Dotta - Morti? Vivi? Sicuramente corpi umiliati e venduti alla stampa globale, alla stregua di particolare merce avariata, cancro sociale, veleno letale per la democrazia turca. Così nelle immagini che hanno fatto il giro del mondo, i giovani traditori di Erdogan che, grazie ad un golpe poco organizzato e rapidamente fallito, si è liberato in poche ore di un’opposizione che turbava i suoi sogni di despota assoluto. Le sue purghe stanno toccando ogni ambito della società turca. Esercito 6000 tra cui 113 generali, servizi segreti 100 agenti, scuola 15.200 sospesi con effetto immediato, università 1577 licenziati e chieste le dimissioni dei più influenti decani e di tutti i rettori, imam 492 religiosi, giudici 1500, informazione 130 tra tv e giornali; in tutto, ad ora, gli epurati sono più di sessantamila ma il dato è puramente indicativo.

Mentre a bordo del suo Gulfstream presidenziale solcava i cieli sopra la capitale, mai peraltro attaccato o colpito dagli F16 del generale a 4 stelle Akin Ozrtuk, presunto promotore della rivolta e comandante in capo dell’aviazione, Recep Taygip Erdogan organizzava il suo contro golpe infuocando la piazza dei suoi sostenitori e chiamandoli all’adunata e al presidio fisso delle strade e delle piazze per evitare nuovi tentativi di colpo di Stato. Un’operazione perfetta. Nel 1988, davanti ad una folla esultante radunata in piazza Taksim l’allora sindaco di Istanbul lanciava il suo programma: “Le moschee saranno le nostre caserme, i minareti le nostre baionette, le cupole i nostri elmetti”, oggi riparte da qui, con nuova forza per rivoltare il Paese e realizzare il suo progetto senza più ostacoli o contrappesi. Riunito il Consiglio nazionale di Sicurezza nel suo palazzo presidenziale (costruito su una collina alla periferia di Istanbul su suo preciso ordine, più grande del Cremlino e di Versailles, costato più di 600 milioni di dollari) ha decretato lo stato di emergenza per 3 mesi in tutto il Paese e, di fatto, si è assicurato la possibilità di emanare in prima persona decreti che avranno da subito valore di legge.

Apparentemente lontano dal terremoto che ha sconvolto la società turca, il quartiere di Fatih, al centro della capitale, dentro il perimetro della cinta di mura, è un gioiello pieno di negozi alla moda, strade pedonali lastricate e viali di aranci profumati… quasi un quartiere parigino, se non fosse per l’alta percentuale di donne velate, molte con il niqab nero, a ricordare anche al turista che il nuovo corso è iniziato e l’Occidente che sembrava a portata di mano, è arretrato con un grande balzo. La probabile reintroduzione della pena capitale preclude di fatto un possibile ingresso della Turchia nella UE e sancisce una distanza che diventa giorno dopo giorno più incolmabile. Ma la cosa che forse lascia più attoniti e sgomenti sono le immagini di quei corpi seminudi ammassati nelle palestre e nelle stalle, mani legate dietro la schiena, animali segnati pronti al sacrificio; immagini che tristemente ma inequivocabilmente ci riportano alla mente certe sequenze di propaganda dell’Isis, certe carneficine annunciate… immagini inaccettabili e certamente agli antipodi della società europea a ricordarci sempre che la peggior forma di democrazia è comunque di gran lunga migliore della più illuminata dittatura.

 

 



Rubrica di Nuovo Progetto

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