La sindrome del biancofoglio

Publish date 15-08-2012

by Mauro Tabasso

di Mauro Tabasso - Non vi capita mai, ascoltando un pezzo geniale, di chiedervi come nasce “l’ispirazione”? Il nostro Compositore in questo articolo solleva un velo sul mistero…

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Proprio in questi giorni mi è tornato in mano un vecchio numero di una rivista piuttosto diffusa tra i musicofili.
C’era un articolo che parlava di Igor’ Fëdorovič Stravinskij, grande compositore nato nel 1882 e morto nel 1971, russo di nascita ma naturalizzato prima francese, poi statunitense. Narrava un gustosissimo aneddoto che vi riassumo.
Quando il nostro si stabilì negli Stati Uniti, ricevette dopo pochi giorni una lettera di tale George Gershwin (ho bisogno di ricordarvi chi è ? Ditemi di no, vi prego…).


Il grande compositore americano scriveva al russo: “Gentile Maestro, mi onora moltissimo essere diventato suo compatriota, ho sempre seguito il suo lavoro e la sua immensa carriera artistica” ecc., ecc., “Volevo chiederLe rispettosamente se poteva darmi qualche lezione”.
Il russo rispondeva: “Caro Signore, volevo farle una domanda forse un po’ personale… Ma lei quanto guadagna?”. Replicava l’altro: “Beh, non saprei… Direi tra i 150 e i 200 mila dollari l’anno…”. Risposta: “Posso venire io a lezione da Lei?”. Fantastica, non trovate anche voi?

Ma perché ho deciso di parlarvi di Stravinskij ? Perché quest’uomo era un genio, e non solo musicalmente. Di aneddoti su di lui gli storici ne possono raccontare tanti, ma alla fine è il suo lavoro e il suo modo di lavorare che dicono tutto. Da persona che scrive musica, mi sono trovato spesso di fronte al dilemma del foglio bianco, sindrome che colpisce non solo chi scrive musica ma in generale chi scrive e basta. Per superare l’empasse qualcuno attende l’ispirazione, qualcun altro la invoca, altri partono per viaggi reali o immaginari a cercare se stessi, altri si chiudono in conclave… Ognuno ha un po’ il suo metodo.

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Il mitico Igor ne aveva uno originalissimo e secondo me attualissimo
. Lui sosteneva di recarsi a scrivere musica con la stessa metodicità e ripetitività che mette un impiegato per andare in ufficio. In ditta, in fabbrica, al lavoro (per i fortunati che ce l’hanno…) ci si va tutti i giorni, e alla sera bisogna aver prodotto qualcosa, tanto o poco, ma come minimo quel tanto che basta a conservare il lavoro stesso. Così pare scrivesse musica quel grande genio del ‘900, dalle alle, sforzandosi di fare ogni giorno quel certo numero di ore, quasi come se il bisogno primario, la pagnotta, fosse la sua motivazione più importante se non l’unica, benché né lui né la sua famiglia fossero mai stati indigenti, anzi...

Scrivere tutti i giorni, così come ascoltare, è una pratica che crea il mestiere, l’abitudine dell’artigiano che, a volte meccanicamente, ripete gesti che nascono dall’esperienza, dalla perizia, dalla profonda conoscenza della sua arte, qualunque essa sia. Preparare una salsa, battere una lastra o inanellare note su un pentagramma sono pratiche che  possono avere in comune una cosa essenziale: la passione, e una passione non può dirsi tale se non viene coltivata e modellata dalla costanza, virtù che molti grandi geni hanno imparato a venerare. Poi per qualcuno (forse pochi…) come il fortunato Gershwin la passione si trasforma anche in qualcosa di redditizio, e molto… Che dire… Beato lui. Ma anche beato me quando riesco a gioire e a godere per il risultato del mio lavoro.

Alla fine, non so perché vi ho parlato di quest’uomo di San Pietroburgo. Sarà perché da qualche giorno anch’io mostro pesantemente i sintomi della sindrome del foglio bianco, e non potendo momentaneamente partire per andare a cercare me stesso, non potendo chiudermi in conclave perché la mia famiglia ha bisogno di me, non drogandomi, non fumando, bevendo solo ai pasti e mai della vodka, posso solo invocare l’ispirazione e aspettare che si degni di visitarmi. Rileggendo la storia di quest’uomo ho deciso di aspettarla in ufficio, seduto alla mia scrivania dalle alle, nella speranza che l’idea geniale mi trovi preparato ad obbedirle all’istante come un onesto lavoratore, un bravo artigiano pronto a trascrivere un dono che gli si materializza nella mente.

Avreste mai pensato che l’ufficio possa diventare fonte di ispirazione ? Mah… Beata Russia (e poi Francia e poi America)…

 

 

 
 

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