Tutto quello che conta

Publish date 10-08-2012

by Gian Mario Ricciardi

di Gian Mario Ricciardi - Nel falò delle certezze, ecco, finalmente, i valori. La crisi è brutta: cambia tutto, cambia lo stile, cambia l’anima, cambia anche il significato delle parole e dei gesti. Lavoro: chi ce l’ha se lo tiene stretto, s’apre alla disponibilità (molti, finalmente, la smettono di sputare nel piatto dove mangiano), segue le vicende, a volte anche le traversie, dell’azienda e sta con le orecchie e gli occhi ben aperti guardando alle 200 fabbriche grandi e piccole in agonìa con 300 mila posti a rischio; chi non ce l’ha spera che un contratto unico spazzi via la vergogna di quelli per un giorno, due ore e via precariando. Auto: l’aumento spropositato della benzina e del gasolio ha ridotto drasticamente il traffico, dimezzato le code, cancellato il bighellonare ozioso. Sembra di tornare al primo grande black out, quello della guerra del Kippur, che provocò le domeniche a piedi. Si torna dove è possibile ad usare i mezzi pubblici, si riducono le uscite e sempre più spesso le auto restano posteggiate sotto casa. Cibo: la lievitazione professorale (per via dell’iva) di tutti i prezzi dei prodotti che arrivano sul tavolo, rilancia il dovere di non sprecare.

È finita l’epoca dell’usa e getta. Si torna a riciclare. Sembra un com’eravamo: tonnellate di pane un tempo lasciate ai porci, ora vengono infilate nei freezer per i giorni a venire; frutta e verdura sono ripulite e tornano nei piatti. Non si vedeva tanta parsimonia dal dopoguerra. Si moltiplicano i siti internet: dai gruppi d’acquisto a quelli che consigliano come cucinare gli avanzi. È proprio vero che il cibo di ieri è buono anche domani. Vestiti: le vendite dell’abbigliamento sono crollate. Chi di noi non ricorda i cappotti rivoltati per essere usati di nuovo, le scarpe risuolate (e chi lo faceva più?); vanno forte i mercati del baratto dove ci si scambia gli indumenti, quelli che mettono in rete tutto quanto (soprattutto per i bambini) può essere utilizzato da altri ovviamente a prezzo stracciato. Volontariato: le difficoltà, soprattutto le nubi sul futuro, stanno spaccando la società in due.

C’è chi, per paura, diventa più egoista e non fa più spazio agli altri, c’è chi invece apre di più il cuore e la casa. In alcune associazioni mancano le braccia, ma paradossalmente sbocciano altri gruppi. La crisi è brutta: cambia stile, cambia tutto, cambia l’anima. Divertimento: crollati i cenoni di San Silvestro, l’Italia è tornata in massa al capodanno in casa con amici. Le follie di ieri incupite anche dall’affondamento della nave dei sogni a gennaio, non ci sono più. I ricchi sono sempre ricchi ma, forse, più discreti o meno sfacciati. E noi tutti, diventati più poveri, guardiamo al mondo attraverso un filtro diverso. Fede: tutti i programmi tv dell’inverno con sullo sfondo la fede, la religione, hanno avuto una impennata di ascolti. Quando la terra trema viene più spontaneo guardare oltre. Sentimenti: quando uno si sente più fragile, spontaneamente, rafforza i legami con gli altri. è quello che sta succedendo. Se la crisi cancella un po’ di cattiveria e rimette la dolcezza in cuori induriti dal livore… Spigolature e sensazioni: sono la prova che la brusca frenata di fine 2011 ha riportato il mondo con i piedi per terra, più traballante, più incerto. E l’incertezza, soprattutto il silenzio ritrovato, restituisce autenticità e ripropone gli interrogativi di sempre, quelli che dominano la vita di ognuno. È il cotè buono degli anni più brutti da cinquant’anni.

Today – Rubrica di Nuovo Progetto

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