SIBIU: tra le mani di un bambino

Publish date 31-08-2009

by andrea


Tra i 2100 delegati di tutte le Chiese europee alla III Assemblea ecumenica di Sibiu e le mani vuote di un bambino di strada si gioca il presente del cristianesimo.

di Elena Goisis e Monica Canalis


IN UN PAESE EUROPEO
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Sibiu, Cattedrale Evangelico-Luterana:
il logo dell'Assemblea

Siamo in Romania, delegate dal Sermig alla III Assemblea Ecumenica Europea organizzata da KEK (Conferenza delle Chiese Europee) e CCEE (Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee) che si svolge dal 4 al 9 settembre a Sibiu; tema: “La luce di Cristo illumina tutti”.
Atterriamo all’aeroporto di Bucarest Baneasa, il secondo aeroporto della capitale, quello dei voli low-cost, per molti emigranti i voli della speranza (o della disperazione).

Dal primo gennaio di quest’anno la Romania è entrata ufficialmente nell’Unione Europea. Un ingresso forse accelerato da chi, all’ovest, teme l’avanzata dall’est del nuovo espansionismo russo di Putin. L’introduzione dell’euro è ancora lontana. Sono in arrivo i fondi strutturali per l’adeguamento del Paese agli standard europei, ma nella gente comune è forte il timore che vengano mal gestiti.
Alcuni segni di modernità lungo le strade non devono trarre in inganno. Nei villaggi ma anche nelle periferie delle città il carretto tirato da cavalli continua ad essere un mezzo di trasporto comune.

anzianagiovane.jpg Antiche e nuove sfide attendono il popolo romeno.

Molti sono emigrati (si dice 10 milioni su 22 milioni ca. di abitanti). Ma c’è anche chi è rimasto e grazie ad un buon spirito imprenditoriale è riuscito a permettere a sé e famiglia un tenore di vita dignitoso, magari svolgendo tre lavori, come la famiglia che ci ospita nel suo appartamento. Piccolo ma accogliente e ben attrezzato, è in uno dei “bloc” che caratterizzano ancora l’ambiente urbano in tutto il Paese: casermoni grigi e squadrati di cemento, costruiti all’epoca di Ceausescu, con alloggi allora assegnati dal partito, oggi affittati o di proprietà, spesso sovraffollati.

Spostandosi di qualche isolato però si incontrano anche graziose villette
mono o plurifamiliari, che con il colore delle facciate esterne ravvivano il grigiore del clima. Oppure edifici in stile asburgico o liberty, vestigia di un’epoca di passati splendori, a ricordarci che la Romania è terra ricca di storia e di cultura.

Tant’è che quest’anno Sibiu, città della Transilvania in cui è ancora evidente l’impronta austro-ungarica, è capitale europea della cultura insieme al Lussemburgo, oltre che “città ecumenica” per natura e per l’ospitalità data all’Assemblea alla quale anche noi partecipiamo.

   

ACCOGLIENZA E ISTRUZIONI PER L’USO
Terza tappa del cammino ecumenico ispirato dal Concilio Vaticano II, dopo Basilea (1989, “Pace nella giustizia”) e Graz (1997, “Riconciliazione, dono di Dio e sorgente di vita nuova”), Sibiu è stata scelta a rappresentare la vocazione ecumenica di una città situata nel cuore dell’ortodossia, tradizione cristiana maggioritaria in Romania.
2100 i delegati partecipanti, da tutti i Paesi europei, ca. 500 gli ospiti di altre religioni e altri continenti.

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Una giovane steward prepara i pass
per i delegati all’Assemblea

“Svizzera” l’organizzazione, con un sistema di traduzione simultanea in cinque lingue disponibile su tutte le sedi principali, interventi scritti dei relatori disponibili in tempo reale, “Handbook” con programmi, dislocazioni ed altre informazioni utili; per ogni dove, giovani steward volontari che con la loro cortesia portano una nota di freschezza all’Assemblea (intelligente la trovata dei cartelli con la scritta a mano “Silence” portati a spasso per le sale e fatti sostare, con un sorriso ammiccante, davanti a coloro che chiacchierano).

Denso il programma, con momenti “ufficiali” ed altri lasciati alla spontaneità dei delegati, affiancati da una ricca offerta di incontri su tematiche specifiche, mostre ed eventi culturali. Il percorso ufficiale è diviso in Sessioni plenarie il mattino e Forum sui sottotemi della giornata il pomeriggio. Attraverso una sequenza di momenti di preghiera comuni, interventi e testimonianze ci si interroga su come la luce di Cristo entri in relazione con la Chiesa, l’Europa, il mondo.

