Ma tu ci capisci qualcosa di politica?

Publish date 31-08-2009

by bruno


Va beh, ma saprai almeno cosa è la destra e cosa è la sinistra, no??. ?Sì, c?è qualche mio compagno che dice di essere di destra e qualcuno che dice di essere di sinistra, ma non ho capito la differenza?



  

Qualche sera fa, a cena, Agnese (mia figlia, primo anno del liceo classico) mi dice: ?Ma tu ci capisci qualcosa di politica? Io non ci capisco niente?. La guardo un po? stupito, anche un po? imbarazzato: ?Va beh, ma saprai almeno cosa è la destra e cosa è la sinistra, no??. ?Sì, c?è qualche mio compagno che dice di essere di destra e qualcuno che dice di essere di sinistra, ma non ho capito la differenza?. A questo punto sono quasi affranto! Appartengo ad una generazione che ha sempre masticato la politica, fin dai banchi di scuola. La politica era dappertutto: era ribellione, era ideale, era uno stile di vita. Convincere i genitori a farti uscire la sera, era una vittoria politica. I gruppi di coetanei che si formavano spontaneamente discutevano di grandi questioni nazionali e internazionali, prima che di calcio, di ragazze, di musica. La politica era dappertutto: era ribellione, era ideale, era uno stile di vita. Se parlavi di ?terzo mondo? ti consideravano un pericoloso comunista, se eri convinto che si sarebbe salvato in paradiso anche chi non era cattolico eri un eretico, se portavi i pantaloni con la gamba ad elefante e i capelli lunghi

 
    
 eri un trasgressivo, se non suonavi almeno qualche accordo di chitarra non eri nessuno.
Erano anni (ma sono già così lontani?) in cui si usciva da un'ingessatura culturale di 360 gradi e bisognava scoprire tutto, sperimentare molto, riappropriarsi di una vita che non fosse perbenista e demagogica, ma vera.
Oggi sono quasi convinto che sia stata una grande ubriacatura che non ha lasciato il segno. Non sono ancora riuscito a spiegare a mia figlia cosa sia la politica oggi. So che tutto è politica: anche chi sostiene di non occuparsene o di non capirci niente fa politica. Anche comprare un pacchetto di caffè, una macchina, un paio di scarpe è fare politica, perché dietro ognuno di questi semplici gesti c?è il ?mercato?, l?onnipotente mercato, l?onnipresente economia. Ci sono gruppi industriali e finanziari molto potenti e convincenti che organizzano i nostri consumi e le nostre idee, che spostano di qua e di là enormi quantità di risorse finanziarie inseguendo il profitto, incuranti delle conseguenze che queste scelte provocano sulle popolazioni di interi continenti. So che impasticcarsi oppure no, andare in discoteca, comprare abiti firmati, scegliere l?eutanasia, essere favorevoli ai cibi transgenici? è fare politica.
Ma cosa c?entra tutto questo con la politica dei partiti, di destra, di sinistra o di centro? Cosa centrano i partiti con l?aumento dei prezzi delle assicurazioni, con l?euro, con l?inquinamento, con l?immigrazione, con la disoccupazione, con la mafia, con la guerra nei Balcani, con l?intifada, con Bush?
Oggi è più difficile darsi delle risposte, perché è convinzione comune che la politica dei partiti sia lontana dai bisogni della gente. Così lontana che tanti ragazzi dicono di non capirci niente, così vicina da condizionare, di fatto, anche negli aspetti più minuti il nostro vivere quotidiano. Le cure mediche, il lavoro, le politiche familiari, la lotta alla criminalità e i mille altri temi della vita sociale non sono semplicemente di questo o quello schieramento: appartengono a tutti, anche se tutti li affrontano con il proprio bagaglio di idee, di convinzioni, di tradizioni. È come se ognuno guardasse la realtà attraverso uno dei tanti spicchi di un caleidoscopio.
Abbiamo la sensazione che il sistema democratico, basato sul confronto fra diverse forze politiche e sociali variamente rappresentate, sia debole, inadeguato a raccogliere se non proprio a risolvere le sfide tremende della storia. Ma abbiamo anche davanti agli occhi ogni giorno lo scempio causato da sistemi di potere oligarchici o dittatoriali.
Non so se Agnese si interesserà di politica. So che ogni generazione deve inventarsi la propria politica. So che le nuove generazioni dovranno fare i conti con il loro futuro. Spero che sia un futuro di buon senso.

Claudio Picco

tratto da Nuovo Progetto - n° 6, p. 26, 2001

(foto A. Ramella)

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