STORIA DI UN’IDEA

Publish date 31-08-2009

by stefano


“Sul concetto di sviluppo esistono un’infinità di definizioni, nessuna delle quali è completamente riconosciuta…”: proprio questo è uno dei punti nevralgici della cooperazione internazionale.

di Nicoletta Gorgerino


“Sul concetto di sviluppo esistono un’infinità di definizioni, nessuna delle quali è completamente riconosciuta. In effetti quando parliamo di aiuto allo sviluppo non si può prescindere dal concetto di sviluppo di cui si è portatori e soprattutto dal concetto di sviluppo di cui sono portatori i beneficiari. Precisamente qui risiede uno dei punti nevralgici dell’aiuto: il confronto tra soggetti portatori di nozioni di sviluppo differenti”.
Con questa frase di Javier Schunk, direttore della Federazione ACLI Internazionale (FAI) e coordinatore delle attività di progettazione della Comunità Impiego Servizi Volontari (CISV) di Torino, si arriva al cuore della questione fondamentale della cooperazione internazionale: il concetto di sviluppo. Esso è divenuto centrale nella storia delle scienze sociali a partire dalla seconda metà del ‘900. Lo sviluppo dell’uomo e conseguentemente delle società umane viene, in questi anni, paragonato all’evoluzione degli organismi viventi: tale definizione sancisce quindi la normalità delle società sviluppate e l’anomalia di quelle sottosviluppate. sviluppo come cresita economica
SVILUPPO COME CRESCITA ECONOMICA
Ma cosa si intende esattamente con la parola sviluppo? Nel corso dell’‘800 essa era stata assimilata al concetto di crescita economica. La Rivoluzione francese contribuirà alla coscientizzazione di questo modello attraverso la sua illimitata fiducia nel progresso tecnico e scientifico; la rivoluzione industriale e poi nel ‘900 le teorie Fordista e Taylorista creeranno il contesto adatto a supporto dell’idea che un incremento continuo e costante della ricchezza dei sistemi economici debba essere garantito in ogni società sviluppata. L’esportazione di sviluppo, oltre a diventare un obbligo morale per le società occidentali, assume il significato di esportazione di civiltà. Esso diviene la chiave unica della promozione futura di ogni territorio.
teoria del sottosviluppo TEORIE DEL SOTTOSVILUPPO
Nel 1942 un ex membro dell’Agenzia Internazionale del Lavoro, Wilfred Benson, utilizzò in un articolo il termine sottosviluppo. Dietro questa parola si nascondeva la convinzione per cui tutte le società esistenti dovevano attraversare vari stadi di un percorso predefinito per giungere alla meta finale, cioè la modernità del capitalismo. Mentre la società occidentale era già in questa fase di arrivo, molte altre si trovavano ad altri livelli del percorso e venivano identificate quindi come sottosviluppate. Secondo questa teoria le cause del sottosviluppo erano da ricercarsi nei fattori interni dei Paesi poveri. In contrapposizione a questo assunto troviamo le cosiddette teorie della dipendenza, per le quali sviluppo e sottosviluppo sono due facce della stessa medaglia: è l’integrazione dei Paesi e delle aree arretrate nel sistema economico internazionale che impedisce il loro sviluppo ed anzi acuisce la loro arretratezza. Le economie centrali si rafforzano proprio grazie ai meccanismi di scambio tra Paesi ricchi e Paesi poveri.
EVOLUZIONE DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Sull’onda di queste teorie nasce la cooperazione nell’accezione moderna del termine, come strumento essenziale per la costruzione di nuove relazioni politico-economiche tra gli Stati. Essa parte dalla consapevolezza che un mondo in cui ci sia una più equa ripartizione delle risorse e in cui tutti abbiano le stesse possibilità per sviluppare le proprie potenzialità sarebbe un mondo più sicuro. Fa conseguire a questa consapevolezza un insieme di interventi che incidono sui rapporti a livello internazionale fra il Nord ed il Sud, ma anche sulle strutture economiche e sociali delle stesse aree arretrate.
