Avanzamento progetto di ricostruzione case e vita per le famiglie Dalit

Publish date 31-08-2009

by Andrea Gotico

Aggiornamento al 10 agosto 2006
Villaggio di Rajanagar (Pudupattinam panchayat)
Partner: DHRC – Dalit Human Rights Centre

L’attività nei mesi centrali del 2005 è stata incessante, per sviluppare in ogni suo aspetto questo impegnativo progetto, sia per la complessità tecnica che per il contesto in cui intende calarsi come elemento nuovo e che segna un importante modello nel lavoro a favore dei Dalits, e nell’impegno stesso dei Dalits per la loro autopromozione.

Un grande sforzo è stato dedicato a svolgere una dettagliata revisione tecnica del progetto in ogni suo aspetto. Col fine di migliorare ancora tutto quanto originariamente individuato in un primo schema, sulla base di altre esperienze di ricostruzione nel frattempo avviate su iniziativa dei Gesuiti (materiali, tecniche, etc.), di ulteriori analisi sull’area interessata, e del lavoro svolto con la gente.
Ciò implicherà un impegno in termini di risorse anche superiore a quanto originariamente previsto, giungendo ad un totale intorno agli Euro 450.000.
Ma pienamente nella logica di realizzare un intervento che possa rappresentare nel suo piccolo un modello significativo, che stimoli in sé la possibilità di venir replicato.

Con la gente di Rajanagar si sono svolti molti incontri; per comprendere, condividere e assieme valutare il lavoro del progetto, e, allo stesso tempo, offrire formazione e motivazione.
La realizzazione del progetto è percepita come un momento importante di auto-promozione dei Dalits. Per cercare prospettive nuove in un ambiente che resta molto problematico per loro, attraverso una iniziativa nuova e autopropulsiva della comunità e delle persone che ne fanno parte. E’ ampliare l’idea stessa di “possibile”, prenderne consapevolezza e coraggio.
Circa la realizzazione, si sono definite in quel periodo alcune situazioni ancora aperte,
dirimenti per l’avvio dei lavori.
La più importante è quella della sufficiente disponibilità di acqua per il consumo umano, nella area dove avverrà la rilocalizzazione delle famiglie. Il sito della ricostruzione si trova ancora nel territorio della amministrazione municipale da cui dipendeva il sito originario; questa ha alfine convenuto di poter realizzare, con una diramazione dalla conduttura che alimenta il villaggio principale, una distribuzione per il nuovo sito, dove sarà resa disponibile con fontane.
A ciò si integrerà, per altri usi, la disponibilità di acqua di falda dai pozzi che verranno scavati.
Sono iniziate quindi le pratiche per l’acquisto degli appezzamenti di terreno, e anche dei primi materiali necessari al lavoro. Importante questo, per proteggersi, per quanto possibile, dalle speculazioni che le iniziative nell’area hanno stimolato tra coloro che sono in condizione di trarne profitto.

Nell’ambito del progetto è stato acquistato un veicolo fuoristrada di cui dotare il DHRC, indispensabile per il suo servizio sul territorio, e anche per il progetto stesso, in sostituzione dell’attuale ormai logoro e fuori uso.

INONDAZIONI E SOCCORSI
Le inondazioni causate dalle piogge torrenziali
che nei mesi autunnali sono cadute con violenza molto superiore all’ordinario su tutta l’India del Sud - le precipitazioni più intense nell’arco degli ultimi 50 anni - hanno costretto a sospendere per un lungo tempo ogni attività sul sito così come il normale lavoro del DHRC per offrire in ogni modo possibile un soccorso estremamente urgente per la sopravvivenza di molti. La sede stessa del DHRC si è trovata per giorni isolata dalle inondazioni nella zona.
Impegnando ogni energia disponibile è stato possibile raggiungere circa 20.000 famiglie vittime delle inondazioni, portando loro riso e indumenti. E’ stato il maggiore aiuto da loro ottenuto, dal momento che è difficile anche in questi casi per i Dalits ottenere in misura equa anche i pochi soccorsi che le autorità recano.

In alcune zone dell’interno, la catastrofe ha prodotto danni anche maggiori di quelli avuti a suo tempo nelle zone colpite dallo Tsunami, sebbene i mezzi di informazione internazionali ne abbiano dato notizia solo sommariamente.
Decine di migliaia di sfollati per lo Tsunami hanno dovuto abbandonare parte dei precari e primitivi campi ‘temporanei’ allestiti per loro un anno fa e dove tuttora si trovano, senza reali prospettive di reinsediamento, in capanne costruite – come sempre quelle dei più poveri - con fango e frasche su di una fragile intelaiatura.
Sono alcune centinaia di migliaia le persone rese senza tetto dalle piogge torrenziali di ottobre-novembre, perdendo anche i loro piccoli ma importanti beni (oggetti di casa, attrezzi agricoli) e le poche scorte di cibo, per chi ne possedeva.
Altrettanti sono gli ettari di terreni agricoli danneggiati, assieme a argini, canali e serbatoi di irrigazione. Di simile entità i danni per vie di comunicazione, strade, ponti, ferrovie…

Nella maggior parte dei distretti i soccorsi offerti alla gente sono stati scarsi e inadeguati. E nuove vittime si sono aggiunte nel tentativo di ottenere i minimi soccorsi alimentari.
Sopravvivere è diventato ancora più difficile, una lotta quotidiana, giorno per giorno.

Buona parte delle famiglie più colpite sono ‘dalits’ (intoccabili, senza casta), che vivono in capanne, e che sovente si trovano nei terreni più bassi, i meno pregiati, a distanza dal nucleo principale dei villaggi.
Anche questa ultima tragedia mette in luce quanto sia importante e necessario per i più miseri poter vivere in una abitazione degna e realizzata adeguatamente.

