Caccia al tesoro

Publish date 15-08-2012

by Mauro Tabasso

Anche nella musica quel tocco di non so che, di magia, fa la differenza.

A ogni mese di settembre parto con la mia bella compilation di buoni propositi: quest’anno devo fare questo, poi quell’altro e se riesco anche quell’altro ancora. Dopo una consueta estate di superlavoro, mi preparo alla meglio, anche fisicamente, al nuovo anno accademico/lavorativo. Compro la mia bella confezione di vitamine, ginseng, pappa reale all’uranio impoverito, quelle robe con nomi del tipo Iper-attentìn, Mega-grappìn, Caffèdellapeppìn, Tagliatelledinonnapìn, ecc. Risultato sempre prossimo a zero. In un attimo arriva dicembre e in poco più di due mesi sono già biscottato come i prodotti del mulino che vorrei, con i suoi gioiosi occupanti (li volete anche voi? Allora mettevi in coda. Li picchio prima io, ma forte).
E poi arriva Natale e ci dicono che dovremmo essere tutti più buoni. Io in genere sono abbastanza buono tutto l’anno, tranne quando non ne ho voglia, ma il buon Babbo Natale di solito mi accontenta, e mi porta quasi sempre il mio bel dono, quello che gli chiedo, sempre lo stesso: la felicità delle persone che amo. Gli domando spesso di fare felici anche le persone che non amo (come gli inq uilini del mulino) o che non conosco, ma si vede che quello è un dono troppo grande, oppure non sono stato abbastanza buono. Ma perché vi parlo di Babbo Natale? Perché mentre scrivo (fine novembre), a casa mia già hanno tirato fuori dalle scatole il bue e l’asinello, l’albero con le palle di vetro e tutto il campionario.
I miei figli hanno già cominciato a guardare dvd come Miracolo nella 34° strada, Santa Clause, ecc. Piacciono anche a me. Bei film, tutti americani. Ed è triste ammetterlo, ma il Natale moderno è un’invenzione loro. Ha cominciato la Coca Cola coi suoi Babbi rossi (prima erano verdi), poi hanno proseguito tutti, cominciando da Hollywood per finire con la discografia. Non c’è star di un certo calibro che non abbia pubblicato almeno una raccolta di Christmas songs. Io ne posseggo molte. Qualcuna è più bella, qualcuna meno, ma quasi tutte hanno in comune una cosa, un ingrediente copiosamente presente anche nei film. Quale? Ma la magia, perbacco! Cos’è la magia?
Quello che fa volare le renne e anche la nostra fantasia, le nostre emozioni; quello ci fa credere alla favola, o che per lo meno la rende credibile. In secoli di musica documentata, si ha l’impressione che tutto sia stato esplorato e sperimentato: dalla musica vocale a quella strumentale (solistica e orchestrale), dalla modalità alla tonalità, e da quest’ultima fino alla tonalità più intransigente e all’avanguardia più stravagante. Insomma tutto. Che senso ha quindi continuare a fare musica? Dando per buona la tesi appena esposta, si opererebbe nella virtuale certezza che quello che stiamo facendo somiglia certamente a qualcos’altro o a più cose insieme, o peggio, li copia.
Ebbene, la magia cambia le cose, fa la differenza tra un compitino e una composizione/esecuzione vibrante, ma è un ingrediente che spesso chi scrive o esegue non è in grado di infondere consapevolmente nella sua performance. È quella parte della musica che ancora sfugge, non capiamo, ma tanto cerchiamo e inseguiamo. Non ha regole (le avremmo già codificate); non ha logica e non è illogica (avremmo già imparato a distillarla). È quella cosa per la quale vale la pena continuare a fare e ascoltare musica, a cercare come un cercatore d’oro setaccia la terra in cerca di una pagliuzza di metallo. E infine è quella cosa di cui il mondo ha tanto, tanto bisogno, specie in momenti come questo. Vi auguro e mi auguro sinceramente buona e fruttuosa ricerca.

 

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