Il tempo di Dio (2/2) - di Giuseppe Pollano - A seconda del significato che diamo al tempo, la nostra vita assume un certo stile, che poi influenza la vita cristiana.
Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia raccomanda San Paolo; così anche noi siamo entrati lentamente, gioiosamente, rispettando le nostre possibilità umane, nel tempo di Dio. Un tempo senza orologio, un tempo in cui l'altro che ci avvicina non è mai un caso o un problema, ma una persona che deve poter esprimere il grido della sua disperazione, il dramma del suo cuore, l'intensità della sua ricerca. I nostri Arsenali saranno aperti ventiquattro ore al giorno, tutti i giorni dell'anno, perché l'amore di Dio, che non ha né orari né giorni stabiliti, possa esprimersi attraverso di noi. Turni sapienti, con tanti amici buoni e saggi, faranno sempre più del nostro tempo il tempo di Dio. |
2) il tempo di Dio
Gesù porta in noi il suo modo di vivere il tempo che è tutt'altro che il nostro: nel nostro cuore mette il suo impulso e la sua forza, nella nostra mente le sue idee, nel nostro piccolo amore il suo grande amore. Se lo accolgo e lo accetto, mi trasforma. Ecco il tempo di Dio.
La sua entrata in campo fa sì che il tempo, prima soltanto mio, divenga propriamente suo.
Il tempo allora diverrà tutto ciò che accade quando Dio agisce in prima Persona in noi piccole persone. Ne deriva la riorganizzazione della coscienza e della vita, ma non più di testa nostra e secondo le nostre corte vedute, bensì secondo le iniziative di Dio, attore ormai principale.
Quando una comunità ne è consapevole, tutti sono animati da questo attore misterioso, si sentono d'accordo su cose grandi, si aiutano a vicenda, ciascuno continua a mettere a disposizione le proprie capacità, ma in armonia e coralità. Egli vi compirà opere sue, anzi ci trasformerà in opere sue. Il lavoro che si fa diventa perciò un capolavoro, perché Dio ci ha messo la mano.
In questa prospettiva di tempo di Dio emerge evangelicamente la categoria del servo fannullone (Mt 25,30), che ha vissuto il proprio tempo per sé, senza accogliere l'azione di Dio, che peraltro è facile e gioiosa perché passa attraverso l'apertura amichevole del cuore.
3) diventare padroni delle situazioni
La riflessione precedente ci ha richiamato la necessità di meditare su come viviamo il tempo a livello umano. Riprendiamo alcuni punti.
Se sei ossessionato dal cronometro tanto da farne il tuo santo patrono, devi liberartene per essere padrone e non schiavo delle situazioni.
Se vivi il tempo percependolo come qualcosa che non passa mai o passa troppo in fretta rischi di vivere per quel tuo essere gratificato di dentro che impedisce di comunicare ed essere per gli altri.
Se non organizzi il tuo tempo in modo da poter fare tutto ciò che è necessario, non scoraggiarti, non farti sensi di colpa, incomincia a fare quello che puoi, anche se è meno di quello che ci sarebbe da fare, ma fallo bene.
Se ti carichi di responsabilità che non puoi sostenere, sii tranquillo e abbi del tempo della tua vita un concetto di speranza cristiana: non un ingenuo ottimismo e neppure quella mentalità che ti fa prendere la vita così come è. Tu spera, ogni giorno regolalo bene, ma sentilo anche inventato da Dio, e credi che ogni giorno ha il timbro di Dio, sempre, anche quando le cose che accadono sono quelle che, umanamente parlando, non dovrebbero accadere. Dio tiene in mano il dramma della tua vita e impedisce che diventi una tragedia.
Se si crede a questo, si vive in un altro modo, si è molto liberi, il cuore è disponibile a Dio, si diventa capaci di dire a Dio: Vorrei che il mio tempo fosse sempre il tuo tempo, o Signore, e tu dammi una mano, con il tuo Spirito. Chiaramente è un'aspirazione, perché è tutt'altro che facile che il proprio tempo sia completamente tempo di Dio, ma cerchiamo di tendervi: il Signore ci capisce, ci vuole bene, è contento che facciamo il possibile.
4) approfondimenti sulla pagina della regola
Dopo un excursus sulla tematica del tempo, soffermiamoci su alcune frasi del capitolo della Regola "Il tempo di Dio".
4.1) "senza orologio": Dio come attore principale di amore interiore
Il tempo di Dio sfugge alla comprensione umana. Siccome Dio è eterno, di conseguenza c'è sempre, è simultaneo, il suo modo di essere ci invade sempre, ed è carità. È verissimo che Dio non ha orologio rispetto alle cose, ma prima ancora è continuamente amore.
