I nuovi santuari delle famiglie

Publish date 14-08-2012

by Gian Mario Ricciardi

di Gian Mario Ricciardi - I centri commerciali non sono più solo luoghi di consumo, ma anche di aggregazione. Le nuove piazze stanno lì tra il centro e la periferia, lungo il Po, l’Arno, il Tevere o il Lambro. Nati come funghi nell’era del consumismo insopportabile e sfacciato, cresciuti in armonia e finezza, ora outlet, ora grandi centri commerciali e basta, ma sempre con le loro luci accese giorno e notte politi di fatali attrazioni. Un paese ci vuole, scriveva Cesare Pavese mentre sulla littorina per Torino tagliava dolcemente le colline di Langa e Roero. Ma da allora è cambiato il mondo.

I paesi sono in crisi, le chiese semivuote, le sedi dei partiti deserte, le associazioni e il volontariato in mano solo ai pensionati. I divorzi sono triplicati, la famiglie sfasciate anche. E il resto non c’è. Così, quasi inconsapevolmente, giovani coppie senza più i nonni, donne sole con bimbi al seguito, gruppi che esplorano diverse frontiere della laicità stanno disegnando i nuovi must del moderno, di moda, politicamente corretto, soprattutto democratico.

E i tempi dello shopping diventano in ogni week end la terra promessa della felicità. Sempre meno le logore piazze, le vecchie e nuove chiese, i bar del centro dove da Parma a Palermo si sbriciolavano da secoli gossip e news, ma sempre più gli appuntamenti in famiglia, tra famiglie e con gli amici ma solo negli outlet, i nuovi santuari del secolo. Sono belli, curati, quasi perfetti: con panchine, portici, il paradiso per lasciare i bimbi in buone mani, food slow e veloci, sale giochi e via crescendo in un delirio che trasuda democrazia, che offre l’esclusivo ma non esclude. Macché sabato del villaggio. Non c’è più: cancellato. Meglio queste cittadelle consacrate che assomigliano molto all’agorà dove c’era tutto, dal tempio al mercato, ma qui l’angolo della preghiera è stato sostituito dalle macchinette dello sconto. I pellegrini arrivano soprattutto la domenica e ci stanno tutto il giorno: c’è tempo per la spesa, per il parrucchiere, per la pizza, per i giochi.

E anche perché no, per incontrare gente, lasciando così i valori nei vecchi cortili, per sempre. Nella folla che s’aggira ci sono credenti tiepidini che uniscono l’utile al dilettevole e lasciano per strada i valori di una volta: stare insieme, pregare, parlare, giocare con i figli. Qui è tutto così perfetto, ma metallico, senz’anima. Si vive in un non-luogo zeppo di attrazioni, di occasioni, di sollecitazioni. I minuti e le ore volano, ma dentro resta poco o nulla. A volte sembra d’assistere ad rito laico della indulgenza collettiva. Tutti a cercare, tutti a sorridere (spesso per reazione glamour o isterica) per poi tornare a casa molto meno ricchi, anzi spesso aridi, dentro. E la Chiesa che fa? Andrà nelle acropoli dello sconto o ne resterà fuori come è successo per discoteche e disco music con i risultati che sono davanti agli occhi di tutti? Forse ci andrà perché è giunto il tempo di ricominciare: certo dalle visite nelle famiglie, agli ammalati invece sempre più soli, nelle frazioni e nei borghi, nei giardini a parlare con i ragazzi, nei campi sportivi, negli oratori, nelle case dei giovani sempre più deserte, evitate, chiuse. È l’unica strada per evitare che tutto diventi solo e soltanto consumismo, leggerezza insopportabile dell’essere. C’è chi ci va per la gita della domenica, chi per portare i bambini (manco fossero i fori imperiali di Roma. Ma c’è anche chi ci va per passare una giornata diversa, per riempire il vuoto del tempo libero tra porchetta e salumi.

Sono mille le ragioni che trasformano un gesto comune in un rito di massa. Scopriamole prima che sia troppo tardi, prima che le piazze dei paesi si svuotino sempre di più, le periferie diventino paesaggi lunari. Le nuove Mecca del desiderio, le moderne Medina dei sogni sono un valore aggiunto della vita e del Paese, degli amici e delle famiglie, guai se dovessero sostituirsi alla memoria, alla storia, al mondo di appena ieri. Purtroppo ci troveremmo con giorni e passioni, fame e consumi, giochi e noia, acquisti e sconti ammassati tra uno svincolo autostradale e l’altro, vicino agli aeroporti, nelle aree industriali. Ma una volta, noi tutti, non abbiamo sognato invece la città del sole. Che malinconia.

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