Negli anni ‘60, di fronte al crescente gap tra Paesi, la risposta migliore è un aumento degli investimenti finanziari e il trasferimento del sapere tecnologico per fare decollare le economie non in crescita. I Paesi del Terzo Mondo sono visti come un blocco unico e perciò la risoluzione dei problemi deve essere omogenea. La cooperazione si inserisce nei vuoti lasciati dalle istituzioni e cerca di dare una risposta alternativa, attraverso l’analisi di un gruppo di esperti esterni, spesso delle ex-potenze coloniali. Questo modello non ha avuto gli effetti sperati, perché non tiene conto delle specificità economiche e territoriali di ciascun Paese ed è un modello di sgocciolamento di risorse dall’alto verso il basso, senza alcun coinvolgimento della popolazione beneficiaria e della sua percezione dei bisogni. cooperazione internazionale
Negli anni ‘70 si verifica una forte crescita dei trasferimenti ai Paesi poveri, sia di quelli pubblici elargiti a titolo di assistenza con caratteri di liberalità (Aiuto Pubblico allo Sviluppo - APS), sia dei flussi (pubblici e privati) a condizioni di mercato, cioè che prevedono una restituzione con interessi. Eventi storici come le crisi petrolifere, il ruolo in esse dei Paesi Opec, l’esplosione delle Tigri Asiatiche e il ritorno delle dittature in America Latina hanno messo in evidenza l’eterogeneità e la differenziazione del Terzo Mondo. A poco a poco aumenta l’insoddisfazione verso i modelli di sviluppo tradizionali, pensati soprattutto nell’ottica di crescita economica.
Sono gli anni ‘80 il vero periodo di svolta nell’approccio ai problemi della cooperazione allo sviluppo. Cresce il ruolo delle organizzazioni non governative (ONG): esse sono estremamente critiche nei confronti dei metodi di progettazione Top-Down e si fanno portavoce dell’importanza dell’inclusione partecipativa dei beneficiari nella definizione e gestione dei progetti per conferire loro maggiore efficienza, efficacia e sostenibilità. Le ONG nascono soprattutto in ambito religioso cattolico, come espressione della carità cristiana, ma diventano ben presto delle vere e proprie organizzazioni, tanto da diventare oggi oggetto di studio del diritto internazionale
SVILUPPO COME SVILUPPO UMANO
Oggi il concetto di sviluppo generalmente accettato è quello di sviluppo umano, che pur non escludendo del tutto lo sviluppo economico, non si riduce a questo unico aspetto. La cooperazione in quest’ottica deve essere sempre più pensata sul lungo periodo, deve sapere gettare le basi per un processo di sviluppo sostenibile e gestibile autonomamente dai beneficiari. L’idea di fondo è quella per cui le diversità vanno rispettate, valorizzate e per cui ogni cultura raggiunge un suo tipo di sviluppo. Ciascuna evoluzione è un fenomeno unico, irripetibile, che non può essere paragonato a nessun altro. Obiettivo comune rimane la possibilità di accesso per tutti ai “Basic needs”, cioè alle risorse di base, indispensabili alla sopravvivenza.
acqua potabile Pur non entrando nel merito dei progetti e dei risultati ottenuti dalla cooperazione internazionale, possiamo però osservare che affinché essa sia davvero efficace è necessario che la politica mondiale faccia la sua parte, e cioè che i governi dei Paesi ricchi, soprattutto quelli del G8, attuino politiche che riducano le disuguaglianze di partenza sul mercato favorendo poi una completa liberalizzazione dell’economia. È indispensabile che essi accettino una decrescita economica in modo tale che le risorse siano meglio distribuite e bilanciate all’interno dell’intera popolazione umana
Nicoletta Gorgerino
Nuovo Progetto ottobre 2008
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