Ti dono uno spot

Publish date 31-08-2009

by Simone Bernardi


In questa società “veloce”, è ancora possibile “trovare il tempo” per dedicarlo all’altro? Ci siamo confrontati con Piero Reinerio, pubblicitario dell’Agenzia Armando Testa.

intervista a Piero Reinerio, a cura di Simone Bernardi



Il tempo delle vacanze è il “tempo libero” per eccellenza, ma ancora una volta “il tempo siamo noi”. Nel viaggio tra testimonianze, storie ed esperienze di chi dà una risposta non scontata alla domanda: “cosa ne fai del tuo tempo?” vi proponiamo quella di Piero Reinerio (Direttore creativo dell’Agenzia Armando Testa, ideatore, tra l’altro, della Bandiera della Pace del Sermig).

Cominciamo dalle origini, come hai conosciuto il Sermig?
Una decina d’anni fa Francesco De Barberis, socio di Armando Testa, col quale condividevo il piacere di dedicare l’esperienza professionale anche a iniziative gratuite di aiuto sociale, mi presentò Ernesto Olivero. C’è stata subito un’intesa epidermica. Fu curioso… si trattava di realizzare un volantino su un corso di volontariato. Tra me e me pensai: “Adesso voglio proprio vedere che spirito ha! Mi sembra uno che ha la faccia buona e sveglia”. La scuola di Armando Testa è provocazione, simpatia, allegria… per cui su questo tema gli proposi l’idea: MAMMA VADO VOLONTARIO - col segno dell’attenti tipico dei militari - e, più piccolo, “torno per cena!”. Ad Ernesto piacque e da lì è nata un’intesa che continua sino ad oggi.
Il tempo di un pubblicitario vale oro e immaginiamo che il tuo sia senza soste. Quando dalla portineria ti dicono che sta salendo un amico, che tempo è…?
Non sempre è facile, ma puoi fare lo sforzo di sostituire al “non ho tempo” il “ho tempo” e magari scopri un mondo. Se poi vedi che il tuo appoggio può essere utile, quello sforzo può diventare anche un piacere. Io credo che un fattore sia proprio questo: se senti o meno il piacere di e non l’obbligo di. Per esempio, all’Arsenale io vedo che nessuno di voi è obbligato a fare quello che fa, lo fate perché lo scegliete e lo sentite. Bene, relativamente all’esperienza delle cose che ho fatto per il Sermig non mi sono mai sentito obbligato - anche perché non si tratta di un cliente per il quale abbiamo un compenso - e quando per esempio Ernesto viene da me, sul posto di lavoro, diventa quasi una parentesi distensiva. Poi accade che lui mi dia una serie di compiti e che io magari gli dia del matto, ma anche qui rispondo con un “se posso…” e poi scopro che mi fa piacere farlo, perché non ho imposizioni e non ho secondi fini come non li avete voi, allora è proprio questa la magia che collega il mio tempo con le iniziative che portate avanti voi.

La pubblicità è comunicazione: cos’hanno a che fare la grafica e la pubblicità con i poveri, con i senza voce?
La pubblicità è la risposta al bisogno di un prodotto, di un servizio o di un’informazione. Nasce dall’ascolto, dalla conoscenza delle persone con le quali comunicare. Una conoscenza sul piano sociale e psicologico oggi facilitata da ricerche sempre più attente, mirate ed approfondite.
La conoscenza dei poveri, delle loro difficoltà, della loro sensibilità, dei loro diritti al cibo, alle cure e alla giustizia è un dovere della società. La pubblicità sul tema povertà aiuta a sensibilizzare ognuno di noi e di riflesso i politici sull’importanza di prevenirne e combatterne le cause e nel contempo alleviarne le sofferenze in corso. La grafica è uno strumento al servizio della pubblicità che spesso aiuta a sintetizzare in un’immagine il valore di molte parole.

Ecco, dare del tempo lavorando anche su temi drammatici come la fame, il sottosviluppo, la guerra…. è un dovere morale o continua ad essere qualcosa di piacevole?
Penso che una persona si apra agli altri perché sente dentro una qualche vibrazione nei loro confronti, se lo fai perché è un obbligo non è la stessa cosa... Con mia moglie seguivamo un ragazzo malato di sclerosi multipla, la cui situazione familiare era disastrosa. Ricordo il sacerdote che faceva da catalizzatore e coordinatore di coloro che avevano un po’ di tempo a disposizione: gli assegnava un turno, con una certa regolarità, in modo che la sua giornata fosse coperta. Io non riuscivo a passare da lui con regolarità. Andavo quando potevo, a volte anche per dargli da mangiare: per me era un problema perché non sapevo come fare, muoveva la testa, poi ho capito che si trattava solo di tenergliela ferma ed era facile e lui rideva. Ricordo che le ore passate con lui mi ricaricavano le pile, ne ricavavo un vantaggio psicologico grande, un momento di distensione, di piacere, di pace. Ecco, non ne parlerei solo in termini di dovere morale o di restituzione, ma anche di emozioni, di piacere, questo sì.

Dal tempo donato al Sermig sono nate la Bandiera della Pace ed altre idee...
Nel 1998 Ernesto mi chiese di ideare una bandiera mondiale della pace da sventolare con i suoi giovani nelle battaglie contro le guerre, la fame e le ingiustizie che ne sono alla base.
Ci ho messo ben più tempo di quanto immaginassi. Le varie ipotesi via via sviluppate non erano all’altezza delle aspettative. D’altra parte era una sfida troppo bella, coinvolgente e gratificante. Poi all’improvviso l’idea che nasce dal sogno più semplice: tutte le bandiere del mondo unite in una sola, pronte a sorreggere e difendere la gigantesca scritta azzurra PACE.
Fra le tante iniziative ideate per il Sermig ricordo con affetto ed emozione particolari il monumento nel cortile di ingresso: un muro sbrecciato fatto con i mattoni delle città in guerra nel mondo e la grande scritta tipo murales La bontà è disarmante. Una sintesi dello spirito del Sermig capace di trasformare un arsenale di guerra in un simbolo di pace: l’Arsenale della pace.
E poi la scritta ODIO trasformata in DIO cancellando semplicemente la prima O per ricordare a cristiani, ebrei e musulmani che siamo fratelli, figli dello stesso Dio.

 

 

 

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