BRASILE: Arsenale e Speranza
Publish date 31-08-2009
Il Signor Josè, ospite dell’Arsenale della Speranza (San Paolo del Brasile), è un signore di 40 anni, senza famiglia, disoccupato, come la maggior parte degli uomini che passano da questa casa. Attraverso la sua lettera possiamo intuire quali presupposti portano un uomo a cercare accoglienza qui all’Arsenale.
"Nel dicembre del 2001 quando già ero disoccupato da un anno, stanco di girovagare da un lato all'altro della metropoli inseguendo gli annunci sui giornali, senza soldi e senza casa, preso dalla disperazione, ho cominciato ad escogitare varie maniere per porre fine al tormento di diventare un mendicante, l'ennesimo straccione di San Paolo. Ma sembra che Dio abbia ascoltato i miei lamenti. Una mattina -ero seduto in Piazza della Repubblica senza nulla da fare- sono stato avvicinato da un lustrascarpe che mi ha supplicato di lavorare, al punto che non ho potuto fuggire. Durante il lavoro, abbiamo cominciato a conversare. |
Lui era di Curitiba. Era alloggiato in un dormitorio e stava tentando di ottenere un biglietto per tornare alla sua terra attraverso l'aiuto di un'istituzione di carità. Quando gli ho confidato la mia situazione, mi ha guardato dalla testa ai piedi. Io ero ancora ben vestito e profumato. Mi è parso, dall'espressione del suo volto, che non fosse molto convinto che la disoccupazione stava attaccando sfere più alte della sua. Ad un certo punto mi disse di cercare un'istituzione chiamata Arsenale della Speranza, nel quartiere Bràs di San Paolo. |
Dopo aver ascoltato le sue parole sulla casa, ho passato alcune ore pensando e ricercando quale legame potesse giustificare l'unione tra due parole così lontane: "arsenale e speranza". Nonostante fossero antagoniste sono state unite per dare nome ad una casa di carità. Pochi giorni dopo mi sono deciso a toccare con mano… Alle 6:45 di una mattina ci siamo trovati davanti ad un portone. Dico noi, perché oltre a me c'erano altri otto signori…" . |
Mentre il Signor Josè e gli altri aspettano, noi operatori dell'Arsenal ci prepariamo per l'accoglienza. Compito delicato: tra breve avremo di fronte persone piene di miserie, incappucciati nei loro sconforti, causati da ciò che hanno vissuto, che hanno fatto -di giusto e di sbagliato- dalle decisioni prese, dalla mancanza di alternative. Ma anche pieni di aspettative, della speranza che dopo il passaggio qui qualcosa di nuovo accadrà. È l'operatore sociale che per primo ha la grande responsabilità di ascoltare le loro storie, riconoscerne le reali necessità e verificarne la possibilità di permanenza. Il nostro servizio comprende l'ascoltare, il parlare, il riflettere, il pensare e l'agire. All'Arsenal ci sono gruppi di riflessione, l'assistenza psicologica, i corsi di alfabetizzazione e professionali, la formazione e la ricerca del lavoro tramite l'ufficio di collocamento interno e poi centro medico, biblioteca, bazar, incontri di formazione, ecc. |
Possiamo tratteggiare tutto questo riprendendo nuovamente le parole del nostro ospite Josè: "La parola Arsenale, se rimane sola, può conservare il significato di arma bellica, ma se viene unita alla parola Speranza, le armi diventano speciali: non ammazzano e non feriscono alcuno… ma esistono per difendere la speranza. Ciò significa che un luogo come l'Arsenal fornisce "armi" per mantenere viva la fiamma della speranza. Qui ho trovato gli strumenti per riuscire a rialzare le sorti della mia vita…." Tania e Daysi |