TIBET: dopo l’ultimatum

Publish date 31-08-2009

by Claudio Maria Picco


Continuiamo ad accompagnare con la nostra attenzione la Marcia Verso il Tibet, in attesa che il “mondo libero” faccia il suo dovere intervenendo con decisione presso il governo cinese.

 

a cura di Claudio Maria Picco

 


A pochi giorni dall’inizio della “Marcia Verso il Tibet” il 10 marzo scorso – marcia fermata dalla polizia indiana con arresti di tutti i partecipanti tibetani e poi ripresa - a Lhasa e in altre località del Tibet è divampata la rivolta, duramente repressa dalle autorità cinesi. Il Parlamento tibetano in esilio afferma in una nota che le vittime sarebbero centinaia. Il Dalai Lama parla di genocidio culturale. Intanto è scaduto ieri a mezzanotte ora locale (le 17,00 in Italia) l’ultimatum imposto da Pechino per la fine delle proteste.


Secondo Asianews.it “… la popolazione rischia il genocidio. Un genocidio anzitutto economico: le alte terre himalayane, ricche di minerali, sono disseminate di scienziati cinesi che ricercano miniere di rame, uranio e alluminio, mentre ai locali non resta che l’abbandono dei loro pascoli e il lavoro nelle fabbriche cinesi. Il turismo, con il suo strascico di alberghi, karaoke, prostituzione, è tutto in mano ai milioni di coloni cinesi, violentando la cultura ancestrale”.

Nel frattempo è stata assaltata la sede diplomatica cinese dell’Aja in Olanda. Cortei di solidarietà si stanno svolgendo in Italia e in Europa. Proponiamo alcuni stralci del diario giornaliero dalla marcia a cura di dossiertibet.it
 

Dharamsala, 10 marzo 2008 (ore 18,00 locali)
Questa mattina alle 10 e 45, di fronte al tempio Tsuklagkhang è iniziata la "Marcia Verso il Tibet". In precedenza c'era stato il tradizionale messaggio di Sua Santità il Dalai Lama e di altri esponenti politici tibetani. I marciatori sono partiti alla testa di numerose migliaia di tibetani, sventolando decine e decine di bandiere del Tibet indipendente e scandendo slogan inneggianti alla liberazione e all'indipendenza del Tibet.
Karma C., corrispondente dalla "Marcia Verso il Tibet"


Dharamsala, 10 marzo 2008 (ore 19,29)
Purtroppo le preoccupazioni di quanti temevano che la polizia non facesse partire la "Marcia Verso il Tibet" non erano così infondate come sembrava fino a pochi minuti fa.
Intorno alle 19,00 (ora locale) la polizia indiana, sembra su ordine del governo centrale, è entrata nella Sarah School dove si sono fermati i marciatori per fare la loro prima sosta e sta chiedendo a tutti i documenti per identificarli. I poliziotti locali dicono che c'è ordine di arresto per tutti coloro che hanno intenzione di proseguire la "Marcia" emanato dal governo di Nuova Delhi. Io sono alla Sarah School insieme ai marciatori e vi terrò informati tramite SMS perché non dispongo qui di una postazione informatica.
Karma C., corrispondente dalla "Marcia Verso il Tibet"


Dhera, distretto di Kangra, 13 marzo 2008 (ore 07,30 locali)
È arrivata adesso la polizia in forze e ha arrestato tutti e cento i marciatori tibetani più una decina di sostenitori stranieri tra cui diverse donne. L'azione della polizia è stata molto decisa e ferma ma non ci sono state violenze contro i manifestanti. Al momento non abbiamo notizie su dove siano stati portati. I manifestanti si sono incatenati gli uni agli altri e non hanno opposto resistenza ma si sono limitati a gridare slogan inneggianti al Tibet e alla nonviolenza gandhiana. Mentre la marcia stava procedendo lungo la via che porta alla cittadina di Kangra, oltre un centinaio di poliziotti scesi da quattro pullman hanno bloccato la strada e proceduto agli arresti. Ripeto, tutti e cento i marciatori tibetani sono stati portati via insieme ad oltre dieci sostenitori stranieri. Le cinque organizzazioni non governative hanno comunque fatto sapere che in località che non possiamo rivelare ci sono già altri volontari pronti a riprendere la "Marcia Verso il Tibet" che quindi non dovrebbe fermarsi ma riprendere. Mentre i marciatori venivano arrestati e portati via gridavano ai giornalisti presenti di scrivere la verità sulla situazione in Tibet e sulle condizioni di vita dei tibetani e continuare a informare il mondo di quanto sta succedendo.
Karma C., corrispondente dalla "Marcia Verso il Tibet"