Sia pure in uno stile che tende al “politically correct”, numerose sfide del nostro tempo vengono delineate, anche se spesso non approfondite a causa del breve tempo concesso ad ogni relatore. Tra i relatori, ben rappresentata la componente femminile. Molto ridotto, invece, lo spazio riservato al confronto tra delegati all’interno dei Forum. È evidente la priorità di dar voce al più vasto numero possibile di Chiese e tradizioni religiose, sia pure per pochi minuti. Si parla di unità, spiritualità e testimonianza nei Forum della prima giornata, si prosegue nei giorni successivi con Europa, religioni e migrazioni, per giungere a creazione, giustizia e pace.

   
SCORRENDO LE GIORNATE
Ogni giornata comincia con un’ora di preghiera comune, affidata di volta in volta a rappresentanti delle diverse Chiese. Un momento intenso, che prefigura la moltitudine immensa proveniente da ogni dove radunata ai piedi del trono e davanti all’Agnello, descritta in visione da Giovanni nell’Apocalisse (Ap 7, 9).

E all’Apocalisse si richiama il card.Tettamanzi, arcivescovo di Milano, che in una meditazione sul vangelo della trasfigurazione (Lc 9, 28-36) offre una chiave importante per vivere la settimana; solo lo Spirito, dice, può fare dell’ecumenismo non un’attività diplomatica ma un’iniziativa interiore, che converte i cuori a Dio e li riconcilia in Cristo: “Noi oggi a Sibiu abbiamo il privilegio di contemplare un luminoso anticipo dell’unità nello Spirito”.
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Il card. Dionigi Tettamanzi
durante la sua meditazione

Man mano che le giornate si snodano, si sommano gli stimoli verso una cristianità adulta, che non si accontenti di una fede routinaria e addormentata, ma sappia risvegliarsi e prendere il mano il mondo, amarlo, trasfigurarlo.
Solo l’intensità di una vita spirituale – è il messaggio del 5 settembre, giornata dedicata alla Chiesa - può cambiare i gesti e gli stili del nostro quotidiano. La salvezza che l’Amore ci offre, però, non si celebra da soli, deve portare salvezza attorno, avvicinare il mondo al sogno iniziale di Dio. Non può essere dispersa pensando alle controversie del passato, ma chiede che ci accorgiamo delle “cose nuove” che lo Spirito può operare grazie a noi.

Il nostro continente ha ricevuto molte grazie nel XX secolo, ma il XXI secolo rischia di essere l’ultimo – avverte Richard Chartres, vescovo anglicano di Londra, nella plenaria del 6 settembre, giornata sull’Europa -, la nostra società così complessa è molto fragile”. Le Chiese, insieme, hanno una chiamata improrogabile: riconquistare l’Europa ai valori che l’hanno fatta grande. Se l’Europa nasce da tre colli, Atene (la ragione), Roma (il diritto), Gerusalemme (la fede), solo l’annuncio partito da Gerusalemme può riaccendere la solidarietà e l’amore per gli altri.
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Richard Chartres parla all'Assemblea plenaria

Il come è oggetto di ricerca e confronto nei Forum del pomeriggio. Dai quali emergono anche informazioni non così note: avevate mai sentito dire, per esempio, che esiste una Convenzione ONU per i diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie, sino ad oggi ratificata solo da 24 Paesi in via di sviluppo (cioè di Emigrazione) e da nessun Paese sviluppato (cioè di IMmigrazione)?
Il ruolo delle Chiese nel sostenere l’unità delle famiglie dei migranti, nel promuovere trattamenti normativi rispettosi dei diritti dei loro figli, nel favorire i processi di riconciliazione nazionale nei Paesi di provenienza dei rifugiati politici… sono solo alcuni dei temi trattati.

E di processi di riconciliazione si parla in modo particolare il 7 settembre, giornata dedicata al mondo. Riconciliazione con il creato, che abbiamo rovinato con la nostra arroganza; con i poveri, ai quali continuiamo a sottrarre risorse (si pensi al meccanismo perverso del debito estero) anziché restituirne; con coloro che per un tempo abbiamo considerato nemici.

La plenaria del mattino ospita l’intervento di Andrea Riccardi, della Comunità di Sant’Egidio: “Quelli che vivono, non vivano più per se stessi, ma per lui che è morto e resuscitato per noi! I cristiani debbono liberarsi dalla paura e dall’avarizia insaziabile che ci fanno vivere per noi, impotenti, chiusi, presi da piccole liti di famiglia, dentro un presente ricco di benessere e pace, senza preoccuparsi di chi è fuori dell’Europa senza pace né vita degna”. Continua esortando l’Europa che ha saputo pacificarsi a vincere le tentazioni nazionalistiche, trovando l’equilibrio tra l’unificazione globalizzante e il particolarismo crescente.

Si teme di perdere qualcosa oggi - rammenta Gpakile Félémou della Guinea Conakry nel Forum sulla giustizia - ma domani gli Stati europei si perderanno se resteranno soli”. Ed aggiunge: il destino di Europa ed Africa è strettamente legato e l’Europa non potrà salvarsi senza l’Africa.

