Cuori e protocollo

Publish date 11-08-2012

by Mauro Tabasso

di Mauro Tabasso - La mia prima volta a Montecitorio. (Da NP - febbraio 2011)


Mentre scrivo febbraio è già iniziato… Sono appena tornato da Roma dove ieri, insieme a molti amici, sono stato a Montecitorio per l’evento Condividiamo il pane quotidiano organizzato dal Sermig. È stata, per me, veramente un’esperienza particolare, molto, molto faticosa, ma sicuramente unica. Come sempre, con gli amici, ci siamo divisi i compiti. Pane quotidiano
Luca ha fatto il booking, Daniele si è occupato della parte tecnica, Simone della logistica, Gotico dei video, Giancarlo e Laura di scarrozzarci per Roma, Adriano e Alessandra di ospitarci, Marco e Serena di cantare e io… Diciamo che mi sono occupato di far funzionare la musica.
Eravamo là già dal giorno prima, ma solo la mattina del 31 abbiamo avuto accesso al Palazzo di Montecitorio.
Entrare lì dentro non è una cosa semplice come sembra. Devi essere accreditato, cioè qualcuno deve autorizzare il tuo ingresso, devi superare i controlli di sicurezza, poi ti trovi catapultato in un altro mondo. Un edificio enorme, bellissimo, ricchissimo di ogni sorta di opera d’arte che ha ospitato momenti importanti della nostra storia recente. Scalinate e pavimenti maestosi di marmo bianco e colorato, ornati ai lati da cordoni rossi con fronde dorate, tappeti, arazzi e… un esercito di uomini e donne in uniforme che ti accompagna, ti guida tra i corridoi.
Sono gli addetti al cerimoniale, un rigido cerimoniale. Si può accedere ai locali assegnati e nulla di più. Se devi spostarti, devi domandare a uno degli inservienti in uniforme (ce n’è uno ad ogni angolo) e farti accompagnare, se possibile.
Dopo la prima mezz’ora mi stavo già chiedendo cosa ero andato a fare lì dentro… Per i corridoi è permesso aggirarsi solo se si indossa la giacca. Se fai il cantante e sei venuto a cantare non puoi spostarti con la classica bottiglia d’acqua in mano. Vieni ripreso e invitato a rientrare nelle sale alle quali sei stato ammesso. Viene invocato il decoro… (Era solo acqua, dico io… ma comunque…). Ernesto, nel nostro ormai più che decennale sodalizio artistico, mi ha portato dappertutto. Dalle prigioni ai teatri più belli. Perciò queste cose non mi spaventano né mi intimidiscono. Solo… Continuavo a chiedermi che c’ero andato a fare lì dentro.
Alcuni di noi (io tra loro, in qualità di Maestro Tabasso, va là…) vengono ricevuti nel salotto privato del Presidente della Camera, che ci saluta cordialmente e si accomoda con noi per fare due chiacchiere da buon ospite. Poi arrivano alcuni camerieri in livrea color panna, bordata da cordoni dorati, guanti bianchi e pantaloni/gonne blu che si avvicinano con discrezione domandandoci sussurrando se gradiamo del caffè, tè, bibite o altro e ci servono in silenzio, evitando addirittura di far tintinnare le stoviglie. Io quasi mi diverto… Insomma, un’esperienza simile ancora mi mancava, ma continuo a chiedermi che ci sto a fare lì.
Poi l’incontro inizia, e all’improvviso capisco cosa devo fare, mi è tutto chiaro. Mauro Tabasso
Devo dirigere il nostro coro che unito alla Corale Marietta Alboni di Città di Castello accompagnerà niente meno che Andrea Bocelli nell’esecuzione di Panis Angelicus, di C. Frank. Questo lo so già, ma non è solo questo, devo fare molto, molto di più. All’improvviso mi è chiaro che la musica, i video, le nostre stesse persone, il nostro atteggiamento, hanno lo scopo e la funzione di portare un po’ di sanissima umanità in quel luogo così ricco ma allo stesso tempo così povero di… emozioni!!!
Ecco cosa sono venuto a fare: a tentare di suscitare emozioni. L’ansia mi prende, la fifa mi fa tremare le mani e le gambe, la lingua mi si asciuga. Non avevo afferrato che anche il mio compito fosse così importante, che la mia responsabilità fosse così grande. Pensavo quasi di essere in gita. Poi inizia l’evento.
Andrea Bocelli ci fa dono della sua presenza, canta con noi con la sua voce dal timbro così magico. Dopo di lui cantano il nostro Marco e Nair, che mi emozionano.
Mentre suoniamo e cantiamo guardo i politici presenti, i segretari, gli assistenti, gli uomini in uniforme, i giornalisti… Ecco, cambiano faccia, per un istante abbassano la guardia… ricambiano il mio sguardo, i volti distesi quasi a volerci comunicare il loro apprezzamento vero, sincero.
Non immaginavo che un ambiente così ricco potesse essere allo stesso tempo così povero e potesse avere così bisogno di un po’ di sanissima… commozione.


DIAPASON – Rubrica di Nuovo Progetto

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