Lasciarsi guidare dallo Spirito

Publish date 11-08-2012

by p. Piero Buschini

Pentecoste - di p. Piero Buschini sj - In un mondo segnato dalle ingiustizie e dalle sofferenze la risposta è affidarsi allo Spirito che ci rinnova e ci dona la forza di amare. La povertà della nostra fede rischia di vanificare la forza dello Spirito.

Ci sono due racconti della Pentecoste. Nel vangelo quello semplice e realistico di Giovanni, nel clima della Pasqua (Gv 20,22). Gesù, accompagnando le parole con un gesto sacramentale Greg Celenze, Pentecoste("alitò su di loro") dice ai discepoli che li lascia, ma dona loro il suo Spirito, che li renderà capaci di perdono, cioè di una convivenza nuova, dominata non più dall'egoismo, dalle ambizioni personali, ma dall'accoglienza e dalla solidarietà.
Poi abbiamo la narrazione solenne degli Atti (2,1-11). Luca, collocando il dono dello Spirito dopo la Pasqua, nel quadro della Pentecoste ebraica (che ricordava la promulgazione della legge antica sul Monte Sinai) suggerisce di vedere nella Pentecoste cristiana il dono della legge nuova, che non impone l'obbedienza a norme scritte, sempre povere e inadeguate, ma chiede la fedeltà creativa allo Spirito del Signore.
La forza di questa affermazione era già stata anticipata da una stupenda pagina del profeta Ezechiele (36,22-36).

Lasciarsi guidare dallo Spirito significa uscire dal nostro istinto individualista, dalle nostre illusioni ("vi purificherò dai vostri idoli"), per raggiungere la struttura profonda del nostro essere, la coscienza, dove matura la nostra vocazione di uomini. Lo Spirito ci guida a una pienezza di umanità che va oltre il nostro istinto, perché "Dio è più grande del nostro cuore" (1Gv 3,20). Seguendo la parola di Dio resa penetrante dallo Spirito entriamo in un progetto più grande di noi, più rispondente alle nostre vere aspirazioni.

Lasciarsi guidare dallo Spirito significa entrare in un orizzonte nuovo di valoriAntonio Vincenti, Pentecoste: "Vi farò vivere secondo la mia parola". Lo Spirito (questa presenza che gli uomini attenti e disponibili avvertono dentro di sé) non è una realtà inerte. Crea una conoscenza nuova, non puramente intellettuale, ma sapienziale, capace cioè di farci sentire il sapore, il gusto delle cose grandi e belle che il vangelo ci propone.

Lasciarsi guidare dallo Spirito significa imparare ad amare: "Vi darò un cuore nuovo. Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne". Noi siamo, ogni giorno, turbati da fatti che rendono trasparente l'immagine del cuore di pietra e sentiamo la parola profetica come una riserva di speranza per il nostro futuro, che può farci protagonisti di una nuova convivenza: "Quando vi avrò dato un cuore nuovo vi farò abitare di nuovo le vostre città e le vostre rovine saranno ricostruite".

Un mondo sempre meno abitabile è il grande problema che l'uomo deve affrontare oggi. Basta avere occhi, seguire la cronaca di tutti i giorni, per sentire la densità profetica, l'ansia storica delle parole di Ezechiele. C'è dunque nelle parole del profeta il senso del nostro futuro. Il dono dello Spirito (cioè una fede veramente coraggiosa) può dare una risposta a queste urgenze dell'uomo.
Ma, come sempre, affiora la tentazione dell'incredulità. Non è la solita fuga nell'utopia e nel sogno? No, non è una fuga. È piuttosto l'invito a meditare sulla povertà della nostra fede.

Una fede povera non ha il coraggio di prendere Dio in parola. Pensiamo alle parole di Gesù a Nicodemo: nessuno può entrare nel regno di Dio se non nasce dallo Spirito. Dalla carne nasce la carne (cioè, dalla nostra cultura egoistica nasce una società disumana, crudele, violenta), dallo Spirito nasce lo spirito (cfr Gv 3,5-6). Mosaico dello Spirito Santo rappresentato come colombaE i frutti dello Spirito (scrive Paolo in Gal 5,22ss) sono la gioia, la pace, la comprensione, la cordialità, la bontà, la fedeltà e l'amore. E Gesù rimprovera Nicodemo: "Tu sei maestro in Israele e non capisci?". È il rimprovero che meritiamo anche noi. Dopo secoli di vangelo abbiamo paura della parola di Dio, perché è scomoda. Siamo sempre in difesa. Per capire pensiamo all'intuizione teologica che identifica lo Spirito con l'amore: "L'amore di Cristo ci sospinge" (2Cor 5,14).

Di che cosa non ci rende capaci un amore vero? Chi capisce questo capisce il dono dello Spirito. Ma bisogna lasciarsi prendere dall'amore! Un egoista, uno che ha paura di soffrire, che fa ogni calcolo per evitare la sofferenza, non può fare l'esperienza dell'amore e quindi non sarà disponibile all'azione dello Spirito, perché lo Spirito (come l'amore) porta a una attenzione all'altro molto esigente, che ci vuole disponibili al sacrificio.

Noi viviamo in un mondo immobile, dominato dai padroni dell'economia, della finanza, dell'informazione manipolata. Questo mondo è spesso indifferente alle sofferenze provocate dalle ambizioni diffuse. Chi è fedele allo Spirito non si lascia imprigionare da questa logica disumana. Il frutto dello Spirito dovrebbe essere la diversità cristiana, cioè lo stile di vita tracciato dalle "beatitudini". Una diversità non da sbandierare, ma da vivere. Questa è la ragione della nostra speranza, contro il pessimismo di coloro (anche tra i credenti) che pretendono di essere "realisti", di sapere che "il mondo è fatto così" e quindi che "non c'è nulla da fare".

Il fatalismo ferma la storia. Perché vinca la speranza ci vogliono uomini coraggiosi che si affidano alla logica del vangelo, anche quando la coerenza li pone di fronte alla sofferenza. Lasciatemi ripetere: chi si difende dalla sofferenza del mondo non sa amare, e quindi non sa affidarsi alla forza rinnovatrice dello Spirito.
Chiediamo di saper amare, e quindi di essere disponibili e coraggiosi, pronti a pagare con i nostri sacrifici il mondo che il Signore ci offre e ci chiede e che risponde anche alle nostre aspirazioni più profonde.

Piero Buschini

 

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