Non di solo pane

Publish date 27-03-2019

by Corrado Avagnina

di Corrado Avagnina - Povertà materiale e povertà di affetti.
Non è il caso di ritornare sulle cifre, comunque impressionanti, su chi non ce la fa e finisce ai margini, ritrovandosi in una precarietà cronica, persistente, senza apparenti vie di uscita. Comunque sono numeri che nascondono vite, persone, vicende, storie, sofferenze, sconforti, sconfitte… Per questo anche le cifre grondano di umanità ferita. Infatti il dato di 5 milioni e 58mila persone coinvolte nella cosiddetta povertà assoluta, nel 2017 in Italia, non è da relegare su aridi fogli di carta o su statistiche emerse en passant sul computer. Sono spaccati di esistenze provate in misura penosa.

Ci ha riproposto questo scenario, dietro l’angolo, lo stesso papa Francesco con la recente “Giornata mondiale della povertà”. Ma, su un piano più strutturale, politico-sociale, si sentono tanti discorsi su come fronteggiare la povertà, in mezzo a noi. C’è di mezzo la politica, con i suoi inadeguati interventi di ieri e con le sue promesse di oggi. C’è chi dice che dal Palazzo, quando si parla dei poveri e si pensa a loro con misure articolate e non sempre possibili, si parte un po’ col piede sbagliato. In quanto – e lo scrive l’economista Luigino Bruni su Avvenire – non si è nella condizione esistenziale ed un po’ complessa di chi è in affanno reale quasi tutti i giorni, non riuscendo a congiungere il pranzo con la cena, ma per davvero.

Luigino Bruni ha chiamato questa pre-condizione una sorta di “incompetenza”, perché si penserebbe ai poveri non avendo fatto l’esperienza della povertà. E così si possono immaginare risposte che andrebbero valutate e calibrate dall’altra parte del tavolo, cioè da coloro che attendono che la loro povertà venga affrontata sul serio. Ovvio che c’è povertà e povertà, e non solo riguardo a quante risorse mancano per sopravvivere. C’è anche la povertà di affetti, di ragioni ideali, di legami, di amore, di attenzioni, di sensibilità...

E lo stesso Luigino Bruni cita un dato alla portata di tutti: «Come se le persone non morissero anche per mancanza di stima e di senso, o se l’attesa di una nipote che viene a visitarci ogni sera in ospedale ci nutrisse meno della minestrina». Già, dalle nostre parti resiste un modo di dire che suona più o meno così: «La carità non è fatta solo di pane».

Perché i poveri non sono un prodotto socio-economico, sono persone con i loro mondi vitali da assumere in tutto e per tutto. Ci vorranno pure i 780 euro del reddito di cittadinanza (con tutte le precauzioni che si stanno delineando per stoppare i furbetti), ma occorrono anche valori d’umanità, di prossimità, di vicinanza, di condivisione, di appartenenza, di accoglienza... Amartya Sen, (foto) premio Nobel per l’economia, è convinto che «la povertà è carestia di libertà effettiva», cioè è la condizione che rende impraticabile una vita autenticamente umana, come la si immagina e la si sogna. Allora, per tutto questo non bastano i soldi. Anche se, quando si è senza nulla, pure i soldi servono.

Corrado Avagnina
QUARTA PAGINA
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

 

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