Un'alleanza per vincere in Calabria

Publish date 31-08-2009

by Elena Goisis


“UN'ALLEANZA PER LA LOCRIDE E LA CALABRIA” è l’appello contro la 'ndrangheta e le massonerie deviate, per la democrazia e il bene comune, lanciato dal Consorzio GOEL insieme a Calabria Welfare (Consorzio Regionale della cooperazione sociale) e Comunità Libere (Associazione di difesa popolare nonviolenta), sfociato nella manifestazione nazionale che si svolgerà a Locri il 1° Marzo 2008 (per sottoscrivere l’Appello: consorziosociale.coop).

Cosa sta dietro a questo appello? Lo abbiamo chiesto a Vincenzo Linarello, presidente del Consorzio Sociale GOEL, il Consorzio di Cooperative della Locride promosso nel 2003 dall’Ufficio pastorale sociale della diocesi di Locri insieme al vescovo Bregantini. Linarello è stato anche delegato alla pastorale sociale della diocesi.

L’intervista spiega molto bene l’attuale fisionomia del fenomeno ‘ndrangheta/massonerie deviate, nei collegamenti con sistema economico e politico.
 

a cura di Elena Goisis

 



 
Consorzio GOEL: com’è nato e perché questo nome?
Goel è un nome dell’antico Israele: era una persona che si prendeva a cuore un’altra persona caduta in disgrazia, magari ridotta in schiavitù perché non aveva pagato dei debiti. Il Goel pagava il prezzo del riscatto e le restituiva la libertà. Quindi Goel vuol dire “il riscattatore”.
Il Consorzio è nato nel 2003, come espressione matura di un percorso di alcuni anni con mons. Bregantini (allora vescovo di Locri) in cui abbiamo dato vita, come Pastorale del lavoro della diocesi, a decine di imprese. Alla fine abbiamo capito che le imprese migliori, cioè le realtà che avevano sposato un progetto non solo imprenditoriale ma anche di cambiamento, erano le cooperative sociali; con queste abbiamo costituito il Consorzio Goel, con il doppio obiettivo di far crescere le esperienze di imprese sociali ma soprattutto di creare un sistema positivo che spingesse verso il cambiamento del nostro territorio, da contrapporre ai sistemi di morte che avevamo scoperto essere i veri responsabili della situazione.
Che rapporto c’è tra sistemi di morte e illegalità?
Più che di legalità o illegalità, ci piace parlare di giustizia e ingiustizia, sociale ed economica, anche perché la legalità, come dice mons. Bregantini, è la cornice di un quadro che è la giustizia sociale. L’ingiustizia della nostra regione, il mancato sviluppo non sono casuali, non sono frutto solo di condizionamenti storici o culturali. Sono frutto, anzi, addirittura progetto di alcune realtà di morte – la ‘ndrangheta e le massonerie deviate – che hanno pensato e scientificamente costruito un sistema che crea e mantiene la precarietà delle persone: ciò significa poterle meglio controllare.

Come combattere questa precarietà?
Bisogna destrutturare i sistemi di morte, che ad oggi non solo sono sopravvissuti all’azione dello Stato, ma addirittura sono riusciti a inglobare lo Stato, utilizzandone le risorse.
La ‘ndrangheta e le massonerie deviate, collegate tra di loro in maniera strutturale, riescono a piazzare i loro uomini nei posti chiave, dove la gente deve passare per vedere soddisfatti i propri bisogni quotidiani. Se uno ha bisogno di un lavoro, di essere curato dignitosamente, di ottenere un certificato rapidamente, di ottenere un prestito, di stare tranquillo con la propria attività commerciale, deve passare da loro. Ogni volta c’è un prezzo da pagare e quasi sempre, insieme ad altri prezzi, c’è il conferimento del proprio voto, il consenso elettorale.
Noi stimiamo che in Calabria oggi si possano comprare e vendere almeno il 60-70% dei voti!
I voti “pacchettizzati” vengono venduti dalla ‘ndrangheta e dalle massonerie deviate ai partiti.
Chi li compra, li paga in questi modi: sia facendo fare carriera politica ai loro uomini, sia attribuendo loro altri posti chiave da cui controllare i bisogni delle persone, e il ciclo ricomincia.
Perciò oggi immaginare che si possa produrre cambiamento solo con un’azione culturale è illusorio: l’azione culturale è condizione indispensabile ma non sufficiente. C’è un intero sistema da far saltare. Pensare che l’azione di denuncia nei confronti dello Stato possa produrre cambiamento è altrettanto illusorio, in un momento storico in cui in Italia si vince o si perde per poche migliaia di voti.
L’unica possibilità era creare un sistema a metà tra l’azione politica dal basso e l’azione economica, cioè costruire risposte alternative ai bisogni delle persone, in modo tale da liberarne il consenso elettorale. Se non interrompiamo la catena “ ‘ndrangheta – massonerie deviate – voto – Stato”, non ne usciremo mai.

