La festa è finita!

Publish date 31-08-2009

by Loris Dadam


“La fine della società dello spasso” continua il titolo dell’ultimo libro pubblicato da Peter Hahne (1952). Dal 1999 moderatore della trasmissione “Berlin Direkt” e vice-direttore degli studi radiotelevisivi della capitale tedesca, Hahne scrive libri su questioni di attualità che vendono milioni di copie.

di Loris Dadam



Peter Hahne
La festa è finita è il titolo di un libro che in Germania ha venduto in poco tempo centinaia di migliaia di copie, scritto da Peter Hahne, scrittore teologo evangelico, nel quale si sostiene che dopo l’undici settembre 2001 tutto è cambiato e la società del divertimento instaurata dalla vecchia generazione del ‘68 ha mostrato ormai i propri limiti di fronte alle nuove sfide.
Sono stati accantonati in un colpo il rifiuto della realtà, la fantasia che gli uomini siano buoni, l’illusione di una pace mondiale basata sulla ragione. Gli uomini si sentono insicuri e cercano una qualche sicurezza. Ma, quali sono i valori che ci rassicurano? Sappiamo contro cosa siamo, ma non in favore di cosa siamo.

Roman Herzog, nella sua ultima intervista come presidente della Repubblica Federale, ha denunciato come causa della perdita di valori che “un numero sempre maggiore di genitori delega tutti i compiti educativi alla scuola. Si delega ai maestri l’orientamento dei figli, una cosa che in famiglia non si riesce o non si vuole fare”. L’orientamento prevalente è “non doversi sforzare e comunque potersi autorealizzare in ogni caso. Ai ragazzini vengono risparmiati gli sforzi, i limiti, il confronto con valori e regole” ed il 90% del processo educativo che si compie comunque in famiglia avviene davanti al televisore o al computer.

Questo non è conseguenza di famiglie autoritarie, come si diceva nel ‘68, ma, al contrario, “molti problemi legati alla violenza ed alla trascuratezza già da tempo non dipendono più da padri e madri autoritari e violenti, bensì da figure genitoriali deboli, assenti, prive di contorno, che non sono più in grado di fissare norme e regole, né di offrire alcun orientamento” (Matthias Horx: futurologo del Future Institute di Kelkheim, Francoforte - n.d.r.).
La ragione fondamentale di ciò, dice Hahne, sta nella battaglia del ‘68 contro ogni forma di tradizione, di autorità, di vincolo ai valori. Egli si dichiara sorpreso, oggi, nel constatare in quali posizioni chiave siedano i capi delle rivolte di allora: la marcia attraverso le istituzioni è una storia di successi personali senza precedenti.

Si incominciano però a registrare i segni di un’inversione di tendenza. Max Horkheimer, filosofo della neo-marxista Scuola di Francoforte, prima della sua morte, ha fatto i conti con il nichilismo del ’68, dichiarando che “la politica senza teologia è assurda. Tutto ciò che ha a che fare con la morale e con l’umanità fa riferimento al messaggio biblico. E la ribellione dei giovani è un’inconscia disperazione dietro la quale si nasconde la non pacificata nostalgia della religione”. La ricercatrice Romeiss-Strake afferma che “nei prossimi anni, all’egocentrica autorealizzazione come misura di tutte le cose, seguirà una rinascita di questioni esistenziali di valore e di senso e soprattutto sarà la fede cristiana a cadere di nuovo su un terreno fertile”.

Infine, Jurgen Habermas, il più importante filosofo della democrazia laica, in un incontro con l’allora cardinale Ratzinger, si mostrò “affascinato dalla salvifica forza che possiede la religione di lasciare l’impronta, di plasmare, in una società che, di fronte alla modernizzazione fuorviante, ha paura di se stessa”.
Il problema è che la libertà è presto degenerata in tempo libero. La libertà civile dell’autodeterminazione si è rapidamente degradata al grado zero dell’autorealizzazione, una parola che “dissimula un egoismo portato all’estremo”.
“Ecco dunque - dice Hahne - che la società del divertimento dei singoli esseri umani, con i loro desideri e i loro bisogni, viene a essere la questione assolutamente centrale. Fino alla seguente domanda: a partire da quando un essere umano (non nato) è degno di vivere e fino a quando un altro essere umano (vecchio e bisognoso di cure) è adatto a vivere, prima di venir liquidato con la benedizione della medicina moderna?”.

La società del divertimento non sopporta insuccessi. Guai se manca lo spasso. Nella società dell’Io, qualsiasi rinvio dei presupposti momenti di felicità viene percepito come un’offesa personale, come un sabotaggio all’autorealizzazione. Dove tutto deve essere divertente, i cinici vanno forte. La carriera e la ricchezza danno il timbro alla nostra società del divertimento, l’insuccesso non è nemmeno previsto fra gli strateghi dell’impresa e nei seminari di management. Su come si possa far fronte alle sconfitte e alle crisi, non parla nessuno; vengono messe in dissolvenza sfortuna, insuccesso, ma anche dolore, menomazioni, debolezze.
Un caso esemplare è il comportamento di Giovanni Paolo II, quando menomato ed indebolito, di fronte alle ipotesi di andare in pensione, ha continuato a porre la propria malattia di fronte e contro il bel mondo nuovo, di fronte al mondo viziato dai mass media, di fronte al “mondo dell’Olanda ornata di tulipani, dove nel frattempo quasi la metà dei morti per eutanasia vengono sollevati dalle loro sofferenze per desiderio degli addolorati eredi”.

La società del divertimento è destinata a finire perché nega una parte importante della nostra esistenza, il dolore, che, come dice Victor Frankl, sopravvissuto agli orrori del Nazismo, “rende l’uomo capace di vedere più chiaro e fa sì che il mondo diventi trasparente”. Nel dolore non c’è divertimento, ma può esserci gioia, come risultato di una sensibilità e di una pace interiore.
Hahne conclude il suo libro auspicando il passaggio epocale dalla ditta individuale alla società a speranza fondata: il nostro tempo è caratterizzato da un movimento pendolare tra l’aspettativa e la delusione; le grandi speranze che ci creiamo esplodono scontrandosi con gli spigoli appuntiti della realtà.

E quindi: basta con la cultura del sentirsi bene e del raggomitolarsi su di sé, nella quale si fa solo ciò che procura divertimento. Dove ha la parola solo chi è in moderno o adeguato ai tempi, o chi si può vendere meglio nei talk-show.
Abbiamo bisogno di persone delle quali ci si possa fidare. Profeti che predichino contro la corrente del tempo. Persone con visioni, prospettive e obiettivi esistenziali, che ci facciano coraggio e ci diano speranze. Abbiamo bisogno di portatori di speranza nel più vero senso della parola.
Come diceva Teilhard de Chardin (scienziato, teologo e filosofo francese, scomparso nel 1955 - n.d.r.), “il futuro appartiene a coloro che trasmettono alla prossima generazione motivi per sperare”.


BOOK
La festa è finita.
La fine della società dello spasso

di P. Hahne
Ed. Marsilio 2006
 
 
 

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