Disarmo il cuore
Publish date 18-12-2018
di Claudio Monge - Gli ebrei usano una parola molto conosciuta e significativa, shalom, che troviamo in 250 ricorrenze in forme verbali e nominali nel solo Antico Testamento, con non meno di quattordici significazioni diverse, sebbene tutte rimandino ad un significato fondamentale: un augurio di pienezza o benessere in tutti i settori della vita. Il senso è sia religioso che secolare.
Shalom (come del resto l’arabo salām che condivide la stessa radice semitica, ripetuto decine di volte nei saluti quotidiani), non veicola, quindi, semplicemente un concetto negativo: assenza di aggressione, di violenza o guerra! Pace è una nozione positiva, “performativa”, che ha un suo proprio contenuto. Quando qualcuno dice “Shalom” o “Pace su di te”, non significa “spero che tu non abbia problemi” ma “spero che tu sia gratificato dai beni più grandi!”. È una vera “benedizione” o berakhah, che porta sicuramente frutto solo se proviene da Dio: un Dio che non si stanca di “dire bene” delle sue creature e del mondo da lui creato, malgrado le molteplici ferite inferte a questa creazione, ferite inferte dagli uomini, talvolta anche in nome delle religioni di cui dicono di essere perfetti interpreti. Ora, bisogna diffidare della facile identificazione tra violenza e religioni, perché se le religioni nella storia hanno legittimato atroci violenze, hanno altresì rappresentato una radicale contestazione della violenza. Ma là dove hanno talvolta fallito in questa missione, è quando hanno ceduto alla paradossale convinzione di essere portatrici di pace e di bene e che il male, o Satana in persona, appartenesse esclusivamente agli altri. Quando si è convinti di incarnare “il bene”, ci si sente autorizzati a ostacolare e combattere con qualunque mezzo tutto quello che si ritiene sia contrario ai propri principi.
I mistici ricordano alle religioni che la loro finalità è trascendente, e che devono indicare Dio e non annetterselo trasformandolo in un idolo, magari usando anche strumentalmente la memoria di gravi sofferenze del passato per autorizzarsi qualsiasi nefandezza nel presente! Ora, tornando a quanto dicevamo in apertura, la vera pace è un dono gratuito dell’Onnipotente. Le religioni, coscienti di questa realtà, orientano ad un percorso di comunione con questa Sorgente della pace, e propongono, prima di tutto, dei percorsi di costruzione ed esperienza di una pace interiore, che passano per il “disarmo del cuore”: un vertice del combattimento spirituale.
Solo così si capisce che la pace è globale e relazionale: tra sé e sé, tra sé e gli altri, tra sé e la natura. Il pluralismo religioso è un contributo indispensabile alla pace, che non potrà mai concretizzarsi senza le religioni e senza un dialogo tra di esse, dove i credenti siano impegnati nelle loro relazioni e nella loro vita sociale. Certo, il dialogo spirituale è ancora più esigente e richiede una maggiore libertà: è rifiuto della stigmatizzazione dell’altro, è capacità di mettersi in ascolto, è consapevolezza di aver bisogno della fede dell’altro per crescere nella propria. Il vero dialogo spirituale apre all’ospitalità spirituale che è abbandono frutto della fiducia, quando, come diceva frère Christophe di Tibhirine, che presto sarà beatificato insieme ai compagni martiri d’Algeria, la nudità del “Ti amo” di Dio, ci denuda.
Claudio Monge
Levante
Rubrica di NUOVO PROGETTO