Il filo d’oro

Publish date 30-01-2013

by Flaminia Morandi

Usignolo del giapponeC’era una volta in Cina un mandarino ricco e potente che amava la musica. Suonava tutto il giorno e i contadini del villaggio chiamavano il suo palazzo la “scatola della musica”. Un giorno però, passeggiando in giardino, il mandarino udì una musica più bella, più dolce, melodiosa e piena di gioia di qualsiasi altra musica ascoltata prima. Era il canto di un usignolo.
Il mandarino ordinò subito ai servi di catturarlo e di preparargli una gabbia d’oro tempestata di diamanti. Ma l’usignolo imprigionato ora taceva ed era triste. Allora il mandarino, angosciato, riunì il consiglio del governo. I vecchi saggi rifletterono sul da farsi e infine suggerirono di liberare l’usignolo, ma non del tutto. Alla sua zampetta venne attaccato un filo d’oro, in modo che potesse volare come voleva nello spazio del giardino, ma non oltre. A meno di non farsi male.
Ma l’usignolo non si fece ingannare da questa finta libertà. Volò in alto, in alto, così in alto da andare incontro alla morte. Ma era diventato completamente libero.

La libertà umana è riflesso della libertà divina, diceva Gregorio di Nissa, grande difensore della libertà. Ma la vera libertà umana non è quello che superficialmente si crede. È piuttosto una libertà che si può gustare anche da prigionieri. Anzi, talvolta è proprio da prigionieri che si scopre la vera libertà. I monaci lo sapevano e a volte esageravano.

Al tempo di san Benedetto, un monaco di nome Martino si era ritirato in una grotta sul monte Marsico. Ma non gli bastava: si legò a un piede una catena di ferro fissando l’estremo alla roccia. In questo modo non poteva allontanarsi dalla grotta più della lunghezza della catena.
San Benedetto venne a sapere la cosa. Mandò un discepolo a dirgli: “Se sei un vero servo di Dio, non sia una catena di ferro a tenerti legato, ma la catena di Cristo”. La catena di Cristo era per Benedetto non anteporre nulla all’amore di Cristo. Non considerare nulla più caro di Cristo. Questa è la vera libertà.

Qualsiasi bene a cui si è attaccati limita la nostra libertà e dunque la nostra relazione con Cristo, la verità che ci fa liberi. Sant’Ignazio ragionava su questi attaccamenti e studiava con gli esercizi spirituali un metodo per sradicarli. Si può essere attaccati a beni materiali come il denaro, il benessere, le proprietà, la sicurezza; a beni sociali come la stima, il prestigio, il potere, la fama; a beni fisici come la salute, la bellezza, la forza; ma anche a beni spirituali come la propria umiltà, il proprio distacco, i propri meriti, la propria santità…

Volo di un uccello nel tramontoDice sant’Ignazio: per liberarsi dagli attaccamenti, prima di tutto bisogna riconoscerli. Qual è la cosa senza la quale ci sembra di non potere vivere? Quella è il nostro filo d’oro: ciò che ci tiene legati, illudendoci con una falsa libertà che in realtà è la più perversa delle prigionie. Il modo di recidere o no quel filo d’oro suggerisce che tipi di persone siamo.

Ci sono tre tipi di persone, per sant’Ignazio, corrispondenti a tre gradi di libertà.
Il primo tipo è chi ha identificato il suo attaccamento, ma dice al Signore: “Voglio seguirti, sì, vivere la mia fede, ma non chiedermi di staccarmi dal mio filo d’oro. Anzi, non penso che Tu sia così crudele dal chiedermelo. Tutto, ma non questo!”.
Anche il secondo tipo ha identificato il suo attaccamento, ma tenta la strada del patto con Dio: “Signore, io ti do il filo d’oro a cui sono attaccato, ma tu dammene un altro almeno uguale!”.
Pure la terza persona è ben consapevole del bene a cui è attaccata. Ma non fa compromessi e non detta condizioni. Dice: “Mi rimetto a te, Signore. Tu sai scegliere qual è il bene migliore per me. Tenere o lasciare ciò a cui tengo non importa. Sei Tu il bene supremo, sei Tu l’amore più grande: a Te mi abbandono con confidenza e fiducia!”.

E quando il filo d’oro si spezza, ecco che il terzo tipo d’uomo si ritrova libero, radicalmente libero da ogni attaccamento, in uno spazio e in un tempo infiniti, immerso in un bene infinito, più dolce e pieno di gioia di qualsiasi bene sperimentato prima.

Flaminia Morandi
NP dicembre 2005

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