L’amore vince

Publish date 10-10-2011

by grazia

Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino, all’Arsenale della Pace nel giorno di san Francesco patrono d’Italia.

Gradita e attesa la visita di mons. Nosiglia. Non è la prima volta che viene all’Arsenale, ma questa è l’occasione per conoscere più in profondità tutte le attività del Sermig. La celebrazione eucaristica è stata il momento centrale dell’incontro con la Fraternità della Speranza, con i volontari e gli amici. Filo conduttore dell’omelia: la conversione di Francesco nata dall’incontro con il lebbroso. Un atto d’amore che ne suscita altri perché “dall’amore nasce l’amore, continuamente, dall’amore nato nasce ulteriore amore e così via”.


Omelia di mons. Cesare Nosiglia


Restituzione di Ernesto Olivero

Di seguito, la trascrizione di alcuni passaggi tratti dall’omelia:

Questa sera ho potuto visitare l’Arsenale - prosegue l’Arcivescovo che concelebra con alcuni sacerdoti amici del Sermig - e vedendo le diverse realtà mi veniva in mente proprio questa riflessione: dall’amore nasce l’amore, dall’amore nato ne nasce un altro. C’è una cascata d’amore. Questo Arsenale è nato dal cuore così appassionato, così forte di Ernesto, ma poi si è esteso attraverso l’occasionalità delle situazioni. Questo è un segno veramente grande della presenza del Signore in mezzo a noi. Sono contento questa sera di essere qui a celebrare con voi. Ringrazio molto il Signore che mi ha dato la possibilità di essere pastore della Chiesa di Torino per poter avvicinare, partecipare, per essere coinvolto in questo evento di grazia che continuamente si respira qui e che cresce a mio avviso attraverso l’umiltà. Il Sermig non è una realtà che va tutti i giorni sui giornali, è una realtà che si muove nel silenzio, nella mitezza, nella semplicità, come ci insegna Francesco; però è una realtà che incide profondamente nelle persone che vi abitano, nelle persone che qui fanno volontariato, nelle persone che lo incrociano anche solo occasionalmente. Così si costruisce la pace, così si costruisce, si rinnova la Chiesa anzitutto e poi si rinnova la società. 

Un aspetto importante che ci insegna Francesco è proprio questo. Lui ha ricevuto dal Signore un invito preciso: Francesco va e ricostruisci la mia Chiesa. Ai tempi di Francesco la Chiesa era completamente diroccata, non dal punto di vista materiale, perché era ricchissima, ma dal punto di vista spirituale, etico. Non aveva profezia, non aveva più coraggio di applicare veramente il Vangelo, perché era impelagata in un connubio intensissimo con i ricchi, con i potenti. Quando la Chiesa perde il Vangelo, perde l’aggancio alla parola di Dio; quando non si lascia convertire continuamente dal Vangelo, perde la sua funzione di essere e di essere nel mondo. Anche la società di quel tempo era disastrata. C’era una massa enorme di poveri, di miserabili e c’erano nobili e famiglie emergenti che conducevano una vita sfrenata, con i loro divertimenti, con la capacità di gestire le situazioni della vita a loro vantaggio. Sia la società che la Chiesa erano veramente da ricostruire.

Ora, come fa Francesco a ricostruire, cambiare, rinnovare sia il volto della Chiesa di quel tempo, sia il volto della società? Non lo fa attraverso la via della critica severa, quella che punta il dito, non lo fa attraverso la via della contestazione, lo fa partendo dalla sua conversione. Lui ha voluto accogliere Gesù, ha accolto il Vangelo, ha accolto i poveri. Si è investito lui direttamente del rinnovamento. Ha detto: per rinnovare la Chiesa devo rinnovare me stesso. Per rinnovare la società devo cominciare da me, devo cambiare il mio stile di vita, devo cambiare in modo radicale il mio modo di vivere e possedere Cristo in una maniera piena dal punto di vista dell’amore a lui, della preghiera, vivere i Vangelo alla lettera.

Ha rinnovato se stesso in una maniera forte, senza mettersi in contrapposizione con la Chiesa ufficiale, con la società, con i ricchi, con tutte quelle persone che pure avrebbero avuto bisogno di farsi scuotere da un profeta. Eppure tutti sono stati scossi dalla sua forza di testimoniare l’amore, dalla sua capacità di vivere semplicemente il Vangelo nella concretezza della vita di ogni giorno. È sorprendente: una persona che da sola decide di cambiare vita e diventa il volano che cambia l’esistenza, il volto della Chiesa, il volto e l’esistenza della società. Questo è un insegnamento grandissimo per noi. Di fronte alla società e alla Chiesa di oggi, bisogna partire da Francesco: è stato il trascinatore di tanti altri che hanno seguito il suo esempio. Il bene trascina, l’uomo è fatto per il bene, per la verità. Il bene produce frutto, diventa contagioso, semina nel mondo qualcosa di diverso, di alternativo al male, all’ingiustizia, alla violenza, alla non pace.

Questa, credo, è anche l’esperienza del Sermig. Iniziata e cresciuta in questo modo è diventata per grazia di Dio un segno ormai mondiale di qualcosa che Dio ha operato attraverso persone semplici, persone che come San Francesco hanno cercato di indicare, attraverso l’esempio e la testimonianza di ogni giorno, che il bene è più forte, che l’amore vince. Questo è il messaggio fondamentale che siamo chiamati ad accogliere, a vivere e a testimoniare. E così si rinnova la Chiesa, si rinnova la società. In questo senso l’amore a Cristo diviene l’amore alla Chiesa, diviene l’amore anche al mondo, amore alla società per costruirla in una dimensione di pace, di giustizia, di solidarietà.

