L’arte di attendere
Publish date 26-03-2016
di Cesare Falletti – Il significato vero della Pasqua: un cammino verso la libertà.
Ci sono dei tempi in cui una comunità monastica vive in forte attesa, come quando una famiglia si prepara al matrimonio di un membro o alla nascita di un erede. Quando la Pasqua si avvicina, non si sta troppo a piagnucolare sulla quaresima, anzi: questa diventa un tempo di luce gioiosa perché le tappe liturgiche fanno sentire la Gioia delle gioie che si avvicina. La quaresima, come l’avvento, è un tempo in cui l’intensità del momento presente, che è ciò che occupa la mente di un monaco, lascia un po’ il posto all’attesa. Non c’è il pericolo di una fuga in avanti, anzi.
La bellezza della festa illumina l’attimo presente e dà il gusto di poterlo vivere. È l’arte del saper attendere, un’arte che è quella dell’amore. La gioia dell’amare rende ogni istante del tempo dell’assenza carico dell’avvicinarsi della presenza. Il Cantico dei cantici è un poema in cui si intrecciano l’assenza, l’attesa e l’incontro con l’Amato. Viene anche in luce quanto non si è capaci di amare e lo sposo deve con insistenza e pazienza rilanciare la sua offerta d’amore. Gesù risorto è lo Sposo, colui che porta la gioia e la vita, e attendere il suo ritorno vittorioso dalla discesa negli inferi, nelle tenebre fitte delle nostre numerose morti quotidiane, ci riempie già di luce.
A noi sembra che l’attesa sia un tempo passivo, inutile, logorante; mentre è come il tempo della gestazione. Tutta la persona si prepara, corpo, cuore, mente a vivere la bellezza della novità dell’incontro. Gesù risorto esce vittorioso dalla tomba, dalle tane in cui ci siamo chiusi per paura di amare e di darci liberamente; esce non come un nemico che conquista, ma come l’Amico che libera e che apre un orizzonte di gioia. È l’amico la cui presenza dà una sicurezza esultante, una dolce serenità, insomma uno star bene. Siamo fatti per vivere in comunione, non per difenderci dietro i nostri baluardi.
Nel tremore e timore del tempo presente, in cui continua incalzante il rumore di guerre, di disastri, di fame, di scoraggiamento e disperazione, l’attesa dell’Amico ha un valore grandissimo. Sappiamo che in certi momenti della vita solo la presenza di un amico ci permette di continuare il nostro cammino, di rialzare la testa, di fissare il futuro come una sfida di cui possiamo crederci vincitori. Un amico la cui presenza ci rassicura, perché i passi difficili della vita, i tempi oscuri, anche le semplici difficoltà inevitabili che si pongono come ostacoli a un cammino spedito e gioioso, sembrano meno aggressive se guardate insieme con qualcuno che ci vuole bene e a cui vogliamo bene, qualcuno per cui si prova gusto nel vivere.
Questa amicizia ci è data gratuitamente da Gesù risorto: “Io sono con voi fino alla fine del mondo”. Come Maria Maddalena, nei nostri lamenti e nelle nostre lacrime non abbiamo voglia di sollevare lo sguardo e accorgerci che siamo guardati da uno sguardo consolatore, da un sorriso che ci rimette in piedi. Siamo chiamati da una voce che conosce il nostro nome, quel nome che custodiamo segreto nel cuore e che dice la nostra vera identità, quella che custodiamo gelosamente perché abbiamo paura che qualcuno violi la nostra persona nella sua fragilità e nella sua bellezza. Il tono della voce che lo pronuncia è come una chiave che apre uno scrigno segreto; solo l’amico vero può usare di questa chiave, solo lui sa come aprire ed entrare senza essere un bandito che entra per rubare e uccidere. Infatti in quello scrigno siamo di una vulnerabilità e fragilità grandissime.
Allora diventiamo liberi; cadono le nostre catene e possiamo correre come testimoni di gioia. Correre! Quando non è fuggire, è il movimento della vita che conquista lo spazio della verità e della libertà.
IL RUMORE DEL SILENZIO – Rubrica di Nuovo Progetto