Chiamati a costruire la “Civiltà dell’amore” (1/5)

Publish date 15-11-2011

by Bartolomeo Sorge


Padre Bartolomeo Sorge ha concluso i “Martedì del Dialogo” organizzati dall’Università del Dialogo del Sermig con un intervento articolato e ricco di spunti. Pubblichiamo il testo integrale in cinque puntate.


PANORAMICA SULLA CRISI DI OGGI

La risposta dei cristiani alla dilagante crisi culturale, politica e sociale è la costruzione della civiltà dell’amore, per realizzare una democrazia partecipativa matura.

di Bartolomeo Sorge S.I.

 

Il terrorismo islamico insanguina il mondo in nome di Dio; gli Stati Uniti teorizzano e praticano la «guerra preventiva»; l’umanità sembra avviata verso un terribile scontro tra civiltà; esplodono forti tensioni sociali nelle nostre città in seguito ai crescenti flussi migratori; le intelligenze e le coscienze sono disorientate dal relativismo morale e dall’ateismo pratico; il «pensiero unico», oggi dominante, spinge a un individualismo e a un egoismo esasperati.
In un simile contesto culturale e sociale, ci voleva tutto il coraggio profetico di Benedetto XVI per ricordare alla Chiesa il dovere di continuare ad annunziare che Dio è amore e che la pace solo si può fondare sulla giustizia e sulla carità: «In un mondo in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta o perfino il dovere dell’odio e della violenza – scrive il Papa –, questo è un messaggio di grande attualità e di significato molto concreto. Per questo nella mia prima Enciclica desidero parlare dell’amore, del quale Dio ci ricolma e che da noi deve essere comunicato agli altri» (Deus caritas est [2005], n.1).
Dopo il Concilio Vaticano II, Paolo VI fu il primo a insistere sulla necessità di nuova civiltà dell’amore, in cui la giustizia fosse integrata e sublimata dalla carità: «se al di là delle norme giuridiche manca un senso più profondo del rispetto e del servizio altrui, anche l’uguaglianza davanti alla legge potrà servire da alibi a evidenti discriminazioni, a sfruttamenti continuati, a disprezzi effettivi» (Octogesima adveniens [1971], n. 23). Ciò — proseguiva Papa Montini — è confermato dalle contraddizioni spesso drammatiche del mondo moderno: «I rapporti di forza, infatti, non hanno mai garantito la giustizia in modo durevole e vero […]. L’uso della forza provoca l’intervento di forze contrarie, donde un clima di lotte che sfociano in situazioni estreme di violenza e in abusi» (ivi, n. 43). Deve essere prioritario perciò l’impegno per una civiltà dell’amore.
Giovanni Paolo II sviluppa l’insegnamento di Paolo VI: «Una domanda interpella la nostra responsabilità: quale civiltà si imporrà nel futuro del pianeta? Dipende infatti da noi se sarà la civiltà dell’amore, come amava chiamarla Paolo VI, oppure la civiltà — che più giustamente si dovrebbe chiamare “inciviltà” — dell’individualismo, dell’utilitarismo, degli interessi contrapposti, dei nazionalismi esasperati, degli egoismi eretti a sistema»; e conclude: «La Chiesa sente il bisogno di invitare quanti hanno veramente a cuore le sorti dell’uomo e della civiltà a mettere insieme le proprie risorse e il proprio impegno, per la costruzione della Civiltà dell’amore» (Angelus, 13 febbraio 1994).

Papa Woityla aveva già affrontato il tema nell’enciclica Dives in misericordia [1980]: «L’esperienza del passato e del nostro tempo dimostra che la giustizia da sola non basta e che, anzi, può condurre alla negazione e all’annientamento di se stessa, se non si consente a quella forza più profonda, che è l’amore, di plasmare la vita umana nelle sue varie dimensioni» (n. 12). La giustizia — concludeva — dice «compensazione», ma solo l’amore e il perdono fanno sì che la compensazione sia «degna dell’uomo» (cfr ivi, n. 149).

Benedetto XVI, nell’enciclica Deus caritas est, va oltre. Papa Wojtyla aveva insistito sul fatto che Dio agisce sempre per amore; Papa Ratzinger sposta l’accento dall’«agire» all’«essere» stesso di Dio: Dio agisce sempre per amore, perché è amore. Così, dopo aver distinto l’agàpe dall’eros (cioè l’amore primo, totalmente gratuito e disinteressato, dall’amore secondo, che non esclude la propria soddisfazione), mostra che in Dio l’amore è un’unica realtà, eros e agàpe si integrano: allo stesso modo, amore dell’uomo e amore di Dio, filantropia e carità, ragione e fede, giustizia e perdono sono destinati a incontrarsi e a integrarsi nella civiltà dell’amore.
La crisi è grave. Il fossato tra società civile e istituzioni democratiche si è allargato smisuratamente. Dilaga l’«antipolitica» e la classe politica ormai è indicata con il nome dispregiativo di «casta». È entrata in crisi la «democrazia rappresentativa», quella che ci siamo dati dopo la seconda guerra mondiale e che ha consentito al nostro Paese di diventare una delle prime nazioni del mondo. Che fare per uscire dalle presenti difficoltà? È possibile costruire in Italia una «democrazia partecipativa» matura? È questa la domanda, alla quale cercheremo di dare una risposta, compiendo tre passi:
1) anzitutto occorre rendersi conto della natura e delle dimensioni della grave crisi nella quale ci dibattiamo;
2) in secondo luogo, vedremo qual è il ruolo dei cristiani nella società oggi;
3) infine, specularmente, qual è il ruolo dei fedeli laici nella Chiesa di oggi, alla luce del Concilio Vaticano II.
 

di Bartolomeo Sorge S.I.

 

Vedi le altre puntate di Chiamati a costruire la “Civiltà dell’amore”:
[2]  NATURA E DIMENSIONI DELLA CRISI PRESENTE
[3]  RUOLO DEI FEDELI LAICI NELLA SOCIETÀ (parte prima)
[4]  RUOLO DEI FEDELI LAICI NELLA SOCIETÀ (parte seconda)
[5]  IL RUOLO DEI FEDELI LAICI NELLA CHIESA DI OGGI - È L’ORA DEI LAICI

Di Bartolomeo Sorge vedi anche:
Intelligenza e profezia
I gemiti dell’umanità
 

 

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