Lhasa, 16 marzo 2008

Lhasa, capitale del "tetto del mondo", è praticamente circondata e bloccata. La protesta si è estesa al resto del Paese ed il numero dei manifestanti uccisi dalle squadre anti-sommossa è salito a 100. Fonti locali hanno riferito che a seguito della "peggiore violenza" degli ultimi vent'anni, gli abitanti sono stati informati che è meglio rimanere chiusi in casa. Per le strade si vedono carri armati e militari. "Ci sono soldati dappertutto. Non si può andare da nessuna parte. Siamo chiusi in casa", ha detto un testimone a Radio Free Asia. "Tutti i Tibetani vengono fermati ed identificati. Perfino i dipendenti del governo vengono controllati. Gli unici a potersi muovere tranquillamente sono i Cinesi. Molti dei Tibetani arrestati sono stati trasferiti a Toelung ed in altre carceri di Lhasa".
da ICN-News.com


Redazione, 16 marzo 2008 (ore 23,04)

Lo spirito dei marciatori è altissimo. Ci giungono continuamente dal Tibet notizie di manifestazioni e sollevazioni. Oggi centinaia di studenti hanno marciato nel Tibet orientale, scontri (e purtroppo anche morti) nella contea di Ngapa, manifestazioni nella contea di Regbong. Mai, dopo il 1959, il popolo tibetano aveva manifestato con questa forza la propria ribellione al colonialismo cinese. Qui in India, la "Marcia" si è fermata questa sera a una trentina di chilometri dal confine dello Stato dell'Himachal Pradesh che dovrebbe essere attraversato martedì.
Come dicevo lo spirito dei marciatori è altissimo. Si rendono conto di essere il punto di riferimento della protesta tibetana fuori dal Tibet e di come questo sia importante. Ovviamente c'è molta preoccupazione per quanto potrà avvenire a Lhasa lunedì notte alla scadenza dell'ultimatum di Pechino e per tutti coloro che sono stati arrestati e che in queste ore vengono torturati nelle carceri cinesi. Di converso qui in India la situazione sembra essere buona e non ci si aspettano interventi repressivi da parte della polizia indiana, almeno fino al confine dell'Himachal Pradesh.
Karma C., corrispondente dalla "Marcia Verso il Tibet"


17 marzo 2008 (ore 12,45)
La "Marcia Verso il Tibet" si avvicina al confine dell'Himachal Pradesh. La polizia indiana non sembra intenzionata, almeno per ora, a intervenire per bloccarla. Grande tensione invece a Nuova Delhi, dove oltre duemila tibetani si sono riuniti dalle 10,30 (ora locale) di questa mattina di fronte all'edificio dello Jantar Mantar gridando slogans e iniziando uno sciopero della fame di massa contro i massacri della polizia e dell'esercito cinesi. Per il momento la situazione si mantiene pacifica.
Karma C., corrispondente dalla "Marcia Verso il Tibet"


17 marzo 2008 (ore 19,22)
Le notizie fortunosamente raccolte oggi nel Tibet occupato parlano di decine di manifestazioni represse nel sangue e le vittime sono ormai centinaia.
La rivolta ha raggiunto l'Amdo e il Kham e persino in Cina oggi gli studenti hanno inscenato manifestazioni in solidarietà con i giovani tibetani in rivolta. Perché quelli che stanno affrontando a mani nude i blindati dell'esercito di "liberazione" cinese sono in maggioranza giovani, sia laici che religiosi.
Hanno capito che questa potrebbe essere l'ultima occasione per liberarsi del giogo cinese e non sono disposti ad arrendersi ai diktat dei collaborazionisti.
Sanno infatti che le deportazioni in atto nel Paese delle nevi (900.000 pastori nomadi e contadini deportati nei nuovi "villaggi socialisti") rappresentano la "soluzione finale" della questione tibetana. Sanno anche che il mondo libero li ha abbandonati e che non possono fare affidamento che sulle loro sole forze.
Oggi, prima di essere ucciso dalla polizia, un giovane monaco gridava "ora o mai più".
Questo grido deve valere anche per noi. Questa è l'ultima occasione per dimostrare al mondo che non siamo disposti ad assistere impotenti all'ennesimo eccidio di chi chiede libertà e giustizia.
Oltre a gridare nelle piazze e nelle strade la nostra rabbia dobbiamo fare l'unica cosa che in questo momento potrebbe forse arginare la furia omicida degli autocrati di Pechino: boicottare i Giochi Olimpici!
Claudio Tecchio, Campagna di Solidarietà con il Popolo Tibetano

 

a cura di Claudio Maria Picco

Per aggiornamenti: dossiertibet.it

 

 

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