Laboratorio famiglia/3: Voglia di futuro

Publish date 31-08-2009

by andrea


Mario Pollo - docente di Pedagogia della Famiglia alla LUMSA di Roma - analizza i risultati del sondaggio di “Nuovo Progetto” e giunge alla conclusione che, quando la famiglia funziona, fa venire “voglia di famiglia”.

di Mario Pollo

Il campione
Prima di commentare i dati emergenti dal sondaggio è necessario sottolineare che essi non possono essere ritenuti rappresentativi dell’intera popolazione giovanile né, tanto meno, di quella generale perché non sono il frutto di un campionamento casuale o ragionato bensì di una modalità di raccolta dei dati in cui ha giocato un ruolo primario l’autoselezione dei soggetti che hanno risposto.
Infatti esso è stato applicato in forma cartacea a coloro che hanno partecipato a un campo all’Arsenale della Pace e in forma elettronica a coloro che hanno contattato il portale del Sermig e hanno liberamente e spontaneamente scelto di rispondere positivamente all’invito di compilare il questionario.
L’autoselezione ha prodotto un campione rappresentativo di una fascia molto particolare della popolazione, composta molto probabilmente da persone più sensibili o curiose della media intorno ai temi sociali, della solidarietà, della pace e forse anche religiosamente orientata.
Che si tratti di un segmento particolare della popolazione italiana è confermato da alcune risposte che appaiono in forte controtendenza rispetto a quelle dominanti attualmente nella realtà sociale italiana.
Per quanto riguarda poi le caratteristiche socio-anagrafiche generali il campione di 587 persone è formato per poco meno dei due terzi (61,7%) da femmine. L’età media è di 26,1 anni con però un intorno molto ampio che va da un’età minima di 12 anni a un’età massima di 65 anni. La maggioranza dei rispondenti (65,6%) ha un’età tra i 18 e i 35 anni, mentre quelli con un’età inferiore ai diciott’anni sono il 20,7% e quelli con un’età superiore ai trentacinque anni il 13,7%.
Questo significa che il campione è formato da tre grandi strati di età - adolescenti, giovani e adulti - anche se quello dominante è quello dei giovani.

La composizione della famiglia in cui gli intervistati vivono
La stragrande maggioranza delle persone che hanno compilato il questionario fa parte di una famiglia di tipo mononucleare tipica (88,59%), mentre solo una minoranza (11,41%) di una famiglia in cui sono presenti anche altri parenti e che nel 2,72% dei casi sono nonni. Questo ultimo tipo di famiglia non rigidamente mononucleare è più presente tra gli intervistati della fascia di età giovanile (18-35 anni) dove raggiunge il 13,54%, mentre è molto meno presente tra quelli della fascia di età adolescenziale dove è presente solo nel 4,92% dei casi.
Il dato più interessante comunque è quello che indica che ben il 41,57% degli intervistati vive in famiglie in cui vi sono due o più figli. Questo dato sembra essere nettamente in controtendenza rispetto a quello generale della popolazione italiana, tenendo anche conto che le persone che vivono in una famiglia formata solo dai due genitori e un unico figlio sono solo il 17,89%.
Infine le persone che vivono in una famiglia di tipo monoparentale (1 solo genitore) sono il 6,64%.
Questo dato indica che la quasi totalità di coloro che hanno risposto al questionario sono persone che hanno un’esperienza di famiglia, almeno dal punto di vista della composizione, di tipo tradizionale. Il carattere tradizionale è dato oltre che dal numero dei componenti anche della quota molto al di sopra delle medie nazionali di famiglie che hanno al loro interno altri parenti.
L’esperienza di vita all’interno di questo tipo di famiglia sembra aver avuto, come si vedrà commentando i dati successivi, benefici effetti sulla percezione della famiglia e della sua funzione sociale.
Occorre anche sottolineare che il 16,18% degli intervistati è sposato e ha dato vita ad un proprio nucleo famigliare. Chiaramente nella fascia 18-35 anni gli sposati sono una piccola minoranza, anche se non irrilevante essendo il 9,64% dei componenti questa fascia, mentre, chiaramente, tra gli ultra-trentacinquenni gli sposati sono il 71,60%. Oltre ai coniugati vi è un piccolo gruppo di persone che convivono con un partner pari al 2,72% e una più cospicua minoranza che vive da sola (8,0%). Questi due tipi di esperienze sono presenti sia tra i giovani che tra gli adulti con una leggera prevalenza delle convivenze tra i giovani rispetto agli adulti.

