Il tempo dell'attesa

Publish date 28-05-2016

by Flaminia Morandi

Icona di San Paolo Eremita e sant'Antonio Abatedi Flaminia Morandi – Forse san Girolamo aveva un pessimo carattere, ma certo aveva una straordinaria intelligenza, terrena e spirituale, e una scrittura che non invecchia mai. È lui a raccontarci l’incontro straordinario di due anziani, Paolo e Antonio, nati a una trentina d’anni uno dall’altro tra il III e il IV secolo cristiano.

Paolo è il primo eremita della storia cristiana. Ha 113 anni e da 90 è vissuto solo in una grotta nel deserto egiziano, da quando è fuggito da Costantinopoli, disgustato dopo che un cognato l’ha denunciato per impossessarsi della sua ricchezza. Ha scelto quell’anfratto fra le rocce perché ci sono una palma di datteri e un corso d’acqua che possono dargli da mangiare e da bere. Dal giorno del suo insediamento un corvo gli ha portato ogni giorno nel becco mezza pagnotta di pane, a conferma che la sua scelta di vita era secondo Dio.
Un bel giorno dal cuore del monte arriva un sospetto di luce ed ecco un altro vecchio, sant’Antonio del deserto, arriva alla dimora di Paolo. Ha 90 anni, anche lui si è ritirato in solitudine da giovane, poi sono arrivati dei discepoli e lui si è spinto più nell’interno pur restando in relazione con i monaci, impegnato nelle faccende della Chiesa.

Si riconoscono: Paolo! Antonio! Hanno vissuto quasi un secolo separati da pochi chilometri di sabbia senza sapere uno dell’altro e ora che sono vicini alla morte si sono trovati. Siedono vicini e lasciano che le loro anime si parlino. C’è anche il solito corvo posato su un ramo. Vola e depone tra loro un pane rotondo, bruno. Ma stavolta è intero, per essere spezzato fraternamente e mangiato insieme in due. “Sto per morire, dice Paolo, e vorrei essere seppellito da te”. Antonio comincia a piangere. Ha appena trovato un amico e già lo perde. “Ti prego, dice Paolo, va’ alla tua cella e prendi il bel manto rosso che hai. Mettimelo per morire”. Lui che si è vestito per tutta la vita di foglie di palma, non vuole che l’amico soffra vedendolo morire. Antonio va e torna. Paolo è già morto, ma Antonio è troppo debole per seppellire il suo nuovo grande amico. Gli mette addosso l’inutile mantello, prega e piange. Con lui piangono due grandi leoni amici di Paolo. La scavano loro, la fossa, e ogni tanto consolano Antonio leccandogli le mani e i piedi.

La vecchiaia è il tempo dell’attesa, scriveva Olivier Clément negli ultimi tempi della sua vita, vissuti malato e immobile. Non posso fare niente, diceva, ma posso ascoltare e aspettare. Mi sento come uno strumento rotto, aspetto di essere aggiustato, spostato, pulito. Aspetto di essere gettato in Dio. Alle volte, se Dio lo permette, grande è la presenza di un amico. Ma il mio tesoro è Dio. Dio nella vita intima. Non credo che si muoia soli: Cristo aspetta ogni uomo nella morte, la più solitaria, la più disperata. La grotta di ogni nostra solitudine sfonda sempre nella luce.






Rubrica di NUOVO PROGETTO

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