Dico a te carissimo Ernesto, dico a tutti voi: continuate così, su questa strada di semplicità, di piccolezza evangelica, una cosa grandiosa agli occhi di Dio che diventa grande anche agli occhi degli uomini. Il bene che qui si fa, il messaggio che nasce da questa esperienza non è fatto solo di parole, è fatto di gesti concreti e di Vangelo, di Vangelo vivente. E questo produce frutto per la Chiesa di Torino e per la Chiesa in generale. La Chiesa ha bisogno di voi, ha bisogno di tante realtà come la vostra – ce ne sono per grazia di Dio anche altre – che sappiano scuoterci e ci rendano consapevoli che dobbiamo anzitutto essere profetici nel portare nel mondo una testimonianza concreta, semplice ma incisiva, di un amore che diventa amore: una catena d’amore. Lo stesso vale per la società che ci circonda. Quella di oggi non è molto diversa da quella di Francesco. Lui ha inciso fortemente e anche ora noi possiamo incidere fortemente.

Dio scrive in grande ciò che noi scriviamo in piccolo. E nessuno può resistere alla forza di Dio. È stato detto e scritto negli Atti degli Apostoli: se una realtà viene da Dio non potrà mai essere sconfitta. Credo che il Sermig dimostri in concreto che questa opera viene da Dio. Lui si serve delle persone umili, semplici per costruire qualcosa di importante e di fondamentale per la Chiesa del nostro tempo in particolare e per la società. Io mi auguro che i giovani lo capiscano, ma so che è così. So che molti giovani che sono venuti e vengono qui, anche occasionalmente, escono con questa domanda fondamentale che hanno dentro: ma allora si può veramente credere nel bene, credere nell’amore? Non sono cose astratte, si può credere in questo Gesù che è fonte primaria di questo bene, di questo amore. E’ già una conquista, è un tassello fondamentale per costruire un mondo nuovo. Rendiamo grazie al Signore”.

L’Eucaristia è stata celebrata in memoria dell’amico Guido Mossotto tragicamente scomparso in agosto sul Cervino. Alla moglie Mariella, ai figli Ermanno, Paola e Lorenzo, l’Arcivescovo ha rivolto parole fraterne di conforto: “Ricordiamo questo amico, che da oggi è anche mio amico, chiedendo che vicino a Dio possa sostenere la sua famiglia, dia consolazione, dia speranza e sostenere anche il Sermig che amava. Possa essere per tutti un esempio di come puntare in alto. A volte le situazioni della vita sono tragiche, ma quando si punta in alto si sa che Dio apprezza e accoglie il sacrificio della vita come ha accolto il sacrificio di suo Figlio per donare la pienezza della gioia a colui che lo ha cercato andando sempre più in alto verso di Lui.

 

Ernesto Olivero al momento dell’offertorio prende la parola per motivare il gesto della restituzione, colonna dello stile di vita che anima gli Arsenali: “Da quando siamo nati abbiamo sentito per una esigenza d’amore che ogni volta che ci saremmo incontrati avremmo pregato e poi avremmo fatto la restituzione. Avevamo capito che preghiera e aiuto agli altri dovevano stare insieme. Ma oggi – ed è da un po’ di tempo che lo facciamo – preghiamo anche per altre intenzioni. Perché ognuno di noi che ha detto di sì resti vero per sempre, nonostante gli alti e bassi; la fedeltà rende costante il nostro sì. Un’altra intenzione che ci siamo proposti è di curare meglio la nostra vocazione. Noi vorremmo che in ogni età la vocazione fosse bella, fresca, vera, attraente. Da tempo poi preghiamo per avere mille vocazioni e poi mille ancora. C’è un esercito di affamati e di miseri che ci assedia costantemente. A volte non abbiamo mani, a volte non abbiamo lacrime, a volte non abbiamo il tempo. Eppure siamo impegnati 24 ore su 24.

Perché facciamo la restituzione? Oggi abbiamo distribuito nei nostri Arsenali circa 4.000 pasti; questa notte dormiranno in pace più di 2.000 persone. Più di 2.000 persone oggi hanno potuto fare la doccia nelle nostre accoglienze, perché non hanno una casa. A centinaia di persone abbiamo insegnato il portoghese, l’italiano, l’arabo. Centinaia di bambini disabili, musulmani e cristiani, oggi hanno avuto la possibilità di frequentare la scuola… Oggi. E domani sarà lo stesso, anzi, domani si aggiungerà qualcun altro. Noi non abbiamo soldi, non abbiamo riserve. La ricchezza che abbiamo siamo noi che risparmiamo, siamo noi che coinvolgiamo i nostri amici, siamo noi che non imbrogliamo mai nessuno.

Ogni volta con la restituzione invitiamo ognuno a fare la sua parte. Non diamo mille e mille risposte per metterci in mostra, lo facciamo perché sono tanti quelli che ci chiedono di aiutarli a cambiare vita. È impossibile resistere a certi sguardi, ma noi non ce la facciamo a rispondere a tutti. Ecco perché speriamo che anche voi preghiate perché negli Arsenali arrivino mille e mille vocazioni e poi restino fedeli, restino di Dio. Chi ha trovato Dio, ha trovato tutto, ma questo tutto ogni giorno deve essere rinnovato perché l’abitudine non ci prenda.
La restituzione ci aiuta a dare le risposte giuste a tutte le donne, gli uomini, le bambine e i bambini che Dio ci manda.

 

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