Mossi dallo Spirito: sr. Elvira
Publish date 31-08-2009
La conoscono tutti per nome: suor Elvira. Decisa, forte, dinamica, è la fondatrice della “Comunità Cenacolo”, con centri sparsi in 14 Paesi del mondo. La sua convinzione: per guarire dalla droga la prima medicina è la preghiera.
Suor Elvira Petrozzi ha 70 anni e nel 1983 ha fondato la Comunità Cenacolo in una ex villa settecentesca sulla collina sopra Saluzzo (Cuneo - foto): la “casa madre” di altre 30 (in Italia, Croazia, Bosnia, Francia, Austria, Usa, Santo Domingo, Messico, Brasile, Irlanda) che oggi ospitano centinaia di ragazzi e dalle quali sono passati più di 2000 tossicodipendenti. Il Papa l’ha invitata all’ultimo Sinodo dei Vescovi a testimoniare il miracolo vivo e concreto che l’Eucaristia opera nelle sue case facendo rinascere a vita nuova giovani (e non solo) un tempo persi. |
Nel lavorare con i giovani, lei punta molto sulla spiritualità. Come è nata questa scelta? |
Da un’esperienza concreta, la mia. Anch’io ero una ragazza smarrita, paurosa, timida, anche vergognosa perché mio papà aveva il vizio di bere e quando le mie amiche mi prendevano in giro per questo motivo io mi nascondevo. | La casa madre ai piedi del Monviso |
Tutto ciò di cui mi vergognavo è diventato una grazia, ha fatto sì che io imparassi la misericordia e la pazienza. La dignità non sta nelle cose che hai, la grandezza è dentro di te, non nei vestiti firmati. Quando capisci questo, ti si apre un mondo che non finisce più. Soprattutto quando si è giovani si ha bisogno di spazio, di infinito, di azzurro, di bello. Io l’ho trovato nella preghiera. |
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Quando il Signore è passato ancora una volta vicino a me, e mi ha invitata a dire un secondo sì per i giovani sbandati, sarei stata una ladra a non proporre loro ciò che aveva fatto del bene a me. Li avrei ingannati. La psicologia non basta, perché loro hanno il cuore ferito: ci sono dei misteri profondi nel cuore di ogni uomo. Solo il Signore conosce e ha la medicina per ciascuno di noi. Ho proposto con molta franchezza e convinzione la verità di cui abbiamo bisogno: Dio. Quel Dio che si è lasciato mettere in croce per dire il suo amore per noi. Dio è la nostra forza, è la nostra vita. Per questo ad un certo punto ti accorgi che solo con Lui, per Lui e in Lui puoi amare con sincerità e servire i fratelli fino a dare la vita. O dai la vita o non dai niente. Nei ragazzi che passano di qui vedo veramente dei miracoli. | Comunità Cenacolo in Irlanda |
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È una proposta seria e obbligante, i giovani capiscono che non c’è altra strada. Io non voglio illuderli, non voglio ingannarli, non voglio far loro vivere ancora la menzogna. Già troppo tempo hanno vissuto nella menzogna della droga, dell’alcol, della violenza, della rabbia, della solitudine. Se non diamo Dio si sentono soli. I nostri ragazzi all’inizio della giornata vengono “partoriti”, così dico io, dalla Madonna ad una vita nuova, non perché noi siamo diventati più buoni, ma perché lei ci ama. Per questo la prima cosa che facciamo è dire il rosario, inginocchiati a terra. Il ragazzo che arriva vede “uno spettacolo” che vuole sperimentare. Silenzio, cinquanta Ave Maria, un po’ cantate, un po’ suonate. Si sentono a loro agio perché vedono tanti drogati come loro inginocchiati per terra. È bellissimo. | Cappella della Comunità messicana |
Ci sono state alcune difficoltà all’inizio, ma non ho ceduto, nemmeno davanti alle provocazioni di chi, anche persone di un certo livello, mi accusava di imporre la fede. A loro ho risposto che la fede è il nostro midollo. Se perdi la fede, l’altro non ti viene nemmeno voglia di avvicinarlo. La fede è la nostra forza. Noi vogliamo proprio essere chiamati comunità che vive della forza, dell’amore e della concretezza della fede. |
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Da sempre abbiamo rifiutato i soldi dello Stato, ancora una volta per non ingannare i giovani. La fiducia è data a Dio, perché è Padre, è presenza, è provvidenza. Ma non do fiducia solo a Dio, la do alla gente. Per questo noi da 23 anni non entriamo più in un supermercato a fare la spesa, e siamo 52 case nel mondo. In Argentina abbiamo aperto da due settimane e le persone vengono già a portare le cose, i materassi, i letti; già, perché i primi tempi si dorme per terra. | Primi lavori di ristrutturazione alla casa madre |
I ragazzi sono stati subito solidali e hanno accettato questo contratto. All’inizio è sempre un po’ difficile perché quando un cosa non c’è ne senti la mancanza, ma ti libera il cuore. Certo il lavoro da fare è sempre molto; ad esempio, le case che arrivano dalla provvidenza sono tutte da rimettere a nuovo, e a me piacciono se sono fatte bene, con eleganza. Ma così capisci che fidarti di Dio vuol dire fidarsi dell’uomo, della gente. E la gente è buona, il cuore ce l’ha. Siamo fatti a immagine di Dio, quindi io conosco te in questa dimensione, ma anche tu conosci me e mi dai fiducia, perché c’è una scintilla del Dio vivente in ognuno di noi. Io pensavo di aprire una sola casa, poi il Signore… Oggi abbiamo comunità in cui ci sono ragazzi di 20 nazionalità diverse eppure io sto vivendo una qualità di fede che non avrei mai capito e imparato in altro modo. È una fede che non ha pretese e con tanta solidarietà. La preghiera rende i ragazzi fratelli, li rende comprensibili gli uni agli altri. Non battagliano più per avere delle cose, perché capiscono che avere la vita è il dono massimo e per questo rispettano anche la vita dell’altro.
All’inizio al Signore ho detto quel sì incosciente con tanto amore, senza voler sapere, senza fare calcoli. Ero ignara della situazione dei tossicodipendenti e, invece, mi sono scoperta preparatissima anche grazie alla mia infanzia di sacrifici. Penso che oggi i genitori non vogliono far fare sacrifici ai bambini e invece i sacrifici temprano, costruiscono, rendono forti e non più paurosi, liberi dal freddo e dalla fame. Quando hai la fede, il sacrificio non è più sacrificio, è maturità, è forza di volontà, è responsabilità. I bimbi devono imparare che ci sono anche il pianto, la sofferenza, le ingiustizie. Dobbiamo dire la verità ai bambini, dobbiamo far loro vivere, con onestà, la vita così come è. Questi ragazzi che sono caduti nella droga, nello sbando non avevano nessun appoggio, non avevano nessuna sicurezza. Avessero sofferto un po’ di più! Non perché papà e mamma bisticciavano, però, perché questa è una ingiustizia verso i figli! Io faccio molti incontri con i genitori, li amo molto, li capisco perché anche a loro nessuno ha spiegato come comportarsi... e forse bisognerebbe farlo. |
a cura di Elena Goisis da Nuovo Progetto aprile 06 |