Mal’aria

Publish date 15-03-2018

by Lucia Sali

di Lucia Sali - L’inquinamento tra le sfide del Vecchio Continente.
Né l’euro né i migranti. La causa di morte prematura di oltre 400mila europei e di più di 66mila italiani ogni anno, maglia nera dell’Ue, è l’inquinamento dell’aria. Lo smog, con le polveri sottili e gli scarichi dei diesel. In barba ai limiti fissati dall’Ue di Pm10 e NOx, il cui rispetto avrebbe dovuto essere stato assicurato dai 28 rispettivamente sin dal 2005 e dal 2010, come indicano le direttive europee. Dopo anni di colpevoli trascinamenti, la Commissione europea ha deciso finalmente di prendere il toro per le corna e di bacchettare quei Paesi, Italia per prima, la cui qualità dell’aria non solo è al di sotto dei requisiti Ue ma è soprattutto dannosa per la salute umana. La prospettiva imminente è quella di un deferimento alla Corte di giustizia europea e, di conseguenza, di salate sanzioni a venire se i Paesi non prenderanno i provvedimenti necessari.

L’Italia, però, fa orecchie da mercante davanti all’ultimatum Ue. Sebbene si dimostri essere il primo Paese per sforamento dei limiti delle polveri sottili in Europa, è già stata messa in piedi, ha assicurato il ministro dell’ambiente Gianluca Galletti, una “strategia forte” a fronte di “risultati evidenti” come il taglio degli sforamenti dei limiti “dal 2000 a oggi del 70%”. E, all’incontro straordinario convocato in urgenza dal commissario all’ambiente Karmenu Vella a Bruxelles il 30 gennaio, il ministro si è limitato a sciorinare la lunga lista di provvedimenti già presi dal governo negli scorsi mesi, dal patto per il Bacino padano di giugno sino alla Strategia energetica nazionale (Sen). «Questi impegni sono nuovi, la Sen è un impegno nuovo, non è che ogni dieci giorni possiamo fare qualcosa», ha ribattuto il ministro a chi chiedeva se avesse presentato ulteriori misure per evitare il rinvio alla Corte Ue.

Il botta e risposta con il commissario Vella non ha tardato ad arrivare. «Sono in totale disaccordo», ha ammonito il responsabile Ue, «non è che nessuno ha niente da fare, al contrario tutti i Paesi hanno molto da fare, perché siamo in ritardo nei confronti dei nostri cittadini da anni, e questo non può continuare». Sono infatti ben 23 su 28 i Paesi Ue, per 130 città europee, a essere in infrazione per il particolato e/o i gas diesel: di questi, 2 sono già stati deferiti alla Corte Ue (Polonia e Bulgaria), mentre altri 9 (oltre all’Italia anche Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania) ne sono a un passo. L’Italia (insieme ad altri 8 stati membri) ha tra l’altro aperte ben 2 infrazioni contemporaneamente, sia sulle Pm10 che sui NO2.

La prima riguarda, in materia di superamento dei limiti giornalieri, 30 zone in Lombardia, Veneto, Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Campania, Marche, Molise, Puglia, Lazio e Sicilia. Per quanto riguarda invece il superamento dei limiti annuali, si tratta 9 zone: Venezia-Treviso, Vicenza, Milano, Brescia, due zone della Pianura padana lombarda, Torino e Valle del Sacco in Lazio.
La seconda infrazione, per eccesso di NO2, coinvolge invece 12 zone tra cui le aree di Torino, Milano e Roma. Da qui l’ultima chance offerta da Vella ai Paesi “sforatori” di presentare entro venerdì 9 febbraio (estendendo tra l’altro la scadenza inizialmente fissata a lunedì 5) ulteriori misure concrete anti-smog.

«Bisogna essere chiari», ha ammonito il commissario Ue, «l’Italia e tutti gli altri 8 Paesi partecipanti al summit ministeriale di martedì hanno presentato suggerimenti positivi, ma non sufficientemente incisivi per cambiare l’intero quadro generale». Per questo, ha concluso, «la sola cosa che tratterrà la Commissione» dal portare davanti alla Corte Ue gli stati membri «è che quanto mettono sul tavolo permetta di raggiungere i target senza ritardi». Italia avvisata mezza salvata.

Lucia sali
EUROLANDIA
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

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