LA CRISI VISTA DALL’AFRICA

Publish date 31-08-2009

by Simone Baroncia

Nell’intervista a Daniele Moschetti, comboniano di Korogocho, la crisi assume un’altra prospettiva.

di Simone Baroncia

Padre Daniele Moschetti è il missionario comboniano che ha preso il posto di padre Alex Zanotelli nella baraccopoli di Korogocho, a Nairobi. Un piccolo inferno di 150mila esseri umani inscatolati nelle baracche fatiscenti della periferia della capitale del Kenya. Già il nome dice molto: in lingua swahili, Korogocho significa confusione. La disoccupazione è al 60%, il reddito individuale non supera il dollaro al giorno, le fogne scorrono a cielo aperto, il racket gestisce anche la raccolta dei rifiuti e la polizia ha paura ad entrare.
Com’è la crisi economica vista da Korogocho?
L’idea è quella di un mondo capovolto, che ha prodotto un sistema economico e politico impazzito. Difficile capire, quando in un chilometro quadrato di territorio 120mila persone vivono in condizioni subumane. Il crollo delle borse ci dice semplicemente che il sistema ormai sta scricchiolando in molte parti. E questo è il risultato di una politica per pochi.

Già 25 anni fa i missionari parlavano di questi rischi e venivano presi per dei menagrami...
Nel Sud del mondo si capiscono prima i fenomeni che produce il Nord. Da anni vediamo le contraddizioni di un sistema basato, per esempio, sul saccheggio delle risorse economiche dei Paesi più poveri. Pensiamo all’uranio, ai diamanti, al petrolio. Le denunce dei missionari non sono mai state ascoltate. Eppure oggi la crisi mette tutti con le spalle al muro. O invertiamo la rotta, anche dal punto di vista dei nostri stili di vita e del nostro uso delle risorse, oppure la barca affonda.

korogocho
Ma in Italia è possibile davvero avere uno stile di vita non consumistico?
Credo di sì. Dipende molto dalla volontà personale e comunitaria e da quella della politica. Quando nel mondo il 20% della popolazione consuma l’86% delle risorse, viviamo una grande ingiustizia sociale. Allora, è importante che facciamo qualche passo indietro, per far fare qualche passo in avanti a chi sta peggio. L’alternativa è non dare nulla alle nuove generazioni e il rischio è quello dell’autodistruzione.
In questo senso, l’Africa è un osservatorio molto particolare...
Sicuramente l’Africa grida il suo dolore. Vorremmo più giustizia, più pace, più solidarietà e meno saccheggi. Comunque, non dimentichiamo che oggi molti africani ci stanno dando messaggi di speranza. La gente, generalmente, non è aggressiva come noi. C’è un desiderio di miglioramento da parte delle generazioni più povere. Il grido degli africani è giustizia sociale, partendo dalle cose semplici.

di Simone Baroncia
da Nuovo Progetto dicembre 2008

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