L'icona, luogo dell'incontro

Publish date 31-08-2009

by sandro


Chi ha avuto occasione di aprire il Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica avrà notato, forse con stupore, che l’illustrazione è realizzata anche attraverso icone. L’icona infatti, spesso considerata propria della spiritualità ortodossa, in realtà è rimasta attraverso la storia un elemento di spiritualità comune alla tradizione cattolica ed ortodossa.

a cura della Fraternità del Sermig

Il termine icona significa propriamente immagine. Nel caso di quella tipologia di raffigurazione sacra nota comunemente come icona bizantina, russa, greca, copta, non parliamo però di un’immagine qualsiasi. E neppure soltanto di un’immagine religiosa o sacra. L’icona è di più: è una porta. Uno strumento di comunicazione con l’Invisibile, cioè con la vita eterna, con la realtà di Dio.
Non si tratta di semplice pittura, ma di scrittura, ovvero di traduzione della Sacra Scrittura in immagini e simboli grafici. Essa perciò non ha minimamente lo scopo di rappresentare una bellezza estetica, sensibile, ma la Bellezza trascendente.
La raffigurazione dei santi, degli angeli, della Madre di Dio, del Cristo… non è realistica, ma simbolica, anzi trasfigurata. Le Persone raffigurate sono già nella vita eterna, piene di grazia, quindi non soggette alle leggi fisiche del mondo terreno. Ecco come mai allora in qualche caso troviamo proporzioni, corpi, che ci sembrano un po’ strani, fisicamente improbabili, perché il disegno obbedisce ad altre leggi, a leggi di un’armonia astratta, geometrica, che rappresentano la perfezione del pensiero di Dio.
Gli elementi della composizione si inseriscono in figure (il cerchio, il triangolo, il quadrato, l’ogiva, la stella, i rettangoli…) dal significato simbolico, che rimandano ad aspetti del trascendente.
Anche la luce obbedisce a leggi diverse. Essa non è la luce solare, o luce prodotta da una sorgente fisica, ma è la luce della Grazia, la luce di Dio. Essa viene dipinta come una luce interiore alla persona, che viene da dentro, perché è appunto una luce spirituale. Perciò nell’icona non esistono ombre di nessun tipo, ma solo sfumature che diano un po’ il senso della profondità.
Le stesse dimensioni dello spazio e del tempo sono tuttavia alterate. Il tempo è eterno, per questo Gesù Bambino ha spesso il volto di un adulto, oppure il Crocifisso è vivo e già vincitore sulla morte.

L’immagine è simbolica e sintetica. In pochi elementi, densissimi di significato, riassume ogni volta per intero il messaggio dell’amore e della salvezza di Cristo per tutti gli uomini e le donne. Lo spazio è rappresentato secondo una prospettiva capovolta, la prospettiva inversa, dove il punto di fuga delle costruzioni architettoniche, per esempio, non è puntato all’interno del riquadro, ma all’esterno, cioè nel punto di osservazione di colui che guarda l’immagine. Questo per significare come sia l’amore di Dio, manifestato in Cristo, nella Madre di Dio, nei santi…, a venirci incontro, a fare il primo passo verso di noi, e a far sentire noi i guardati con un interesse d’amore.
 Le stesse procedure di realizzazione corrispondono ad un rituale dove ogni gesto è accompagnato e guidato dalla preghiera e dalla meditazione della Scrittura, dalla preparazione del legno, del gesso, alla stesura delle ultime luci.
Si tratta solo di alcune delle caratteristiche di raffigurazione delle icone, che in realtà sono numerosissime. È un linguaggio in codice, un linguaggio spirituale che condensa la Sacra Scrittura in segni e colori. In esso sono presenti Antico e Nuovo Testamento, letti sempre alla luce del Cristo.

Per approfondimenti: Egon Sendler, L'icona, immagine dell'invisibile. Elementi di teologia, estetica e tecnica, Ed. San Paolo 2001, 6 ed.

 

 

 

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