Orientamento verso il matrimonio
Il 76,61% degli intervistati non sposati dichiara di volersi sposare, il 12,10% è incerto, il 10,48% afferma di non avere intenzione di sposarsi e lo 0,81% di pensare alla convivenza.
Questa volontà è presente in modo omogeneo sia tra gli adolescenti che tra i giovani, oltre che tra gli adulti non ancora sposati.
Questo dato sorprendente, viste le tendenze culturali maggiormente visibili nella società italiana, indica come le profezie sulla morte già avvenuta o prossima della famiglia siano fondate non sull’analisi della realtà, e quindi sulla eventuale reale crisi della funzione umanizzante della famiglia, ma su presupposti di carattere ideologico diffusi in un sottoinsieme della popolazione italiana che pur non essendo maggioritario è in grado di apparire come tale.
Infatti, questi dati, proprio in quanto raccolti tra un sottoinsieme particolare della popolazione in cui è presente un’esperienza famigliare positiva e in cui, tra l’altro, sembra essere stata presente la sperimentazione della solidarietà e dell’amore incondizionato che ha sostenuto e reso possibile l’apertura di queste persone all’incontro con l’altro, indicano che la famiglia mantiene inalterata, nonostante le trasformazioni sociali e culturali, la sua funzione insostituibile nel percorso di umanizzazione e, quindi, di socializzazione matura.
L’orientamento positivo verso la costituzione di una famiglia attraverso il matrimonio appare ulteriormente confermato dalla voglia degli intervistati di avere figli, anche in misura superiore alle attuali tendenze demografiche italiane. Infatti, l’89,7% dichiara di volere dei figli, eventualmente anche attraverso l’adozione, e solo il 3,92% afferma di non volerne, mentre l’1,70% è incerto.
Come già accennato, oltre alla diffusa voglia di avere figli le risposte al questionario evidenziano il desiderio di generare un numero di figli al di sopra delle attuali medie italiane. Infatti solo il 3,41% desidera mettere al mondo un solo figlio, mentre il 31,18% ne vuole due, il 34,24% si spinge a tre, il 3,47% a quattro e l’1,19% a cinque.
La voglia di costituire famiglie con due o tre figli, oltre che essere interessante da un punto di vista demografico, indica la tendenza al superamento dell’esperienza del figlio unico e dei risvolti educativi e relazionali problematici che essa comporta.

La famiglia come luogo di ascolto e di cura
La famiglia è percepita e soprattutto vissuta dagli intervistati come luogo in cui è possibile confrontarsi intorno ai problemi personali, esistenziali e sociali che si vivono. Infatti, la grande maggioranza di essi (64,05%) discute dei propri problemi, anche se non esclusivamente, in famiglia. Solo il 32,37% cerca un confronto sui propri problemi esclusivamente al di fuori della famiglia.
La tendenza a discutere dei propri problemi al di fuori della famiglia è un po’ più presente, ma sempre minoritaria, tra gli adolescenti e decresce con l’aumento dell’età, mentre per la tendenza contraria del confrontarsi sui problemi personali in famiglia aumenta con l’età.
È poi interessante osservare che la famiglia da queste persone è vista non solo come il luogo in cui ci si può confrontare intorno ai problemi personali, ma anche come il luogo di elezione della cura. Non è un caso che l’83,82% degli intervistati desidererebbe che fosse un familiare a prendersi cura di loro quando diventeranno anziani e che solo un 8,35% accetterebbe la cura di una persona o di una istituzione estranea alla famiglia. Questo dato è presente in modo omogeneo in tutte le fasce di età.
Questo dato indica l’espressione del bisogno profondo dell’essere umano di percorrere l’ultimo tratto della propria vita nella compagnia dei famigliari, soprattutto dei figli e dei nipoti. Questo bisogno, nell’attuale temperie storico-culturale, va contro la tendenza all’affidamento sempre più massiccio degli anziani fragili a personale esterno o a impersonali strutture sociosanitarie.
Tra i rispondenti al questionario sembra, invece, essere presente e riaffermato il valore della solidarietà intergenerazionale che da sempre caratterizza la famiglia.

Commento alla frase di Benigno Blanco, vicepresidente del Foro Spagnolo della Famiglia, inserita nel questionario.
L’ultima domanda del questionario chiedeva di commentare un’affermazione decisamente forte e netta: “La famiglia basata sul matrimonio fra uomo e donna è una realtà iscritta nella stessa natura umana: senza di essa, non ci sono solidarietà né domani”. Ben il 59,80% degli intervistati si è dichiarato pienamente d’accordo con questa affermazione. Tra coloro che non si sono dichiarati d’accordo c’è un 16,20% che manifesta direttamente il suo disaccordo, un 7% che indica l’esistenza di altre forme di famiglia e un 6,30% che rivendica la possibilità dell’unione omosessuale. Infine il 6,80 % degli intervistati ha risposto “non so” mentre il 3,90% non ha risposto.
Anche se quantitativamente meno ampia, rispetto alle risposte precedenti, anche in questo caso vi è una netta maggioranza che esprime la propria convinzione che la famiglia fondata sul matrimonio sia il solo luogo che può promuovere un pieno sviluppo umano.
Concludendo si può affermare che la cultura della modernità non è riuscita a sradicare quella radice dell’umano costituita dalla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna.

Sullo stesso argomento:
Laboratorio famiglia/1




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