Solitudine da telefonino

Publish date 04-04-2013

by Michelangelo Dotta

di Michelangelo Dotta - Ormai in tutti i luoghi, fatta eccezione per quelli elettronicamente inibiti alla ricezione, si è obbligati ad ascoltare le telefonate altrui. Impegnati in una conversazione al cellulare, inspiegabilmente molti soggetti cambiano la loro personalità; anche se normalmente riservati e tendenzialmente timidi, con l’apparecchio telefonico spalmato all’orecchio diventano automaticamente loquaci e chiassosi, totalmente disinibiti e spesso spudorati.

Quel concentrato di tecnologia tascabile, non solo ci segue e ci segnala 24 ore al giorno, ma è in grado di sciogliere con un semplice squillo ogni nostra inibizione. Al telefonino si strombazza di tutto: si organizzano incontri clandestini con l’amante, si negozia in borsa, si spettegola sui colleghi, ci si lamenta della suocera con la protesi all’anca, si organizza il week end di Pasqua con lungo anticipo per risparmiare o, semplicemente, si parla del nulla con il solo scopo di segnalare la nostra esistenza.

Essere presente con il proprio eloquio, anche se fisicamente in un luogo indefinito del pianeta, ci rende di fatto visibili all’altro e ci identifica a lui proprio attraverso la rivelazione della nostra intimità; il fatto che altri ascoltino non ci turba minimamente perché all’uditore occasionale manca la percezione del secondo interlocutore che completa e rivela il mio essere, non vive la complicità ma semplicemente registra dati che personalmente non lo coinvolgono né minimamente lo interessano. Il possesso del cellulare, di pari passo con lo sviluppo delle potenzialità dello strumento, parola, immagine, internet, ha di fatto trasformato l’individuo confinandolo in una sorta di affollata solitudine in cui contatti, parole e messaggi multimediali annullano molti aspetti della sua fisicità perché assolutamente irrilevanti a quel tipo di processo comunicativo. Come e più della televisione di casa, il telefonino ci affranca da qualsiasi tipo di convenzione sociale, possiamo disporne in ogni luogo e in ogni condizione in cui ci troviamo ricreando di fatto nell’interlocutore un’immagine di noi che è puramente una convenzione senza nessun concreto aggancio con il momento reale in cui ha luogo la conversazione/contatto. Possiamo inoltre dissimulare il dove rivelando all’altro coordinate di spazio totalmente false, obbligandolo quindi a ricostruire un’immagine di noi coerente con le indicazioni ricevute ma, in realtà, assolutamente virtuale.

In questa particolare costruzione di rapporti tra individui esiste dunque una sola dimensione concreta su cui entrambi non possono agire, quella del tempo, non quello convenzionale legato a fusi orari o ora legale, ma quello percepito della contemporaneità della conversazione, unica certezza condivisa che colloca gli interlocutori insieme sulla scena del mondo.

Questa nuova dimensione dell’altro, essere parlante sempre identificabile e sempre raggiungibile, strettamente correlata alla frenesia compulsiva della nostra epoca, costruisce un immaginario collettivo di relazioni totalmente avulso dalla realtà, e definisce un paesaggio globalizzato dove il riferimento non è più la persona fisica e tangibile, ma una voce che agisce in sua funzione. Sotto un certo aspetto pare un mondo da favola, popolato da figure seducenti quanto immaginarie. A proposito, è Natale, perché non un bel telefonino sotto l’albero?

Monitor - Rubrica di Nuovo Progetto

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