Homeless

Publish date 10-08-2012

by Corrado Avagnina

di Corrado Avagnina - Nuove e vecchie povertà nascoste nelle pieghe della recessione. Scommettere sulla prevenzione. Nel linguaggio giornalistico si semplifica al massimo. Ed a volte si esagera. Per esempio, li chiamano invisibili. Utilizzando un’immagine che dovrebbe essere efficace, ma che in realtà fa torto a coloro che ne sono destinatari. Sono indicati così, ma invisibili non lo sono proprio. Perché esistono, perché si vedono, perché spesso bussano alle porte della Caritas o della parrocchia o di altre case di accoglienza. E poi sono in carne ed ossa, hanno un nome ed un cognome. Soprattutto hanno una dignità umana insopprimibile. Provengono da storie a volta complicate e contorte, a volte di semplice sfortuna, a volte di sbagli assortiti. Gli homeless, ovvero i senza dimora, magari senza più legami familiari, spesso abbandonati a se stessi in derive psico-fisiche che impressionano. Nel nostro Paese ci sono tanti che se ne occupano, e sembrano pure loro invisibili. Molti non se ne accorgono. Ed è un vero peccato di miopia o di omissione. Eppure loro sono lì, sulla breccia, facendosi trovare, mettendoci coraggio e costanza, spendendosi sette giorni su sette, in mense, centri di aiuto, organismi di ospitalità o di pronto intervento… perché i più poveri tra i poveri sono allo sbando sempre, anche nei festivi e nei week-end.
Ed occorre raddoppiare gli sforzi per farsene carico: infatti aumentano a vista d’occhio.

Altroché invisibili! L’anno scorso la rete del volontariato più diverso, su questo fronte delicato e dimenticato, ha dato una mano ad oltre un milione di persone finite realmente ai margini. La crisi – checché se ne dica nei G20 e dintorni – ha anche questi penosi risvolti di umanità mortificata nel suo diritto a mangiare, a dormire, ad avere una casa… Però, afferma don Vittorio Nozza, direttore nazionale della Caritas, su Avvenire: “Non si diventa senza tetto dalla sera alla mattina, la comunità dovrebbe imparare ad avvertire tante piccole fragilità, difficoltà momentanee, che possono portare a situazioni di grave marginalità”. È la questione seria delle cosiddette povertà nascoste, che covano dietro le quinte di famiglie apparentemente normali, accumulando disagi su disagi, fino a doversi arrendere all’irreparabile. Insomma bisognerebbe, anche su questo terreno, scommettere sulla prevenzione, per non dover solo raccogliere i cocci di situazioni naufragate malamente. Forse paghiamo – nella crisi – anche il gravame di troppa indifferenza, che ci porta a non riconoscere più i segnali di malessere negli altri. Chiudiamo gli occhi. Siamo un po’ tutti invisibili ai bisogni…
E siamo troppo insensibili ai segnali di disagio. Non li avvertiamo più o non li sappiamo decrittare. Così il mondo va avanti, nonostante tutto, e ai margini, ai bordi, sul ciglio… finiscono i più vulnerabili, che alla lunga si defilano, rimangono indietro, vanno da nessuna parte, scompaiono nella presunta invisibilità. Forse non è un problema di occhiali, ma di cuore, di umanità, di sensibilità, di attenzione. È un tempo brutto quello che viviamo. Raggela gli animi. Butta fuori chi non serve più. Seleziona chi ce la fa, dimenticando che la vita non è un master d’eccellenza ma una storia di dignità per tutti.

Quarta Pagina – Rubrica di Nuovo Progetto

This website uses cookies. By using our website you consent to all cookies in accordance with our Cookie Policy. Click here for more info

Ok