La Repubblica di Arcore

Publish date 31-08-2009

by Corrado Avagnina


Tra poteri del premier, devolution e sanità, quando la democrazia è in gioco... non è un gioco.

di Corrado Avagnina

 

Insistito e talora aspro il dibattito sui rapporti tra Chiesa e società, negli ultimi tempi. Eppure – al di là dei ruoli diversi che ci sono nella comunità ecclesiale (con i pastori che hanno un compito di guida spirituale sì ma anche radicata nella concreta realtà del Paese; con i battezzati che più ancora, come cittadini, debbono trovare lo spazio, il profilo, la caratura della loro laicità positiva) – il bisogno di confrontarsi non può venire meno, in particolare sui nodi cruciali del nostro convivere democraticamente insieme.

Così può essere salutato con interesse l’intervento del vescovo di Alba, mons. Sebastiano Dho, che si è cimentato – senza frasari criptici – sulla recente riforma della Costituzione. L’ha fatto su “Settimana”, rivista dei Dheoniani, che forse resta un po’ un foglio in un circuito per “addetti ai lavori”. Merita dunque di essere ripreso, questo spunto, perché aiuta a maturare una consapevolezza motivata su questioni da non lasciare agli addetti ai lavori.
A mons. Dho non sono bastate le tre soppesate parole espresse nella prolusione alla recente Assemblea dei vescovi italiani ad Assisi, a proposito delle riforme costituzionali che hanno toccato ben 37 articoli della nostra “Carta”, a colpi di sola maggioranza. “Norme assai controverse”, erano le tre parole dette autorevolmente ad Assisi.

Per mons. Dho lo stravolgimento completo dell’impianto istituzionale previsto nella seconda parte della Costituzione del ’48, per quanto riguarda l’organizzazione dello Stato - poiché si trasferiscono di fatto i poteri più alti, ora spettanti al Parlamento, al premier – è “un fatto di tale gravità” rispetto al quale “sorgono immediatamente domande inquietanti che sembrano esigere risposte e reazioni più coraggiose, proprio da parte nostra, di Chiesa (come ci ha insegnato il mai sufficientemente invocato Concilio Vaticano II), come popolo di Dio tutto intero, pastori e fedeli laici nella loro piena dignità e corresponsabilità”.

I nodi cruciali e preoccupanti, contenuti nella riforma appena approvata, riguardano innanzitutto “l’attribuzione al premier (anziché al capo dello Stato) del potere di sciogliere il Parlamento, praticamente a piacimento”.
“Questo, in particolare – prosegue mons. Dho -, a giudizio degli esperti in materia, rappresenta veramente il rischio più grave, poiché effettivamente può prestarsi ad abusi destabilizzanti, quasi una strisciante sia pur larvata dittatura (gli anni ’20 del secolo XX proprio in Italia insegnano, e non per nulla don Dossetti era ridisceso dal suo eremo nell’agone politico a difesa dell’attuale Costituzione, con chiara preveggenza, negli anni ’90).

Il vero luogo espressivo e decisivo per l’eguaglianza di tutti i cittadini, perché frutto delle loro libere scelte, è esattamente il Parlamento che non può dipendere dall’arbitrio di un capo, anche se si presenta come ‘uomo della Provvidenza’. D’altronde di ‘spie’ di questo mancato rispetto dell’eguaglianza dei cittadini ne sono state date prove abbastanza abbondanti in questi anni con leggi e leggine ‘ad personam’; ultimo caso eclatante la famigerata ‘ex Cirielli’ che, pur privata dell’applicazione forse più agognata, con ostinazione degna di miglior causa è stata approvata, con gravi conseguenze – ammesse addirittura dai suoi stessi fautori -, comportanti il peggioramento della condizione di molti poveracci e con l’esclusione di fatto della possibilità rieducativa delle pene”.

Insomma non è forse possibile una neutralità distante, per le riforme costituzionali. In gioco c’è probabilmente la sostanza della democrazia. Bisogna pensarci su, da cittadini e da credenti. Così come non si può tacere sulla portata della cosiddetta “devolution” che potrebbe squinternare il senso della solidarietà, in particolare sulla cura della salute, disegnata a venti velocità diverse. “Come sempre, a rimetterci saranno i più deboli”, conclude mons. Dho. “D’altronde, in base alla teoria del neo-liberismo dominante nella maggioranza, per cui si guarda come a modello di sistema sanitario quello privatistico tipo USA, chiaramente discriminante per i meno fortunati, non ci si poteva attendere qualcosa di meglio”. Se così stanno le cose, si può stare zitti? E, soprattutto, si può stare tranquilli?

Corrado Avagnina
da Nuovo Progetto febbraio 2006

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