La non-violenza tecnologica

Publish date 20-12-2011

by Giorgio Ceragioli

di Giorgio Ceragioli - L'ideale di Gandhi è in sintonia con il progresso tecnologico di oggi. Un articolo che vuole lasciare una proposta e la proposta è contenuta in buona parte nel titolo. In un mondo profondamente tecnologizzato, riproponiamo delle riflessioni sulla tecnologia abbinata alla speranza. Una rubrica di Progetto scritta trent’anni fa da Ceragioli, ingegnere e tecnologo che ha messo il suo sapere e le sue competenze a servizio dello sviluppo economico e sociale delle persone e dei Paesi più poveri. Per chi la tecnologia, per che cosa? Non solo per il piacere del nuovo, ma per sostenere la vita e dare speranza.

C'è una cultura corrente che tende a collegare tecnologia (e scienza) con la violenza: la sua bandiera è la bomba atomica, i defoglianti, la bomba N... La tesi che qui si avanza è invece che la tecnologia è strumento preferenziale della non-violenza. Non è tesi puramente polemica, anche se tende a rompere uno dei cordoni ombelicali che spesso trattengono la non violenza dallo sviluppare le proprie potenzialità in modo coerente con il mondo di oggi e di domani: quello fra non violenza e rifiuto della scienza. Questo collegamento è spesso imputato a Gandhi, Vinoba, ai grandi della non-violenza, compiendo un non indifferente errore di valutazione storica. È vero che Gandhi, Vinosa… erano per l'industria di villaggio, andavano in giro col filatoio a mano, ma è anche vero che non erano contro l'energia atomica. Sarebbe come dire che il Cristo era favorevole all'occupazione romana della Palestina perché ha detto “Date a Cesare quel che è di Cesare”.
Voglio dire che la situazione storica di Gandhi e di altri esponenti della non violenza li ha portati ad atteggiamenti considerati “retrivi” (e che invece erano atteggiamenti tendenzialmente “appropriati” alle situazioni in cui si muovevano) non per un'errata posizione antiscientifica, ma perché, in quelle situazioni, l'uso acritico della scienza era un errore ed era meglio per il bene del popolo puntare sulle tecnologie tradizionali. Ma la proposta di quest'articolo cerca di andare oltre lo scindere non violenza da “antitecnologia”; cerca di collegare non-violenza e tecnologia. Quali le caratteristiche fondamentali della non violenza? Se rileggiamo il “Dizionario della non violenza” pubblicato sui numeri di Progetto del primo anno, le possiamo sintetizzare nelle seguenti:
1. rispetto dell'uomo, di ogni uomo e delle sue potenzialità
2. benessere (non consumistico) per tutti
3. potere suddiviso
4. partecipazione e responsabilizzazione di tutti
5. autogestione
6. decentramento
7. convincimento e non sopraffazione.
Esaminiamoli collegandoli con la tecnologia.

