A te la scelta

Publish date 31-08-2009

by bruno


A conclusione di un anno incentrato sul tema del dialogo, Ernesto Olivero ha intervistato Adriano Sofri.


...Ernesto Olivero


Situazioni di violenza come quelle che si registrano in Iraq, in Africa, in Cecenia ci pongono questa domanda: il dialogo è possibile?
Se vuoi una risposta retorica il dialogo è sempre possibile. Io però mi chiedo: com’è possibile dialogare con persone che non vogliono dialogare? Non è possibile, questa è la risposta. Dopodiché la scelta del dialogo non dipende dal fatto che ci sia l’accordo dell’interlocutore, la scelta del dialogo è fine a se stessa, non è un mezzo, è un fine per chi lo sceglie. Dunque, ci può essere un tentativo di continuare a parlare anche col leone che sta venendo, ruggendo, spalancando le fauci per ingoiarti. Allora, se tu te la senti di fare una scelta di questo genere, non la subordinerai al fatto che di fronte hai qualcuno che sia preventivamente d’accordo di dialogare, però è una cosa molto impegnativa.
Ci sono interlocutori che non vogliono dialogare perché non hanno ancora capito o perché non hanno ancora fatto l’esperienza; ci sono interlocutori che sono armati fino ai denti perché non hanno ancora avuto fiducia nell’eventualità di trovare persone disarmate e disarmanti; ci sono interlocutori che sono armati fino ai denti perché il loro sogno ferreo è di eliminarti. Dunque, a te la scelta. Inoltre il dialogo non è, come l’etimologia troppo stretta fa credere, la conversazione verbale, l’uso di parole scambiate con altre parole. Le modalità convenzionali del dialogo, tipo sediamoci attorno a un tavolo e parliamo, sono molto utili quando si vuole avere qualche appiglio a cui tenersi nel mare mosso delle cose della vita. Se si ha più coraggio di spingersi al largo, bisogna lasciar perdere le frasi fatte e provare a inventare qualcosa di diverso. Il dialogo per essere efficace, significativo, sincero, deve usare altri linguaggi, come quello del corpo, dei gesti, dello spettacolo che per suo merito stesso comunica qualcosa. Penso sia importante accorgersi quando si ha di fronte qualcuno che per sua scelta, oppure per un condizionamento, non è in questo momento capace di dialogo e promette di comportarsi in modo tale da fare molto male non solo a te - che puoi anche scegliere di farti fare del male - ma a persone inermi, a vittime che possono dipendere dal tuo soccorso. Bellissime tutte queste frasi sul dialogo ma con una fortissima riserva. I sequestratori di Beslan, che erano in maggioranza ceceni (non c’era nessun arabo), a mio parere non erano disponibili a nessun dialogo. Avevano di fronte a sé degli interlocutori, i notabili, i capi russi ancora meno disposti al dialogo, quindi l’esito era già segnato. Lì c’erano dei bambini e altre persone minacciate in quel modo e bisognava scegliere che cosa fare, non per sé ma per quelle creature minacciate. Ho l’impressione che un modo di dialogo, l’unico, che naturalmente esigeva coraggio fisico e anche morale fortissimo, sarebbe stato quello di offrirsi non verbalmente ma fisicamente come ostaggi, in cambio degli ostaggi, però nessuno l’ha fatto.
Secondo te, le azioni umanitarie che gli organismi internazionali portano avanti in Iraq come in altri Stati in guerra, riusciranno in futuro ad avviare un dialogo effettivo con il mondo islamico?
Non lo so, è molto difficile che abbiano delle conseguenze. Il mondo di oggi è contemporaneamente unificato, fino a far sì che qualunque informazione e comunicazione sia ripercossa in ogni suo angolo e al tempo stesso frantumato in mondi che si sono reciprocamente sigillati, peggio che tombe con una pietra sopra. Per esempio, gli stessi sequestratori stanno attenti a formulare, in ogni loro videocassetta, frasi capaci di interferire con le vicende politiche, spagnole, italiane, tedesche, americane… Sono impenetrabili a qualunque messaggio inviato dalla madre, dalla moglie, dalla figlia di uno a cui tengono i capelli per la testa pronti a sgozzarlo. Le iniziative che si fanno con buone intenzioni devono accettare a lungo una specie di inefficacia, o per lo meno non devono mettere in conto un’efficacia prevedibile, misurabile. Devono scommettere sull’eventualità di un’efficacia.
Perché in tanti Paesi africani continuano guerre e guerriglie con migliaia, a volte centinaia di migliaia di morti, e nessun Stato occidentale interviene a far cessare le stragi?
Per egoismo, per una specie di tutela della salute mentale di chi sta bene e volta la testa dall’altra parte, poi anche per le difficoltà obiettive di una situazione. In Darfur bisognava, ed era anche un obbligo legale, intervenire con una forza internazionale capace per un verso di condizionare ed intimidire seriamente il governo sudanese, che strumentalizza e usa i Janjaweed, per un altro verso mettere sul campo una forza sufficiente a impedire queste incursioni genocide. Invece non si è fatto niente di tutto questo, neanche campi di accoglienza per queste centinaia di migliaia di profughi, che siano appena decenti. Un disastro, ma così è gran parte del mondo, no?

Come può rinnovarsi l’ONU?
Dovrebbe essere meno vincolata al numero degli Stati che la compongono, che sono in larga parte stati dittatoriali e per un’altra parte potenze che seguono, anche quando sono democratiche, delle loro linee d’interesse geopolitico, economico e così via. Dovrebbe abolire il veto nel Consiglio di Sicurezza, nelle circostanze in cui è evidente la necessità di un intervento proporzionato e legale, quando ci sono violenze così feroci e così vaste che gridano vendetta al cielo. In generale, dovrebbe essere un’altra cosa in un altro mondo.

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