HAITI: diritto a non essere inutili

Publish date 31-08-2009

by Simone Bernardi


Padre Antonio, camilliano, missionario ad Haiti, attualmente in Italia, ha vissuto in diretta la tragedia che ha coinvolto la gente di questo Paese. Lo abbiamo incontrato per rivolgergli alcune domande.

... a cura di Simone Bernardi


Nei primi mesi di quest'anno scontri a fuoco e linciaggi hanno reso sempre più difficile la vita degli haitiani, già segnata da una grave povertà…
 La percezione di quello che poteva succedere si era avuta già un anno fa quando il valore della moneta si è praticamente dimezzato, rendendo la gente, che non aveva già niente, ancora più misera. Jean Bertrand Aristide (allora presidente del Paese) poi non ha dato voce all'opposizione, che già dopo le elezioni del 2000 lo accusava di essere stato eletto attraverso irregolarità, e in questi tre anni la situazione non è stata tranquilla. La richiesta di nuove elezioni proveniente da tanti parti non è stata accolta, per cui la Comunità Europea, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale hanno bloccato gli aiuti. Quando era stato eletto aveva fatto molte promesse sperando in questi aiuti, ma senza di essi il Paese non poteva tirare avanti. Si è creata una situazione molto critica di vita o di morte, la gente si è ribellata. Dallo scorso novembre sono iniziate delle manifestazioni di protesta, all'inizio abbastanza pacifiche.
L'opposizione politica non voleva spargimento di sangue e violenza, ma alle manifestazioni pacifiche si sono via via aggregati prima ex militari che erano già a Santo Domingo e aspettavano il momento opportuno per intervenire, poi bande di criminali e gente che non aveva niente più da perdere, che hanno approfittato della situazione per far violenza, per saccheggiare e rubare, per vendette trasversali.
Ci sono stati molti morti. Gente buttata in mare, gente bruciata e tante altre crudeltà. Le violenze tra quelli che difendevano Aristide e oppositori sono state molto più atroci e numerose di quelle riportate dai mass media: è quasi impossibile sapere il numero esatto delle vittime…
Gli Usa rivestono un ruolo importante in quest'area caraibica?
All'inizio del suo primo mandato nel 1990, durato un anno, Aristide aveva cominciato a fare cose buone, poi è stato deposto da un golpe militare e si è rifugiato a Washington. Nel 1994 ero ad Haiti quando con un intervento militare gli americani hanno reinsediato Aristide alla presidenza, per completare il mandato avuto nel 1990. E' stato accolto come il padre della patria, come un liberatore: la gente lo amava, in tutti gli uffici pubblici c'erano sue effigi. Non potendo, per la costituzione, avere due mandati consecutivi, si ripresentò nel 2000. La situazione è presto degenerata: non potendo mantenere le promesse fatte per mancanza di fondi, c'è stato lo scollamento tra lui e buona parte della gente.
Gli americani giocano un ruolo importante nella situazione del Paese… avevano riportato il presidente eletto dal popolo ed hanno stabilito la democrazia. Ma ora questo presidente non rispondeva più ai loro criteri e l'hanno invitato a dimettersi. Ora sono tornati i marines, all'inizio per difendere l'ambasciata americana, poi per evitare un bagno di sangue. Ad Haiti non ci sono interessi, non c'è niente da portare via, non c'è petrolio, non ci sono materie prime, quindi il problema degli americani è che Haiti non diventi un'altra Cuba e che gli haitiani restino ad Haiti, non vadano in Florida. Un giovane haitiano infatti aspira unicamente a fuggire dal Paese per emigrare negli Stati Uniti...
A Santo Domingo è già molto diverso. Com'è possibile?
Santo Domingo è un altro mondo. Se varcate la frontiera tra Santo Domingo ed Haiti, vedete strade asfaltate, case povere ma dignitose… è la stessa isola ma c'è un abisso!
Ad Haiti c'è una piccola pianura in cui si coltivano canna da zucchero e mais, risorse neppure sufficienti per il fabbisogno interno. Ci potrebbe essere il turismo, ma è inesistente perché mancano strade, alberghi ed infrastrutture. E' un Paese che non ha assolutamente risorse. Avrebbe il pesce, ma non essendoci la luce elettrica non si può refrigerare, l'unico è quello conservato sotto sale o essiccato.
Qual è il ruolo della Chiesa?
La Chiesa nella situazione contingente è intervenuta per esortare a smettere con la violenza, ma già a novembre aveva invitato le autorità ad indire nuove elezioni, poi è rimasta un po' a guardare. Non ci sono alternative: la Chiesa non può dire "questo presidente non difende i diritti umani ma ne abbiamo un altro che lo fa", bisogna scegliere il meno peggio per difendere questa gente perché possa vivere ed avere un futuro. I religiosi si stanno impegnando moltissimo, sia a livello sanitario, sia a livello di educazione, sia a livello di assistenza. Tutte le opere più importanti sono sostenute da religiosi. Ci sono religiosi del Canada che hanno parecchie scuole, così i Salesiani, ci sono diversi orfanotrofi…
Voi Camilliani in quanti siete e come operate?
In totale siamo in sette, quattro religiosi e tre suore.
Siamo arrivati nel Paese nel settembre del '95. Dapprima siamo stati ospitati in una casa, poi dalle suore, dopo un anno abbiamo trovato un terreno e nel '97 abbiamo iniziato la costruzione dell'ospedale. Prima il poliambulatorio, poi l'ospedale, poi la chiesa, poi il seminario. Adesso il centro nutrizionale…
In uno dei giorni della rivolta, uomini armati sono entrati con una camionetta nella missione e hanno puntato una mitraglietta contro un nostro religioso, poi se ne sono andati, per ora ci hanno lasciati in pace. Noi abbiamo lì dentro 100 bambini ammalati, sarebbe stata una tragedia…
Il problema è sempre la mancanza di tutto: ad esempio, se manca il gasolio non vanno i generatori e non funzionano le fogne e si blocca tutto l'ospedale. Stiamo studiando delle cose meccaniche o a mano… viaggiamo con i generatori. Abbiamo studiati i pannelli fotovoltaici ma per il momento non abbiamo potuto installarli.
In otto anni di permanenza abbiamo capito che bisogna vivere momento per momento, non si può pensare a progetti e programmi. Si fa giorno per giorno quello che è possibile fare in un Paese in cui è difficilissimo fare e gestire l'ordinario, quelle che per noi in occidente sono banalità.
a cura di Simone Bernardi
da "Nuovo Progetto" Aprile 2004





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