1. La tecnologia fornisce strumenti per concretizzare il rispetto che dobbiamo a ogni uomo: gli arti meccanici per gli invalidi, le operazioni prenatali per evitare deformazioni, le nozioni che mette a disposizione per approfondire la conoscenza del mondo e di se stesso ne sono degli esempi. L'uomo può fare cose buone; ha, anzi, il dovere di impegnarsi in esse e la tecnologia è uno strumento che può aiutarlo in questo compito: l'espansione della coscienza, della vita, della verità hanno, se già non l'hanno avuto, nella tecnologia un forte alleato.
2. Il benessere non consumistico come obiettivo da raggiungere ha portato Gandhi a fondare il movimento Sarvodaya (movimento per il benessere di tutti) e la tecnologia è lo strumento fondamentale che l'uomo ha per dar da mangiare a 10-15 miliardi di uomini. Oggi, agli inizi degli anni ’80, sono gli agricoltori USA (il 4% della popolazione di quello stato) che assicurano le riserve di grano mondiale, potendolo vendere a Russia, Cina e Terzo Mondo: e lo possono fare perché usano tecnologia avanzata. Domani potranno essere gli oceani o altro che potranno essere trasformati, dalla tecnologia, in fattorie per l'uomo, per ogni uomo, se lo si vorrà.
3. Potere suddiviso. È proprio solo lo sviluppo della tecnologia che suddivide il potere, e due esempi - la guerra e l'informazione - lo possono chiarire. Fra gli uomini delle caverne erano potenti solo i forti: le clave hanno ridimensionato la loro forza e gli archi con le frecce l'hanno quasi vanificata. È drammatico dirlo, ma oggi è la dispersione delle conoscenze e delle tecnologie atomiche che mette in crisi le superpotenze perché suddivide il potere. Ed è la possibilità di accedere alle banche di dati che rende più omogeneo il potere nel mondo. Le grandi masse sovietiche della rivoluzione d'ottobre, i piccoli gruppi terroristici, i rivoluzionari sud-americani hanno usato e usano la tecnologia per contrastare gli zar o le armate nemiche, le multinazionali e i governi pur voluti e sorretti da consenso popolare. Più la tecnologia sarà a portata di tutti più il potere sarà suddiviso: e la storia del secolo XIX e XX lo dimostra malgrado le multinazionali e il pulsante atomico in mano a Reagan e Breznev.
4. Perché la partecipazione non sia un mito bisogna che ogni uomo sia in grado di conoscere i problemi, di valutarli, di capire le conseguenze delle sue decisioni. L'era della tecnologia informatica, dei calcolatori, sta dando alla gente queste reali possibilità come mai prima aveva avuto.
5. Autogestione. È la tecnologia post-industriale che rende possibile l'autogestione, il controllo del proprio ambiente, la liberazione da molte schiavitù industriali. Le serre per coltivare anche d'inverno, i collettori solari, gli elementi a ciclo biodegradabile, le tv a circuito chiuso, i microprocessori sono esempi di strumenti per l'autogestione.
6. Decentramento. È la fame, la difficoltà di vivere isolati, la solitudine, la voglia di conoscere ed usare le cose che gli altri conoscono ed usano che ha portato da sempre alle grandi concentrazioni urbane. Ed è la tecnologia che ha dato e dà gli strumenti per ritornare alle campagne, alle montagne, per rivivere su tutta la terra. La radio che permette di essere in contatto con il mondo e con il medico potrà essere rinforzata da un video e da un computer. La tv rompe l'isolamento culturale come l'elicottero può rompere quello fisico. La sicurezza di ciascuno e di tutti può essere garantita con sofisticati mezzi tecnologici. Gli strumenti dell'autogestione (anche dell'agricoltura, della medicina, dell'edilizia) sono gli strumenti per il decentramento sia fisico che del potere; per la rivalutazione delle culture locali; per spezzare la concentrazione del potere che la concentrazione fisica può aggravare; per formare quelle piccole comunità e nazioni di cui parla Schumacher, in cui il contatto fra le persone sia reale ma sostenuto dall'essere coscienti di partecipare a un mondo. Decentramento di potere favorito dal decentramento fisico: e l'uno e l'altro favoriti dalla tecnologia.
7. Convincimento e non sopraffazione. Quando l'uomo tende a sopraffare? Spesso per paura, per difendersi, per evitare il peggio. La tecnologia dà gli strumenti per contenere la violenza e la sopraffazione e per tentare di convincere. L'informazione per tutti è lo strumento principe se si ha la volontà di essere non violenti. La possibilità di conoscere, di discutere, senza la paura di essere sopraffatti fisicamente e culturalmente, è la condizione indispensabile per un'umanità del dialogo. Tutto ciò è ovvio a due condizioni: di non usare malamente la tecnologia e di volere la non violenza. È chiaro che, altrimenti, tutto il discorso cade anche se non cade la possibilità della “non violenza tecnologica”. Con la tecnologia si può fare la bomba atomica o le centrali di pace che diano energia alle enormi città indiane o la distribuiscano in milioni di villaggi. Se si vuole, si può anche fare questa seconda scelta. E, comunque, chiedere all'uomo di rinunciare alla tecnologia e alla scienza è mancare di rispetto ad ogni uomo, all'umanità intiera, al suo compito di “lavorare la terra”, di “crescere e moltiplicarsi”, di lodare il Signore nella verità e nella conoscenza. Se la realtà è questa, perché non usarla a favore dell'uomo? L'unione di non violenza e di tecnologia può essere uno strumento adatto a superare le contraddizioni di sempre fra homo sapiens e homo faber, può essere una proposta incisiva per una società proiettata al futuro, nel rispetto dell'uomo, di ogni uomo.

dalla rubrica di Progetto 1981 LA SPERANZA TECNOLOGICA (9/10)

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