Andò vai? Ar cine

Publish date 11-08-2012

by andrea


A che vede? Quo vadis. E che vor dì? Andò vai…

di Mauro Tabasso

 

Erano mesi, anzi anni, che non andavo al cinema. E si vede che io e i miei amici gli mancavamo proprio, perché la scorsa primavera è venuto lui da noi, qui all’Arsenale. Non è la prima volta che queste mura prestano la loro antica architettura industriale a questa nobile arte. Negli anni abbiamo visto passare e lavorare sul set personaggi di un certo spicco nel panorama italiano. Non so, mi ricordo per esempio di Sergio Castellitto, Margherita Buy ed altri. Ma è stata la prima volta per… la musica.

Verso febbraio/marzo di quest’anno siamo infatti stati contattati da una casa di produzione che ha realizzato qui, presso il nostro Laboratorio del Suono, le musiche di due film usciti il mese scorso: Il dolce e l’amaro (di Andrea Porporati - musiche di Ezio Bosso - attualmente nelle sale) e Valzer (di Salvatore Maira - musiche di Nicola Campogrande - presentato al Festival di Venezia). E da buone matricole del settore noi abbiamo accettato la sfida, con una certa dose di entusiasmo e di curiosità mista ad ansia, molta ansia. Il nostro Auditorium si è trasformato in sala di ripresa, per accogliere l’orchestra Filarmonica ‘900 del Teatro Regio di Torino, chiamata ad eseguire una delle partiture. Ora la colonna sonora è un argomento di cui parleremo sicuramente in futuro, ne avremo l’occasione o la troveremo, ma ne approfitto comunque per dire un paio di cosette.

Tanto per cominciare, riprese di questo genere in Italia se ne fanno sempre meno. Primo e principale motivo, perché le orchestre costano. Un turno di registrazione di tre ore con un’orchestra costa mediamente intorno ai 50, 60 euro lordi a persona, a fronte di un minimo di 14 minuti (garantiti) di musica buona (cioè utilizzabile) registrata durante il turno stesso. Moltiplicate per numeri che possono andare da 40-45 elementi (se l’orchestra è da camera) fino a 60-70 (se l’orchestra è sinfonica), aggiungete 30 persone di coro (se serve); calcolate quanto dura la musica (spesso poco meno del film) e quindi quanti sono i turni necessari per compiere il lavoro e avete presto fatto i conti della serva. Sono decine di migliaia di euro, senza contare il compenso del compositore (che varia in relazione al peso del suo nome - da alcune migliaia di euro a centinaia di migliaia per i Premi Oscar, oltre le royalty). registrazionefilm.jpg

Negli ultimi tempi si è trovato più conveniente andare all’estero, di solito in Russia, in Romania o nella Repubblica Ceca, perfino nel Regno Unito, dove le compagini orchestrali di Stato (formate da musicisti coi baffi, preparati spesso molto meglio dei nostri) si prestano a eseguire cose di qualunque tipo, pur di sbarcare il lunario, senza mai porsi il problema se sia o meno conveniente suonare musiche di Ciccio Formaggio piuttosto che di Hänsel & Gretel, o Mahler o Béla Bartók o chi volete voi, né se sia altrettanto conveniente lasciarsi dirigere da Pippo Potamo piuttosto che da Yuri Temirkanov o Zubin Metha. Diciamo che sono orchestre fortissime e con poca puzza sotto il naso, tanto per essere molto espliciti. In secondo luogo, in Italia non ci sono molte strutture adatte (da un punto di vista tecnico) a riprendere dal vivo un ensemble di 70 persone, magari con un coro. Ci sono i teatri. Ma se la produzione del film deve accollarsi per le sole musiche l’affitto del teatro stesso (da migliaia a decine di migliaia di euro al giorno), la prestazione di uno studio mobile con specifiche caratteristiche tecniche (oltre un migliaio di euro al giorno), il compenso oltre che dell’orchestra e del direttore di eventuali solisti (altre migliaia di euro), l’affitto di strumenti come pianoforte, percussioni, sedie, leggii, i pasti e quant’altro (mai compresi nel pacchetto), capirete anche voi perché si va all’estero…

Di questo passo presto anche le musiche saranno fatte in Cina, dove impareranno a imitare a meraviglia il nostro sound e quello altrui. Certo, da un punto di vista produttivo, è ovvio che non c’è assolutamente concorrenza con chi suona o lavora per fame, spesso senza garanzie di nessun genere (vedi appunto Cina, ma in misura minore anche l’est europeo: Polonia, Romania, Repubblica Ceca), tuttavia, se vogliamo rimanere sul mercato, ritengo che sia giunto il momento di cercare e accettare dei compromessi seri e intelligenti oltre che convenienti per tutte le parti in gioco, come stanno opportunamente facendo alcune orchestre non stabili, puntando sulla passione dei singoli, sul dinamismo e sulla buona volontà, oltre che su un buon livello professionale. Poi si potrebbe colonizzare qualcuno dei Paesi di cui sopra (magari la Cina…) con un bel drappello di sindacalisti… Ma questa era la trovata di un comico…

Considerazioni a parte, devo dire che questa dei film è stata per noi neofiti del Laboratorio del Suono un’esperienza incredibilmente interessante e formativa, faticosa ma che è valso la pena fare, e che speriamo di rifare. Devo essere sincero, non ho nessuna intenzione di andare a vedere le pellicole di cui sopra, perché le ho viste quasi per intero scorrere sui monitors durante la registrazione. Ma pensare che tra i titoli di coda ci sia scritto piccolo piccolo, quasi invisibile, Arsenale della Pace, mi fa un certo effetto… Sì, mi commuove, e non certo per orgoglio, vi assicuro. Si tratta piuttosto… di stupore bell’e buono.

di Mauro Tabasso
da Nuovo Progetto novembre 2007

 

 

 

 

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