Anche noi quando amiamo qualcuno, gli manifestiamo il nostro amore in modo continuamente attuale, profondo, sentito: sicuramente non amiamo una persona a tempo. È il contrasto tra l'esattezza della misura e l'inafferrabilità del nostro amore che non ha misura, è di sempre.
Dio è così. Amare senza orologio, senza tener conto dei minuti, è il miracolo cristiano.
L'amore interiore alimenta anche l'incontro profondo con Dio. Quando mi allontano dalla persona amata c'è un distacco fisico, con Dio questo non succede: non lo lascio mai, perché, essendo lui presente in me, lo posso incontrare sempre e rivolgermi a lui attraverso lo Spirito che mormora "Abbà".
È consigliabile coltivare il fatto che Dio è sempre in noi, il senso della presenza. Come si vive bene quando con pace e serenità si ha dentro questa presenza che poi lui fa anche sentire: "Ci sono, ti voglio bene, non sei solo!". Sono tocchi dello Spirito che danno molta forza e speranza e ci rendono sempre capaci di voler bene.
4.2) "l''altro che si avvicina": Dio come attore principale di accoglienza esteriore
Il tempo di amore interiore diventa poi il tempo delle accoglienze esterne. Il tempo di Dio ti ruba a te stesso, ti impedisce di ripiegarti su te, di pensare solo a te stesso.
Pensa a te quanto ti serve, ma dopo lascia che Dio venga, e viene sempre dal di fuori, da altrove. Lascia che la persona che Dio ha pensato per te oggi, si avvicini davvero, accoglila con il cuore: non è mai un per caso, un fastidio, un problema.
Questo tipo di accoglienza è molto semplice tra amici e rallegra. Dio, con il suo amore, ci rende capaci di farla per tutti. Il tempo non è più mio, ma suo, e il Signore mi usa, mi apre: vivo il tempo dell'incontro. Infatti il tempo di Dio inventa, conserva e rinnova l'incontro.
Il tempo di Dio non è mai tempo di solitudine, nel senso di sentirsi o voler essere soli. La solitudine, di per sé, non è cattiva, perché permette di ritrovare il proprio io, la propria profondità, la propria capacità di giudicare, ma non siamo fatti per vivere soli. Una cosa è conoscere la solitudine per ritrovare se stessi, un'altra è porre la solitudine come obiettivo o pensarla come la propria malattia. Questo succede se non si impara, a poco a poco, a capire quanto si può dare agli altri, ad amare, a gioire dell'incontro, perché è l'incontro che fa ritrovare se stessi, ravviva, trasforma.
Il tempo di Dio è tempo di incontro con lui o con gli altri. Non è un caso che nella Lumen Gentium la Chiesa è definita come il sacramento dell'incontro con Dio e degli uomini tra loro.
Il tempo di Dio è l'antisolitudine. Figli come siamo di lunghi secoli dominati dal soggettivismo, dall'idolatria dell'io, noi cristiani dobbiamo stare attenti a non portarci dentro i germi di una malattia che ci allontana dall'incontro, la tendenza a pensare solo a noi stessi e a stentare di accettare gli altri, soprattutto se non hanno qualche dote che li rende affini a noi, soprattutto se dobbiamo superare delle diversità, dei livelli di sensibilità, di cultura, di educazione, di abitudini. Il tempo di Dio si blocca di fronte alla nostra reticenza e allora quello che Dio avrebbe potuto fare va perso.
4.3) "turni sapienti": Dio come attore principale di tempo umano divinizzato
Nella Regola il tempo di Dio ha un saggio appunto: Arsenali aperti 24 ore al giorno, che significa che il tempo di Dio dura sempre. È però impensabile essere sempre presenti, per non cadere nell'errore di non reggere e quindi scombinare tutto. E allora sono necessari "turni sapienti": turni, cioè il tempo misurato con l'orologio; sapienti, cioè ordinati in maniera che consentano di fare tutto senza scombinare la vita e inoltre adattati: se uno regge un turno di dieci ore lo fa, se di un'ora sola anche.
E, inoltre, turni sapienti con tanti amici buoni e saggi: se c'è un turno e tu non ci sei, salta tutto, quindi bisogna esserci. Non è un volontariato alla leggera.
È una frase stupenda, perché porta in sé tutta una organizzazione molto concreta.
Giuseppe Pollano
tratto da un incontro all'Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore