Musica olimpica

Publish date 22-10-2013

by Mauro Tabasso

di Mauro Tabasso - Dove c'è musica, c'è vita.  (NP Settembre 2012)

LVD

Per me che non seguo il calcio e so a malapena che differenza passa tra un fallo laterale e un corner, quest'estate è stata veramente interessante dal punto di vista sportivo.
Merito delle Olimpiadi che alcuni anni fa ho potuto seguire anch'io da un palco molto speciale: la mia città, Torino, che ha ospitato questo evento nella sua release invernale. Tre settimane di un'atmosfera così bella che non si era mai vista prima. Immagino che qualcosa del genere sia accaduto anche a Londra. I grandi eventi sportivi internazionali, fatte le dovute deprecabili eccezioni (Monaco 1972, Mosca 1980...) uniscono i popoli e ne esaltano il dialogo e il confronto. Esattamente l'opposto di ciò che in genere fanno i rispettivi campionati nazionali, che invece di unire spesso seminano odio, polemiche, violenza.
Alle Olimpiadi ogni sport, ogni disciplina ha il suo protocollo e il suo linguaggio. Il Dressage e la Scherma parlano francese, l'Atletica emolti altri sport parlano inglese, e quasi tutti hanno un loro linguaggio tecnico specifico. E poi c'è il linguaggio dei simboli.
Dagli anelli al braciere olimpico, dalle bandiere (Grecia in testa) alle cerimonie, dalle sfilate agli striscioni, e po i colori, gli inni nazionali. Questi ultimi rappresentano probabilmente il linguaggio più immediato, il più fruibile, forse non l'unico ma certamente il vero linguaggio universale, comprensibile proprio a tutti perché percepito non attraverso la grammatica ma attraverso il cuore, le emozioni: il linguaggio dei suoni, la musica.
Pensate all' "Inno alla Gioia" di Beethoven. Che sentimento vi ispira ? A me gioia, fiducia, fratellanza, speranza. Eppure non ricordo neanche cosa dice di preciso il testo, anche se a suo tempo l'ho studiato, ma è un dettaglio perché è la musica a suscitare in me questi sentimenti.
Pensate ora a "Born in the USA" di Bruce Spreengsteen. A parte il titolo (lo capisco anch'io che non mastico più di tre parole di inglese), il resto del testo non ho veramente la più pallida idea di cosa vada dicendo. Potrebbe pure trattarsi della ricetta per le uova al paletto messa in musica da un cuoco del Wyoming, ma ciò non cambierebbe la sensazione di forza, di potenza, di autostima che quel brano mi trasmette.
Pensate ora a "Caruso" di Lucio Dalla, e sarà automatico provare nostalgia, malinconia, sconforto. Dite che è il testo, perché è in italiano e lo capite ? Provate allora a pensare ad "Hello" di Lionel Ritchie e la sensazione sarà esattamente la stessa. Pensate ora a "You are not alone" di Michael Jackson e proverete amore, comprensione, coccole. Pensate all'aria "Nessun dorma" dalla Turandot di Puccini e proverete potenza, senso di rivalsa, voglia di rivincita, voglia di gridare al mondo "Lei non sa chi sono io! Le dimostrerò che si sbaglia, anzi, le farò un mazzo così! Dorma preoccupato!". Pensate all'incipit della "Toccata e Fuga in Re minore" di Bach e proverete sgomento, paura, inquietudine, perfino ansia. Pensate all'Andante del "Concerto per Pianoforte e Orchestra n.21 KV 467" di Mozart e proverete senso di armonia, di perfezione, di immensità, di spazi insondabili. Devo continuare ? Il testo, che ci sia o no, che lo capiate o no, in alcuni casi non aggiunge nulla (o poco) alle emozioni che provate. Se lo capite, semmai, ve ne suscita altre (pensate a De André, De Gregori, lo stesso Dalla, Jovanotti, Leonard Cohen, Sting...), ma se non lo capite tutto sommato può fare quasi lo stesso.

Born in the usa

Le emozioni saranno più o meno le medesime per tutti. Non c'è quindi da stupirsi se la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi londinesi è stata un grandissimo evento musicale, una festa più che una cerimonia. E siccome gli 

inglesi possono vantarsi di aver scritto pagine fondamentali della musica contemporanea degli ultimi 60 anni hanno giustamente dato spazio al loro enorme bagaglio.
Beatles, John Lennon, Queen, Who, Pink-Floyd. Mancava solo Elton John. Essendo poi un popolo molto cool, alla moda, non hanno mancato di strizzare l'occhio al mercato (che in buona parte fanno loro), quindi per la gioia dei più giovani ecco Ed Sheeran, One Direction e compagnia bella. Delle Spice Girls e dei Take That potevo francamente farne a meno, e a proposito proprio di Ed Sheeran, non so se avete seguito la sua performance. Ha cantato insieme a Nick Mason (Pink-Floyd) e a Mike Rutherford (Genesis) il brano Wish you were here, track-title dell'omonimo Lp proprio dei Floyd datato 1975. Il giorno dopo sui blog dedicati al giovane cantante milioni di fan scrivevano messaggi del tipo "Bella la tua nuova canzone, quando esce ?".
Ma a parte questo imbarazzante aneddoto, io ho trovato bellissime le immagini di atleti di tutte le nazioni, vincitori e vinti, medagliati e non qualificati, neri, bianchi, rossi e gialli che ballavano proprio come si fa in una festa tra amici. Perché il mondo non può vivere tutti i giorni come in una festa olimpica, e deve aspettare quelle tre settimane che capitano una volta ogni quattro anni ? Perché la musica, quella stessa musica, non ci fa provare tutti i giorni la stessa voglia di volersi bene ? Il cuore è più veloce e più sincero del cervello, che per sua forma cerca di essere logico.
Aiutiamolo, perbacco ! L'arte serve a questo e a poco (forse nulla) altro. E adesso "Prendi un tegame, ungilo d'olio..." (Sto tentando di musicare la ricetta delle uova al verde, non si era capito ?  Poi traduco tutto in portoghese e vedrete che hit!!!).

 
DIAPASON – Rubrica di Nuovo Progetto

Il suono del silenzio spazza via il chiasso che stordisce.

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