Una previsione sempre più accurata dell’arrivo delle piogge monsoniche, che giungono nel periodo estivo di grande calura del subcontinente indiano, è vitale per centinaia di milioni di persone che vivono a livelli di sussistenza e dipendono dalle attività agricole. I contadini devono riuscire a cogliere il momento migliore per la semina, per beneficiare della pioggia. Troppo poca pioggia, o troppa, può determinare un esito disastroso.
Altrettanto inadeguate a sostenere un eccesso di precipitazioni sono le infrastrutture tanto delle zone urbane che dei villaggi e delle campagne.

L’impatto del riscaldamento globale della Terra sulla ciclicità monsonica non è tuttora interamente noto. Ma è un fatto che ormai da tempo si manifestano fenomeni sempre più irregolari ed estremi. Il cui impatto distrugge il fragile equilibrio cui la vita di moltitudini di miseri è legata.

ACQUISTATA LA TERRA SI APRE IL CANTIERE
Nei primi mesi dell’anno in corso, il lavoro sul campo è ripreso con impegno.

E’ stato formato a Rajanagar un Comitato di Villaggio, affinché la gente possa cooperare più stabilmente e in maniera organizzata alla realizzazione del progetto. Il Comitato si riunisce con periodicità stabilita, e discute coi rappresentanti del DHRC avanzamenti e programmi di lavoro. Il contenuto delle riunioni si è poi calato negli aspetti tecnici della preparazione del cantiere e costruzione delle case, approfondendoli con l’ingegnere incaricato e lo staff dei supervisori.

Si è completato, dopo molte difficoltà, il lungo processo di acquisto del terreno su cui rilocalizzare il villaggio.
La scelta dell’appezzamento è stata fatta a suo tempo dalla stessa gente del villaggio, in funzione di diversi aspetti:
- si trova ricompreso nello stesso ‘Panchayat’ (comune) in cui si trovava l’insediamento originario; ciò evita che gli abitanti si trovino a dover riformalizzare i propri diritti nei confronti della amministrazione, come quelli di voto, sostegni alimentari e così via – chiaramente dove formalizzarli nuovamente implica un lungo e complicato processo, in cui la loro condizione di debolezza e vulnerabilità gioca a sfavore.
- vi sarà disponibilità di acqua in fontane, attraverso una derivazione di distribuzione della conduttura che alimenta il villaggio principale del Panchayat di Pudupattinam, alla cui messa in opera l’amministrazione si è impegnata.
- la posizione del sito, consente loro la continuazione delle loro precedenti attività, in condizione di sicurezza rispetto a altre catastrofi metereologiche.

Peraltro occorre dire che è stata la sola terra effettivamente disponibile per l’insediamento di queste famiglie, e vi sono già state molte difficoltà nel venire a disporre di quanto ora acquistato. L’acquisto ha riguardato varie parcelle di terreno attualmente agricolo da vari piccoli proprietari, con ciascuno dei quali è stato necessario negoziare. I proprietari sono indù appartenenti a caste e il fatto di venderla per una iniziativa a favore di famiglie Dalit non ha mancato di creare difficoltà. La popolazione stessa è intervenuta per aiutare a sbloccare di volta in volta le situazioni.
In due casi non è stato comunque possibile negoziare coi proprietari, indù di casta elevata. Dopo aver a lungo atteso, col 15 di giugno si è deciso di chiudere l’attività di acquisto del terreno, e procedere ad avviare decisamente il cantiere.

Il progetto originario prevedeva la disponibilità di 10,5 acri di terreno (circa 4,25 ettari); ne è stato possibile acquistare 9 (circa 3,6 ettari).
Ciò non comporterà una diminuzione degli standards realizzativi dal momento che nel frattempo si è anche avuta una riduzione del numero delle famiglie che beneficeranno del progetto, che sono ora 90, tutte famiglie di lavoratori a giornata.
Alcune famiglie hanno infatti scelto di abbandonare il villaggio di origine; alcune per stabilirsi in città, altre verso altri villaggi sperando in migliore lavoro.
I beneficiari, organizzati nel Comitato di Villaggio, prestano tutta la collaborazione possibile ai lavori.
Le prime attività sono state quelle della pulizia del terreno, dopo il raccolto delle precedenti coltivazioni fatto dai vecchi proprietari.

Si è proceduto quindi a opere di livellamento, necessario a evitare dilavamenti nella stagione delle forti precipitazioni, e a definire gli spazi di vie, case, strutture del villaggio.

Il cantiere è innanzitutto per la costruzione delle case (con relative toilettes, separate), e relativa urbanizzazione; inclusa una opportuna piantagione di alberi per migliorare la condizione di insediamento. Immediatamente dopo vi si aggiungerà il centro comunitario. Successivamente eventuali altre strutture a latere.

Per le case si seguirà, come convenuto, un modello che già ha avuto delle recenti esperienze
di costruzione nel distretto di Cuddalore, villaggio di Singharathoppu (iniziativa promossa dal Jesuit Tsunami Service, con pieno riconoscimento delle autorità dello Stato).
Le case saranno quindi solide strutture in muratura con pilastrini in cemento, più ampie (30-35mq) e strutturate in ambienti diversi, con sanitari a breve distanza. Accanto, una superficie di terreno per vita delle persone e piccoli orti familiari, importante nuovo contributo nutrizionale ed economico.
Questa struttura verrà utilizzata anche in una ulteriore iniziativa nell’area, promossa dalla stessa entità; aspetto interessante a sostegno del potenziale di replicabilità del modello abitativo e di insediamento che ci si accinge finalmente a realizzare.

Erogati finora: Euro 300.000

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