Parole e misteri

Publish date 17-01-2016

by Flaminia Morandi

Particolare del Cristo in trono, Abside della Basilica di San Marco, Veneziadi Flaminia Morandi – Dogma, già la parola fa venire l’orticaria. Evoca imposizioni sgradevoli, confini non oltrepassabili, rigidità fanatica. Invece è il contrario, perché rigidità e fanatismo sono atteggiamenti ideologici che nascono dalla paura, e nel dogma c’è casomai il contrario della paura, c’è la ricerca amorosa dell’essenziale. Dogma in greco significa verità indiscutibile: e di verità sull’uomo ce n’è una sola. Il dogma che per i cristiani traccia il confine tra verità e menzogna è Cristo: la venuta di Cristo, diceva san Giovanni Crisostomo, è sufficiente a sconvolgere tutti gli uomini e a segnarli per sempre; se ci sono stati dati i vangeli per iscritto è a causa della nostra debolezza.

Cristo, Dio fatto uomo, morto e risorto per farci Dio con lui, è la verità sull’uomo e sul senso della vita quaggiù: riportarla dov’era, accanto al Padre, che muore d’amore e ci prega ogni istante inginocchiato nel cuore di ciascuno. La verità è evidente come un’intuizione di luce solo per chi nel suo cuore quest’incontro fatale e bruciante l’ha fatto. Non si tratta di vedere Dio: chi s’immagina di aver visto Dio, ha visto se stesso e le sue immaginazioni, dice con ironia sant’Efrem. Si tratta piuttosto di un fenomeno omeopatico che avviene per grazia nella preghiera continua, dice san Macario: il simile conosce il suo simile, come se la persona che prega assimilasse Dio fino a diventare luce essa stessa, come se vivesse già nel mondo dei risorti, come se fosse divenuta preghiera incarnata.

I dogmi della Chiesa altro non sono che lampi di luce, rivelazioni divine, evangeliche fatte a uomini diventati preghiera, nei quali si manifesta “meglio la nascita del Signore”, dice san Massimo il confessore. Rivelazioni che di per sé non possono essere dette, perché è un pericolo mortale limitare Dio con parole umane, secondo san Gregorio di Nissa: parole sempre contraddittorie nel tentativo di superare continuamente ciò che si è appena espresso. Di questo gli uomini di Dio sono sempre stati pienamente consapevoli. Se hanno tentato lo stesso di parlare, di dipingere con i dogmi delle icone verbali di Dio, di tracciare con le parole dei simboli di fede, è perché ci sono stati costretti dalla debolezza umana. Sarebbe dovuto bastare compiere per sola fede ciò che è prescritto, cioè adorare il Padre, venerare con lui il Figlio e riempirci di Spirito Santo, dice sant’Ilario. Invece a causa “dei blasfemi, degli eretici”, di quelli che non dicono la verità, “ecco che siamo costretti ad applicare la nostra umile parola al mistero più inenarrabile. La colpa altrui precipita noi pure nella colpa di esporre al rischio del linguaggio umano i misteri che avrebbero dovuto rimanere chiusi nella religione delle nostre anime”. Perché l’unico Dio, manifestato da Gesù suo Figlio, è Parola uscita dal Silenzio.

MINIMA – Rubrica di Nuovo Progetto

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