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All'Assemblea hanno partecipato
ospiti dei cinque continenti
Nel Forum sulla pace due rappresentanti delle Chiese cattolica e presbiteriana irlandesi ricordano: “Quante volte abbiamo lasciato che la nostra identità fosse definita da ciò contro cui ci ponevamo… ”. Raccontano i drammi della divisione, ma anche di una madre che raccomanda ai figli di non vendicare il padre ucciso, di un padre che davanti al figlio assassinato sceglie il perdono perché altrimenti “tanto varrebbe che venissi seppellito con mio figlio”… testimoni viventi della possibilità di un cambiamento.
   
IL MESSAGGIO FINALE
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Due giovani partecipanti su Piata Mare,
la piazza centrale della città antica
Nella giornata del 7 settembre viene anche presentata all’Assemblea la prima bozza del Messaggio finale. È accompagnata dal messaggio di The young oikoumene, il raggruppamento di giovani delegati che si è ritrovato a St.Maurice (Svizzera) nel luglio scorso. “I giovani non sono il futuro della Chiesa, sono il presente” esordiscono i due lettori, colpendo con sottile ironia un luogo comune che spesso nasconde l’emarginazione dei giovani dai circuiti che contano. Non è così in questa Assemblea, nella quale il loro messaggio è letto integralmente e distribuito a tutti i delegati.
Anche da esso trae ispirazione il Messaggio finale, nel quale si parte dal prendere atto di come gli evidenti sviluppi storici e culturali nel cristianesimo orientale e occidentale hanno contribuito alla dolorosa ferita delle divisioni fra le Chiese, per ribadire come la vera conversione porti alla trasformazione del mondo. Seguono dieci raccomandazioni su temi più specifici.
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Rev. Guirgis Ibrahim Saleh, libanese
Nel Messaggio anche un appello – stimolato dalla presenza tra i relatori di Guirgis Ibrahim Saleh, Segretario generale delle Chiese del Medio Oriente - “a tutti coloro che credono in Dio affinché rispettino il diritto delle altre persone alla libertà religiosa” e una espressione di “solidarietà nei confronti delle comunità cristiane che vivono nel medio oriente, in Iraq o in altre parti del mondo come minoranze religiose e sentono che la loro esistenza è minacciata”.
   
UNA FEDE CON GAMBE E CUORE
Partiamo la mattina dell’8 settembre alla volta di Bucarest. L’Assemblea ci ha lasciato nel cuore una nostalgia forte di come sarebbe bella una Chiesa unita e il desiderio che l’amore e la somiglianza al Gesù comune siano un giorno davvero più forti dei particolarismi.
Ci fermiamo ad un ristorante lungo la strada per un pasto veloce. È semivuoto. Entra un bambino, può avere 6/7 anni, la sua testa supera di poco il tavolo su cui sono posati i nostri piatti. Tende una manina che conosce già le sporcizie della strada, contiene due monetine. Con l’altra mano indica alternativamente il cibo sui nostri piatti e la propria mano tesa. Una, due, tre volte. Non vogliamo dargli soldi, ma pane, carne, patatine trovano spazio tra le sue mani. Un ultimo sguardo alla tavola ed il bambino esce dal locale. Riprendiamo a mangiare, lentamente. Il cibo rimasto nel piatto è ora un punto interrogativo…

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Alcuni bimbi ospiti di una casa famiglia della
"Fundatia Padri Somaschi"

La risposta, solo una delle tante doverose, arriva forse il giorno dopo, a Targoviste, dove passiamo la domenica con gli amici padri somaschi (la loro “Fundatia” è presente dal 1994 in Romania) e i 13 bambini e ragazzi (dai 7 ai 18 anni, tutti ortodossi) accolti nella loro casa famiglia, un tempo “fratelli di strada” del bimbo con la mano tesa. Oggi, la comunità è la loro casa, i padri, che sanno unire affetto e fermezza, sono dei veri “papà”, il clima di famiglia in cui crescono permette loro di essere sereni, ben integrati nella società locale.

L’abbandono dei minori (con ogni conseguenza possibile ed immaginabile) è una piaga che colpisce al cuore il presente e il futuro della Romania. Anche qui, come nel resto del mondo, i bambini pagano il prezzo più alto della povertà, dell’ignoranza, dell’incapacità di noi adulti di vivere sul serio l’amore, umano e cristiano.
Ecco perché c’è bisogno di cristianesimo. Ecco perché c’è bisogno di ritrovare, subito, l’unità almeno a partire dalla carità.

Elena Goisis e Monica Canalis
Tutte le foto di questo articolo sono di: eea3.org e Mikolaj Foks - Poland, Assembly Steward.
I testi integrali di tutti gli interventi e numerosi altri documenti sono disponibili sul sito www.eea3.org (sezione “Documents”).

Vedi anche:
SIBIU: anticipo di unità
SIBIU: Terza Assemblea Ecumenica Europea
Chi crede si fa gli affari degli altri

Per aiutare la Fundatia Padri Somaschi
Casa Miani - Targoviste

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