Il mare dei fantasmi

Publish date 31-08-2009

by Gian Mario Ricciardi


Anche i notiziari di quest’estate sono stati costellati da notizie di naufragi di clandestini nelle acque dello stesso mare che ha ospitato le nostre vacanze. Un copione che non dovrebbe più ripetersi.

di Gian Mario Ricciardi


Bello, dolce, caldo. Il Mediterraneo, anima e cuore d'Europa, ora è il mare dei fantasmi. In dieci anni, 12.180 sono gli scomparsi sotto le onde, 8.497 nel “mare nostrum” e nell’Oceano Atlantico verso le Canarie, 2.651 nel canale di Sicilia. Oltre diecimila disperati che avevano raggiunto le coste del nord Africa con odissee incredibili, viaggi su treni mai visti, canoe o cammelli, a piedi e con la paura dentro perché scappavano dalle guerre, dalla fame, dalle malattie. Cercavano soltanto briciole di speranza. E per raggiungerle s'erano indebitati. Chi aveva venduto tutto, chi s'era venduta pure l'anima o la dignità. Finalmente su quei barconi per raggiungere l'Italia.
Ma cinque su cento sono morti, affogati, di stenti, di sole, di sete. Una vergogna di cui spesso si riempiono inutilmente la bocca i grandi dirigenti di Bruxelles e di Strasburgo. Una vergogna che si trasforma in costosi convegni, improbabili meeting, incontri bi-tri-quaterlaterali, ma in pratica poi...

La Sicilia è il primo approdo. E gli arrivi sono continui. "E’ difficile comprendere il ritmo dei viaggi", confessa l'alto commissario dell'Onu Laura Boldrini. È difficile, certo, forse impossibile. Intanto la cronaca è un bollettino di guerra e il grande mare un cimitero.
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Quanto è accaduto il 7 giugno 2008 ai 150 partiti dal porto libico di Zuwarah, nel dicembre del 1996 era successo ai 283 indiani, pakistani, tamil dello Sri Lanka annegati davanti a Portopalo di Capo Passero; il 19 marzo era capitato ad una quarantina di 380 tunisini che si erano imbarcati a Zawia e che, dopo nove ore di navigazione verso l'Italia, si erano trovati in difficoltà, avevano invertito la rotta, erano tornati verso le coste ed erano stati accolti a fucilate dalla polizia di Gheddafi.

I calcoli si possono fare. Ogni anno arrivano in Europa via mare circa ventimila migranti. In dieci anni dunque duecentomila, e diecimila sono morti. Fermare la strage è un obbligo. Sul come s'è già detto e sentito di tutto: nel 2003 si parlava di pattugliamento congiunto delle coste, qualche esperimento si fece, poi il leader libico ci ripensò. Partirono programmi per far sì che in molti rinunciassero ai viaggi disperati della speranza cercando di vivere meglio nei loro Paesi, ma questa è una strada lunghissima e comincerà a dare frutti soltanto tra qualche anno; ora c'è il reato di clandestinità, che ha provocato un'alzata di scudi soprattutto in parte del mondo cattolico.

Qual è la scelta giusta, qual è il giusto confine tra legalità e solidarietà? È impossibile dirlo. Lo Stato sta facendo la sua parte. Si diceva dell'accordo per i controlli reciproci sei anni fa tra Libia ed Italia. Di colpo tra il 20 e il 30 giugno quell'anno gli sbarchi si interruppero. Salvo poi riprendere a luglio.
Da allora le iniziative si sono intensificate. Uno degli ultimi atti del governo Prodi è stato il finanziamento, con sei milioni e 243 mila euro, di un patto siglato il 29 dicembre del 2007 per fronteggiare il fenomeno.

A giugno c’è stato un altro incontro tra il premier Berlusconi e Gheddafi. Infatti salvo qualche sporadica partenza dalla Tunisia e per la nuova rotta che porta alle coste meridionali della Sardegna, i boat people partono dalla terra di Gheddafi. I trafficanti di esseri umani agiscono là ed hanno un mercato floridissimo, il nuovo mercato degli schiavi d'occidente: neri provenienti dal Sudan, dal Ciad, dal Niger, dal Corno d'Africa oltre che dall'Egitto.
ferrari_mare.jpg La massa di disperati è ancora là, nel deserto. Ed è disposta a tutto pur di poter raggiungere l'Europa. Fermare la strage è un impegno non più rinviabile. Non sarà la "tolleranza zero" a bloccare il flusso perché quando uno è troppo disperato non guarda nulla. Bisogna coniugare la necessità di accogliere chi arriva con la possibilità di offrir loro un'accoglienza umana. E se questo non è possibile?
Allora bisogna mettere insieme la necessità della sicurezza dell'Italia con l'altrettanta necessità di tendere la mano a chi chiede aiuto. Sono equilibri delicatissimi, che si possono raggiungere ma a condizioni certe.

Intanto l'Europa si muova e non a parole, spesso incredibilmente frutto di riflessi politici condizionati da pregiudizi, e l'Italia faccia altrettanto: sicurezza va d'accordo con solidarietà.
Basta volerlo: e allora chi sogna un mondo già oggi senza frontiere deve aspettare ancora un po’ per vedere il suo sogno (che è anche il nostro) realizzato e chi vuol fermare l'assalto rinunci ad alzare inutili muri anche sulle spiagge.

Non vedo all'orizzonte né fascisti né negrieri europei, vedo però che il tempo per risolvere il problema sta scadendo, nonostante il nostro cuore dica che non è così. Ma questa è un'altra storia.

di Gian Mario Ricciardi
da Nuovo Progetto agosto-settembre 2008




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