Ci racconta cosa cambia nella vita delle persone assunte all’interno delle vostre cooperative?
Stiamo vedendo tra mille difficoltà dei segni molto belli: le nostre cooperative crescono (vedi box); il sistema di “vita” che stiamo cercando di costruire è sempre più al femminile, a dimostrazione di quanto le donne oggi abbiano più forza degli uomini nel sognare un cambiamento; e poi, altri piccoli miracoli. Per esempio, giovani calabresi che avevano deciso di stabilirsi al nord, tornano al sud per lavorare con noi, anche a costo di sacrifici, di una retribuzione minore; sono soddisfatti di poter combattere per degli ideali così grandi. È la prova che la cosa più importante, oggi, non è la sicurezza materiale; la gente e i giovani hanno bisogno di sogni, di motivi per vivere.

Chiesa e legalità in che rapporto sono?
Io dico sempre – riguardo alla Calabria – che si sbaglia se si pensa che tutto sia sano e si sbaglia se si pensa che tutto sia malato. Viviamo in un sistema di morte molto pervasivo, al quale è oggettivamente difficile per una qualsiasi realtà sociale o politica sottrarsi interamente.
Questo vale per tutte le realtà – partiti, istituzioni, magistratura… - e vale anche per la Chiesa. All’interno della Chiesa calabrese abbiamo punte avanzate veramente eroiche, di impegno per la giustizia sociale ed economica, per il lavoro – e qui devo citare l’esperienza splendida del “progetto Policoro” della Chiesa italiana, che è stato veramente l’unica speranza in questi anni per molti giovani al Sud. Nello stesso tempo troviamo aree grigie, di collusione, dove a tutti i livelli non si prendono posizioni o si adottano posizioni ambigue. Rispetto a ciò ovviamente c’è bisogno di tanta purificazione.

Ci sono comportamenti “mafiosi” che vanno sradicati in tutto il Paese?
Certo: io credo che un elemento patologico in tutt’Italia riguardi il mercato. Il seme mafioso matura ogni qual volta non è consentita una reale libertà di mercato, ogni qual volta si creano sistemi di lottizzazione, di chiusura, di spartizione delle risorse pubbliche, o anche private, che non accettano la sfida della concorrenza, della libertà e dell’accessibilità ai mercati.
Questa credo sia la malattia dell’economia italiana, ma anche dell’amministrazione pubblica: vedo con grande preoccupazione gli enti pubblici entrare pesantemente nella gestione economica, creando meccanismi di subordinazione della gestione economica alla gestione politica; vedo anche con timore il fenomeno della anti-sussidarietà delle municipalizzate che si sta creando da nord a sud. Oggi non definirei più la ‘ndrangheta una realtà familiare e violenta: è una realtà economica di tutto rilievo – parliamo di un giro d’affari di 50 miliardi di euro l’anno – emblema della negazione del libero sistema di mercato. È una realtà che non vuole competere, che elimina fisicamente con la violenza qualunque concorrente. Si sta espandendo e radicando in tutto il mondo, ma in particolar modo al nord d’Italia, in regioni come la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Piemonte, anche a causa dell’incapacità di prendere coscienza del fenomeno, da parte sia della gente che della politica. Sta investendo nel settore immobiliare e nella finanza, sta comprando pezzi interi delle nostre città: il rischio è che, se si continua ad ignorare il fenomeno, fra un po’ anche le regioni del nord si troveranno sotto il controllo capillare del territorio e dell’economia da parte delle mafie.


Per questo noi abbiamo parlato di “alleanza” nell’appello che abbiamo lanciato per la manifestazione nazionale anti-mafia dell’1 marzo 2008: non si tratta più di “dare solidarietà ai poveretti della Calabria”; si tratta di essere lungimiranti e capire che se noi perdiamo questa battaglia la perde tutto il Paese. Non solo perché la ‘ndrangheta si infiltrerà ovunque, ma perché la politica nazionale si sta già ammalando di ‘ndrangheta e di massonerie deviate.

Uno come lei, come mai mette in gioco così la sua vita?
A voi lo posso dire: perché me lo ha chiesto Gesù.
QUALCHE NUMERO
I dati sono tratti dalla Relazione sociale 2006 del Consorzio GOEL:
- crescita del fatturato aggregato del 55%
- di cui il 42% proveniente da mercato privato e non pubblico
- gli occupati nei soci di primo livello del Goel è passato da 88 a 135
- di cui il 60% è dipendente
- raddoppio del numero dei lavoratori dipendenti
- l'occupazione femminile è aumentata fino al 77%
consorziosociale.coop

L’esperienza del Consorzio GOEL nasce e si riconosce nell’alveo del progetto Policoro, il progetto organico della Chiesa italiana che tenta una risposta concreta sul problema della disoccupazione al sud.
progettopolicoro.it
a cura di Elena Goisis

Vedi anche:
LOCRIDE: Appello contro la 'ndrangheta

Qui non si paga il pizzo (Cooperativa Ro’ La Formichina - Comunità Papa Giovanni XXIII)

Non solo nelle tangenziali di grandi città

 

 

 

 

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