Straniere di Dio
Publish date 21-05-2019
di Annamaria Delprete – Le genealogie di cui la Bibbia è ricca contengono abitualmente l’elencazione dei “padri”.
Nella genealogia di Gesù Matteo introduce per ben quattro volte il ricordo di una “madre”. Sono donne straniere e trasgressive, vissute nel periodo da Abramo a David e sono Tamar, Rahab, Rut e la donna di Uria: Betsabea. Donne bollate di infamia: incesto, prostituzione e intrallazzi vari. Se Matteo decide di violare i canoni letterari della genealogia, deve avere avuto le sue buone ragioni. Perché non ha voluto includere nella genealogia di Gesù donne sante e sottomesse secondo i canoni delle virtù femminili apprezzate dagli uomini? Probabilmente vuole guidarci a scoprire con meraviglia che il Dio delle Scritture si riserva tutta la libertà di sovvertire gli schemi e i canoni tradizionali. Decisamente intrigante quest’albero genealogico che serve a legittimare la discendenza davidica del Cristo figlio di Maria! Scopriamo che ognuna di queste donne ha usato tutte le arti femminili per portare a compimento il progetto di salvezza. E quindi sono state benedette e scelte da Dio come antenate di colui che è venuto non a chiamare i giusti, ma i peccatori.
Tamar pur di avere una discendenza non teme l’accusa di prostituzione. È una intraprendente cananea che il patriarca Giuda riconosce “più giusta” di lui.
Rahab pur di collaborare alla consegna della Terra da parte del Signore al popolo di Israele non esita a tradire il suo re e il suo popolo.
Rut, moabita, vedova di “un figlio di Giuda”, pur di assicurare la successione rinuncia a restare nella sua terra di Moab e segue la suocera Noemi nel suo cammino di rientro a Betlemme. Ella partorì Oved, padre di Iesse, padre di David .
La “moglie di Uria”: della quale Matteo non dice neppure il nome (Betsabea). Il peccato non ostacola il progetto di salvezza purché se ne riconosca la gravità, come avvenne con David. Il suo grido «Ho peccato contro il Signore», la penitenza e soprattutto l’accettazione della morte del figlio hanno permesso al progetto di salvezza di progredire. David non è restato prigioniero del suo peccato, né della morte del figlio innocente ma, sicuro del perdono del Signore, ha ripreso a svolgere il ruolo assegnatogli nella storia di salvezza del suo popolo.
La saga di Tamar
Rimasta vedova senza prole attende invano che il suocero adempia il dovere del levirato, dandole per marito il suo ultimo figlio per assicurare la succesione. Ma la donna non si rassegna e ottiene con l’astuzia ciò che ingiustamente le veniva negato: velata da prostituta attende il suocero alla porta della città e tratta abilmente con lui: «Che mi darai per venire con me?». Giuda promette un capretto, ma ella esige subito un pegno: «Il tuo sigillo, il tuo cordone e il bastone che hai in mano». Saranno le sue credenziali quando Giuda, saputo che era incinta, ne decreta la morte: «Conducetela fuori e sia bruciata!» Priva di ogni autorità giuridica, Tamar vince con l’astuzia inviando al suocero gli oggetti: «Dell’uomo a cui appartengono questi oggetti sono incinta». Giuda a quel punto ne riconosce la superiorità morale: «Essa è più giusta di me» Tamar ha vinto!
Giuda non si era preoccupato della discendenza. Tamar, invece, straniera, ha mostrato fedeltà alla famiglia di suo marito, cercando di darle la discendenza a tutti i costi. Secondo i criteri morali si direbbe che Tamar ha agito male, ma dal punto di vista di fedeltà alla comunità (e al progetto di salvezza di Dio), occorre riconoscere che si è comportata “da giusta” più di Giuda capo della stirpe da cui nascerà Gesù.
Annamaria Delprete
Bible & Women
Rubrica di NUOVO PROGETTO